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un blog ou il est question de mode, de théâtre, d'actualité en France et en Italie
L’Università Statale di Milano ha avuto importanti laureati.
Silvio Berlusconi consegui' la laurea con 110/110 alla facoltà di giurisprudenza nel 1961.
Miuccia Prada si laureò in Scienze Politiche nel 1971, entrando poi nel mondo della moda e diventando una delle principali aziende del mondo.
Dalla Statale è passato anche il grande produttore Carlo Ponti, marito di Sophia Loren, che si laureò in Giurisprudenza per poi, all’inizio degli anni ’40, dedicarsi al cinema e portare la moglie a vincere l’Oscar per “La Ciociara”.
Alla Statale il brillante Stefano Zecchi si è laureato in filosofia con il massimo dei voti.
La facoltà di giurisprudenza dell'Università degli Studi di Milano occupa la prima posizione per il numero di laureati di prestigio.
Al secondo posto c'è l'Università La Sapienza di Roma.
Sul podio anche l'Università Cattolica di Milano.
Nella top 10 figurano poi la Luiss di Roma, l'Università di
Genova, l'Università di Torino, l'Università Federico II di Napoli,
l'Università di Pavia, la Bocconi di Milano e l'Università di
Padova.
L'Università degli Studi di Milano (in acronimoUniMi), anche nota colloquialmente come "La Statale" è una delle università italiane più prestigiose, ma anche un luogo che racchiude in sé molta parte della storia artistica del capoluogo lombardo.
Fondata nel 1923 dal primo magnifico rettoreLuigi Mangiagalli, l'inaugurazione dell'Università ha luogo l'8 dicembre 1924.
È l'università più grande della Lombardia e racchiude diverse curiosità che non tutti, forse, conoscono.
La sede centrale è situata nell'edificio rinascimentale della Ca' Granda a Milano, che un tempo ospitava lo “Spedale dei Poveri”, struttura voluta da Francesco Sforza duca di Milano.
La sua costruzione iniziò nel 1456 e fu completata soltanto nei primi anni dell’800, anche grazie agli introiti della Festa del Perdono, un Giubileo che all’epoca si celebrava ogni due anni.
La Crociera è una delle sale più importanti dell’Università. In questa sala è possibile consultare i volumi della biblioteca della facoltà di Giurisprudenza, ma una volta era utilizzata per ospitare i malati del vecchio ospedale, i cui letti si trovavano sotto piccole finestre adibite anche ad armadietto.
Ancora oggi alcuni elementi di questo antico arredo sono visibili tra i banchi per gli studenti.
Una delle zone più belle e affascinanti dell’Università Statale di Milano è il cortile dell'anno 1600 dove si affacciano quattro chiostri: Cortile Ghiacciaia, Cortile Farmacia, Cortile Legnaia e Cortile Bagni. Sono, ancora oggi, i punti di ritrovo più amati dagli studenti.
La Statale ospita anche la Chiesa della Beata Vergine Annunciatache, in origine, era la cappella dell’antico Ospedale.
Nei suoi sotterranei, si trova una cripta che custodisce le spoglie dei circa 150.000 pazienti morti fra il 1637 e il 1695. Qui furono custoditi anche i resti dei caduti delle Cinque Giornate di Milano, poi traslati nel monumento eretto in città.
Anche alla Statale gli studenti hanno i propri riti propiziatori prima di affrontare gli esami.
Per scacciare la cattiva sorte, gli studenti non devonoincrociaregli occhi della statua di Minerva, situata nel cortile Filarete.
Inoltre, è vietato attraversare o saltare la siepe del giardinoprincipale, almeno fino alla laurea, momento nel quale, invece, diventa un atto di buon auspicio.
Il logo della Statale è composto da tre elementi: la statua di Minerva che rappresenta la Sapienza e, sullo sfondo, la facciata della Ca’ Granda e la scritta “Universitas Studiorum Mediolanensis” (Università degli studi di Milano).
L’origine del logo deriva da una medaglia coniata nel 1924 in cui erano rappresentati la stessa Minerva, il Duomo di Milano, la Ca’ Granda e il Castello Sforzesco. Nel 2004, il logo cambiò forma e da ovale divenne rotondo, mentre nel 2010 sono stati rimossi sia il Duomo che il Castello, in modo tale da rafforzare il legame tra l’università e la Ca’ Granda.
L’Università Statale di Milano ha avuto importanti laureati, tra cui Miuccia Prada, che qui si laureò in Scienze Politiche nel 1971, entrando poi nel mondo della moda e diventando una delle principali aziende del mondo.
Dalla Statale è passato anche il grande produttore Carlo Ponti, marito di Sophia Loren, che si laureò in Giurisprudenza per poi, all’inizio degli anni ’40, dedicarsi al cinema e portare la moglie a vincere l’Oscar per “La Ciociara”.
Da ormai oltre dieci anni, l’Università degli Studi di Milano pubblica alcune riviste in “Open Access”, ovvero disponibili e consultabili gratuitamente.
Alcune di queste sono raccolte nella cosiddetta “Directory of Open Access Journal”. I principali argomenti trattati vanno dalla linguistica alla filologia.
L’Università degli Studi di Milano ha un’orchestra che ha debuttato il 26 maggio del 2000, riscuotendo un ottimo successo, tanto che, in pochi anni, è diventatauna scuola di musica e un centro di produzione musicale.
Ha prestato i propri talenti ad altre orchestre, tra cui la Verdi di Milano e la Cherubini ed è formata, in prevalenza, da studenti o ex studenti dello stesso Ateneo.
Una delle principali particolarità dell' Università degli Studi di Milano è che possiede una costola, denominata “Università della Montagna”, che ha la sede a Edolo, in Val Camonica.
Nata nel 2011, in seguito a un accordo tra il MIUR (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca) e l' Università degli Studi di Milano, è un centro di ricerca e formazione che punta a promuovere la conservazione e lo sviluppo delle zone montane.
Le attività dell'Università di Milano iniziano nel 1924.
Primo magnifico rettore è Luigi Mangiagalli e l'inaugurazione dell'Università ha luogo l'8 dicembre 1924
L'università è organizzata in otto facoltà e due scuole.
Facoltà
Giurisprudenza
Medicina e chirurgia
Medicina veterinaria
Scienze agrarie e alimentari
Scienze del farmaco
Scienze politiche, economiche e sociali
Scienze e tecnologie
Studi umanistici
Scuole
Scienze della mediazione linguistica e culturale
Scienze motorie
La sede principale dell’Università degli Studi di Milano si trova nel centro di Milano in via Festa del Perdono 7, nello storico edificio della Ca' Granda. Le sedi didattiche, gli uffici e le strutture sono distribuiti sul territorio milanese e lombardo[10].
Alain Delon mette all’asta la sua collezione d’arte: “E’ la mia eredità", di un valore pazzesco.
Non smette di stupire la star del cinema francese Alain Delon, 87 anni, che ha deciso di mettere all'asta la sua collezione d'arte di sculture e disegni del Rinascimento italiano, per un valore di 5 milioni di euro, offrendola da Bonhams a Parigi il prossimo 22 giugno.
La vendita pubblica, dal titolo “Alain Delon: 60 Years of Passion” proporràsculture e disegni del Rinascimento italiano e del XIX secolo francese.
La raccolta è composta da capolavori di grandi nomi della storia dell’arte, tra cui Veronese, Domenico Beccafumi, Camille Corot, Eugène Delacroix, Jean-François Millet, Raoul Dufy, Albert Gleizes e molti altri.
La vendita comprende 81 lotti e la stima totale delle opere è di 4-5 milioni di euro.
Da più di 60 anni, Alain Delon è un collezionista d’arte esigente e appassionato.
“Ci sono due cose che considero la mia eredità: la mia carriera di attore e la mia collezione d’arte. Sono molto orgoglioso di entrambe. Ho comprato il mio primo disegno a Londra quando avevo 24 anni e da allora ho sempre acquistato opere. La gente mi chiede se c’è un filo conduttore che lega questi pezzi e io rispondo: ‘C’est moi!'”
dice l’attore che ha brillato in film come “Rocco e i suoi fratelli” (1960) e “Il Gattopardo” (1963).
Anouchka Delon, figlia di Alain Delon, ha dichiarato:
“Queste meravigliose opere d’arte hanno fatto parte della mia infanzia e ora sono così felice che il mondo le stia scoprendo. So che sono state fedeli compagne di mio padre e che gli hanno dato una gioia immensa”.
La collezione farà un tour mondiale, partendo da Bruxelles (19-20 aprile), poi New York (5-9 maggio), Hong Kong (24-27 maggio), Ginevra (1-3 giugno) e Parigi (17-21 giugno) prima della vendita presso Bonhams Cornette de Saint Cyr giovedì 22 giugno.
“Grande collezionista dall’occhio istintivo e animalesco”, l’attore “è stato uno dei maggiori acquirenti di disegni degli anni ’60 e ’70, quando non erano di moda”, ha sottolineato.
Nel 2007, Alain Delon aveva disperso opere moderne, spiegando al quotidiano Le Monde “che preferisce saldare adesso” a causa del suo “odio” per le vendite postume.
Nel 2016, dopo aver disperso la sua cantina di grands crus, i suoi orologi e le sue armi da collezione, Alain Delon ha venduto all’asta anche una collezione di bronzi Bugatti che aveva riscosso un grande successo.
Tra i pezzi forti della collezione figurano:
“La plage de Sainte-Adresse” del 1906 di Raoul Dufy (1877-1953), con una stima di 600.000-800.000 euro;
due opere di Eugène Delacroix (1798-1863), “Cheval arabe attaché à un piquet” del 1825 (400.000-600.000 euro) e “Chef Arabe, Maroc (50.000-80.000 euro),
Un paesaggio di Albert Gleizes (1881-1953), dipinto nel 1914-15 (200.000-300.000 euro);
Quattro opere di Jean-François Millet (1814-1875).
“Genova, gli Appennini” è un delicato olio su tela del 1834 di Camille Corot (1796-1875), stimato 100.000-150.000 euro.
Un piccolo disegno di Domenico Beccafumi (1486-1551 circa) raffigurante Sant’Antonio sul fronte e donne inginocchiate sul retro sarà in vendita con un prezzo di 50.000-80.000 euro.
Il disegno San Giorgio che uccide il drago a penna e inchiostro di Veronese (1528-1588) è valutato 40.000-60.000 euro.
Charlotte D'Ornellas tranche dans le paysage médiatique contemporain par son ton direct, de même que par ses positions à contre-courant sur l’actualité géopolitique, notamment au sujet du conflit syrien.
D'origine noble, Charlotte D'Ornellas est née en 1986 dans une famille catholique pratiquante originaire d'Orléans (où elle fréquente Adélaïde Pouchol, la future porte-parole de la Marche pour la vie). Charlotte d'Ornellas est la niècede l' Archevêque de Rennes, Monseigneur Pierre d'Ornellas.
Diplômée de l’institut de philosophie comparée (licence en philosophie et en psychologie) et de l’Institut Français de journalisme (filière au sein de la FACO Paris) elle est journaliste à Valeurs Actuelles, FamilleChrétienne, pour le site Boulevard Voltaire,(fondé par Robert Ménard) et pour les revues catholiques Aleteia et Présent.
Elle a également été chroniqueuse sur Radio Courtoisie et TV Libertés, et intervient régulièrement dans l’émission Les informés sur France Info.
Ses publications concernent en particulier les questions d’identité, la bioéthique et les populismes.
Charlotte d’Ornellas s’annonce elle-même catholique et de droite.
Elle revendique un journalisme d’opinion et critique la neutralité annoncée par la majorité des journalistes actuels, qu’elle considère impossible dans la mesure où écrire suppose de mettre en jeu sa subjectivité, quelle que soit la qualité des informations exposées.
Geoffroy Lejeune, directeur de la rédaction de Valeurs Actuelles, la décrit comme « brillantissime », convaincante et très pédagogue.
En 2016, elle publie "Ne nous laissez pas disparaître, un cri au service de la paix" un livre d’entretien avec le patriarche de l'Église catholique melkite de 2000 à 2017 Grégoire III Laham. Dans ce livre il relate son parcours ; sa mission en Terre Sainte ; la guerre en Syrie, son pays natal ; la question des réfugiés ; la coexistence entre chrétiens et musulmans.
Charlotte d’Ornellasest membre de l’association SOS Chrétiens d’Orient, organisation visant à aider et soutenir les chrétiens persécutés au Moyen-Orient (missions permanentes en Syrie, au Liban, en Irak et en Jordanie).
Elle intervient en tant qu'éditorialiste dans L'heure des Pros aux côtés de Pascal Praud. Elle est également intervenue sur Radio Courtoisie, TV Libertés et sur BFM TV.
Brune, jeune, très jolie, brillante, très active dans les médias et sur les reseaux sociaux, elle est très mysterieuse sur sa vie privée.
J'aime bien la journaliste Gabrielle Cluzel, son style, son intelligence et ses valeurs.
Née le 9 mars ( sous le signe du poisson comme moi) 1971, Gabrielle Cluzelest une journaliste qui occupe
actuellement le poste de rédactrice en chef du site d’actualité Boulevard
Voltaire.
Son exposition médiatique s’est
vue accroître ces dernières années à travers ses interventions comme
chroniqueuse radio et éditorialiste à la télévision, notamment à
CNews.
Française, son père est médecin militaire et sa mère artiste passée par l’école des Beaux-arts, Gabrielle Cluzel grandit dans un cadre familial dicté par les valeurs catholiques.
Elle se passionne pour la littérature dès l’adolescence et passe de nombreuses heures plongée dans les livres de la bibliothèque familiale.
Ses études vont l’éloigner des lettres, entre l’obtention d’un Bac scientifique et la réalisation d’une formation en finances à l’université Paris Dauphine.
Une voie qui ne va pas lui correspondre et dont elle va se détacher dans ses futurs choix professionnels.
Gabrielle Cluzel connaît sa première expérience professionnelle au sein d’un cabinet de recrutement.
Signe de son tâtonnement pour trouver son orientation de carrière, elle se reconvertit par la suite dans l’enseignement.
Mais l’appel de l’écriture est trop fort, c’est donc tout naturellement qu’elle va se tourner vers le roman et le journalisme.
Sa nouvelle vie d’auteur démarre dès 2003 avec le recueil de nouvelles Rien de grave.
Elle enchaîne très rapidement avec un deuxième recueil baptisé Un soupçon d’imprévu, publié en 2005.
Ce dernier reçoit un très bon accueil critique de la profession, ce qui vaut à Gabrielle Cluzel d’être lauréate du Prix Renaissance en 2006.
Ce succès l’encourage à poursuivre sa carrière en ce sens, même si son prochain ouvrage va se faire attendre pendant plusieurs années avant de voir le jour en 2013.
Le roman Méfiez-vous de la France bien élevée ! traduit les valeurs ancrées en elle, celles d’un catholicisme puritain en réponse à la loi sur le mariage homosexuel et la “Manif pour tous” qui animent les débats publics en cette année 2013.
La plume est raffinée, le ton est humoristique, mais le propos fait polémique.
Gabrielle Cluzel assume pleinement ses positions conservatrices avec une opinion à contre-courant de l’idéologie sociétale du moment, ce qui lui vaut une reconnaissance médiatique.
Son quatrième roman, Adieu Simone ! Les dernières heures du féminisme, publié en 2016, s’attaque quant à lui au féminisme contemporain.
Encore une fois la plume est saluée à travers un style soigné et décalé mais le contenu prête à débat dans un espace médiatique occupé par les actions et déclarations, parfois extrêmes, des féministes radicales.
Le cinquième livre,Enracinés ! Nous sommes tous des héritiers, datant de 2020, fait écho à ses racines.
Elle y défend ainsi la bourgeoisie catholique de province, un combat très personnel propre à ses origines.
Cet ouvrage lui vaut le premier prix des lecteurs de la presse française libre décerné par le quotidien catholique Présent.
En parallèle de sa passion pour le roman, Gabrielle Cluzel va s’épanouir professionnellement en tant que journaliste.
Cette deuxième carrière débute par des articles dans la rubrique “Femmes et famille” de la revue Monde & Vie et se poursuit par la chronique “Sur le vif” dans le magazine Famille chrétienne, un espace d’expression créé spécifiquement pour elle.
Elle ne va cependant pas limiter ses tribunes d’expression aux médias dit catholiques.
Pour aborder ses thématiques de cœur, les femmes et la famille, elle va profiter d’un créneau sur Radio Courtoisie : le Libre journal de la famille et de l’éducation.
Elle anime de 2010 à 2017 l’émission avec pour thèmes l’actualité relative à ses sujets de prédilection mais aussi des analyses politiques de manière plus globale.
Gabrielle Cluzel complète son travail journalistique via des éditos et articles d’actualités rédigés pour Valeurs Actuelles, mais aussi pour le site Boulevard Voltaire où elle va s’imposer comme un membre prépondérant.
Le site d’actualité Boulevard Voltaire est fondé parRobert Ménard, son épouse Emmanuelle Duverger-Ménard et Dominique Jamet.
Lancé en 2012, le site apparaît comme un blog d’information sans pour autant répondre au cadre professionnel d’un service de presse en ligne.
Cependant, le site attire de nombreux utilisateurs dès son lancement.
Gabrielle Cluzel, quant à elle, participe dès les prémices du projet en tant que contributrice.
Les fondateurs vont quitter l’aventure un à un, pour se diriger vers d’autres projets, mais Gabrielle Cluzel va poursuivre son investissement au sein du média.
Robert Ménard se détache du projet en 2014 pour remplir son rôle de maire de Béziers, Dominique Jamet démissionne en 2016 à la suite de désaccords au niveau de la ligne éditoriale et Emmanuelle Ménard quitte ses fonctions de directrice de la rédaction en 2017 pour honorer son mandat de députée.
Gabrielle Cluzel prend la succession de Emmanuelle Menard dès 2017 avec pour objectif de professionnaliser le média afin de répondre aux standards de la Commission paritaire des publications et des agences de presse.
Cette nouvelle fonction lui apporte une médiatisation nouvelle avec des invitations télé en tant qu’éditorialiste et une présence radio comme chroniqueuse.
Sa nouvelle notoriété se traduit par des invitations dans des émissions télévisées sur CNews et LCI.
Son regard sur la société, son humour et sa répartie font mouche pour faire vivre des débats animés contre ses détracteurs ou des intervenants avec des opinions aux antipodes de ses croyances.
Depuis 2021, elle revient dans le paysage de la radio française en intégrant l’équipe de chroniqueurs d’Europe 1.
Cette exposition accrue s’accompagne des mauvais côtés des jeux médiatiques.
Gabrielle Cluzel est victime d’insultes et de menaces de mort par un inconnu, le 10 juillet 2022 à Versailles, alors qu’elle faisait ses courses en présence de ses enfants. Le responsable de l’agression l’a reconnu avant de l’injurier en raison de ses prétendues orientations de pensée.
Mère de famille nombreuse, catholique, Gabrielle Cluzel revendique ses prises de position très conservatrices sur les questions de société autour de la famille.
Présente dans des médias dits catholique, comme Monde & Vie et Famille chrétienne, Gabrielle Cluzel partage les positions de l’église sur des sujets comme le mariage homosexuel ou l’IVG.
Si elle n’apporte pas son soutien public à un parti politique, Gabrielle Cluzel est catégorisée comme une personnalité proche des mouvances de droite en raison des différents médias pour lesquels elle prête sa plume.
Sans se déclarer comme un soutien à la candidature de Laurence Trochu aux élections législatives pour la circonscription de Versailles sous la bannière Reconquête !, elle ne tarit cependant pas d’éloges pour dresser le portrait de cette dernière qui partage sa philosophie autour du conservatisme.
La journaliste est très discrète sur sa vie privée. Il est de notoriété publique qu’elle est mère de sept enfants.
En tant que catholique convaincue, la famille est sacrée pour elle.
On ne connait pas le nom de son mari, qu'elle a rencontré à l'âge de 19 ans. qui est le père de ses sept enfants et qui joue un rôle prépondérant dans l’équilibre familial.
Lo diceva agli amici ascoltando Mozart, lo scriveva nelle lettere alla figlia: gli bastava solo immaginare il cielo sopra Firenze per sentirsi “mezzo ubriaco”.
Siamo nel 1921.
Albert Einstein ha quarantadue anni, le sue teorie hanno spinto la fisica verso nuove dimensioni, garantendogli una fama che probabilmente nemmeno si aspettava.
C’è il premio Nobel nel destino - la consegna avverrà l’anno successivo - e, nel frattempo, piovono inviti a tenere lezioni in tutta Europa.
Una delle conferenze è prevista a Bologna e se in altri casi Einstein valuta l’opportunità con scrupolo, stavolta non ci pensa un istante.
«Ho trascorso molti anni della mia adolescenza in Italia e ho sempre ricordato il vostro paese con nostalgia, pertanto accetto volentieri», è la risposta.
Partirà per l’Italia e ne approfitterà per incontrare la sorella minore, Maja, da poco trasferita a Firenze, prima a Fiesole e poi a Sesto. Einstein arriva in città in treno, il 18 ottobre, un martedì, insieme al figlio diciassettenne, Hans Albert.
Resterà quattro giorni, il tempo di lunghe passeggiate nelle strade del centro, poche serate a suonare il violino dopo cena, una cartolina di Palazzo Vecchio spedita all’estero, l’acquisto della riproduzione di un ritratto di Michelangelo da esporre accanto a quelli di Newton e Schopenhauer, su una parete dello studiolo nella casa di campagna di Caputh, vicino a Potsdam. Ecco: così inizia il legame tra Albert Einstein e Firenze.
Albert Einstein
Un intreccio di passioni e sentimenti, fatalità e leggende che ancora oggi, esattamente cento anni dopo, resiste nella memoria dei racconti tramandati e nelle carte degli archivi.
Emblema della storia, un Blüthner a coda, costruito a Lipsia alla fine dell’Ottocento, regalo di Albert alla sorella Maja, dal 2016 custodito nella biblioteca dell’Osservatorio astrofisico di Arcetri. In quel pianoforte, lungo e nero, risiede l’ombra di intere generazioni segnate dalle ferite del Novecento.
Marco Ciardi, professore ordinario di storia della scienza al dipartimento di Lettere e filosofia, da luglio direttore del Museo Galileo di Firenze, e Antonella Gasperini, responsabile del Servizio biblioteche e musei dell’Istituto nazionale di Astrofisica, da lì sono partiti per il loro libro: “Il pianoforte di Einstein” (Hoepli), appunto.
Vite e storie in bilico tra Firenze, Europa e America, recita il sottotitolo del saggio, cristallizzando in poche parole una ricerca minuziosa condotta con lo scrupolo degli scienziati e il gusto del racconto degli storici.
«C’è chi dice che Einstein abbia passato più tempo a suonare il violino che a studiare fisica», sorride Ciardi, svelando il primo tassello del mosaico ricomposto intorno alla figura del premio Nobel.
Einstein amava la musica, così come l’intera famiglia della borghesia benestante ebraica tedesca, a cominciare dalla madre, una discreta pianista.
Anche Albert, pur preferendo il violino, di tanto in tanto si sedeva al piano.
Lo aiutava a riflettere, diceva. Come se una Sonata in Si bemolle fosse il miglior espediente possibile per risolvere passaggi delle sue teorie che parevano sfuggire via.
Del resto, «penso spesso in musica, vivo le mie fantasie in musica» è scritto in una sua intervista al Saturday Evening Post.
Mozart era il suo musicista prediletto, la tradizione e la precisione dell’universo anteposte alle avanguardie che in quegli anni tracciavano audaci orizzonti.
Una regolarità che, però, finisce per incrinarsi sullo stesso pianoforte, feticcio di un passato mai passato veramente e attraversato da tragedie sfiorate, vissute.
Perché se è vero che la musica tiene insieme la comunità di artisti della casa di Maja alla quale Einstein resterà fedele per sempre, sarà la grande Storia a scompaginare l’Arcadia tra gli ulivi della campagna fiorentina, lasciando una scia di dolore e rimpianto.
Non sono miti, ma incubi, quelli che invece avvolgono la seconda parte della storia del pianoforte e di tutto ciò che orbitava attorno.
Scriveva Maja pensando al Blüthner in una delle tante lettere ritrovate da Ciardi e Gasperini: «Se tu sentissi come suona…non me lo sarei mai sognato…».
Un entusiasmo che ad Albert Einstein non può temperare l’angoscia crescente. L’avvento di Hitler al potere, l’ostilità che diventa persecuzione, il piano inclinato sul quale stava scivolando l’Europa, rendono Einstein sempre più preoccupato.
Non gli piace quello a cui sta assistendo in Germania e nell’amata Italia, dove Mussolini obbliga i professori dell’università a giurare fedeltà al regime fascista.
Ma niente può, se non temere per sé e il suo mondo. Non gli resta che trasferirsi in America, a Princeton, dove sarà raggiunto dalla sorella Maja, costretta a lasciare l’Italia a causa delle leggi razziali.
Siamo agli inizi del febbraio 1939, un venerdì sera.
Maja scrive per l’ultima volta a un’amica annunciando per la domenica successiva una festa di addio.
Una cena che cancella ogni illusione del cenacolo di Samos travolto da prospettive incerte, cupe.
Gli artisti lasciano l’Italia per gli Stati Uniti e il pianoforte passa di mano, affidato da Maja a un artista tedesco che aveva scelto Firenze come rifugio: Hans Joachim Staude, musicista ma soprattutto pittore.
Ricorda nel libro, Angela Terzani Staude, la figlia di Hans Joachim: «Quel Blüthner è stato l’anima di casa nostra.
Al tramonto, nel grande salone che in suo onore chiamavamo la “sala della musica”, lo si vedeva controluce, davanti ai poderi di Marignolle».
Lì è rimasto fino a quando Francesco Palla, il direttore dell’Osservatorio dal 2005 al 2011, si adoperò per favorirne l’arrivo ad Arcetri.
Un cerchio finalmente chiuso. L’epilogo che, in un certo senso, contiene il viaggio di ogni protagonista dell’epoca.
Altre storie, altre coincidenze, altre relazioni tra Albert Einstein e la “sua” Firenze. Maja riuscirà a salvarsi, la famiglia del cugino Robert, no.
Negli anni della guerra si era ritirato nella campagna di Rignano sull’Arno, sperando di garantirsi una protezione altrove impossibile.
Il 3 agosto 1944 i tedeschi lo rintracciarono e uccisero la moglie e le due figlie di Robert, sopravvissuto ma suicida pochi mesi dopo, il giorno dell’anniversario delle nozze....