mercoledì 17 marzo 2021

Parlando di cucina..Giuliano Baldessari è un matto oppure un genio? La neuro gastronomia offre muffa, crema carbonizzata e più ancora.

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Sulla "Cucina Italiana" cercando delle ricette sulla colomba pasquale, ho trovato un personnaggio speciale, forse un genio, o un matto da legare, un provocatore  oppure un grande chef d'avanguardia.

Infatti l’ultima follia di Giuliano Baldessari si chiama Colomba Psico-Attiva.   

A prescindere dal fatto che lo chef Giuliano Baldessari è un provocatore nato e che ama sperimentare senza paura( non per niente è noto come "lo chef democratico " e "lo chef illusionista") non stupiscono le sue ricerche gastronomiche.

Giulano Baldessari –nato a Trento nel 1977 – ha avuto un’educazione culinaria veramente classica. 

Dopo le prime esperienze in hotel importanti e sulle navi da crociera, è stato due anni capopartita da Aimo e Nadia, due stagioni alla corte di Marc Veyrat e per  10 anni il sous chef di Massimiliano Alajmo a Le Calandre

Nel 2014 apre l' Aqua Crua (in veneto “acqua cruda”) a Barbarano Vicentino (Vicenza) una cittadina fuori dalle rotte gourmet: curatissimo e minimalista nel design e nell’illuminazione, ha la cucina a vista, un banco per la mixology e alcune camere, eccezionali, al piano superiore.



Della vita privata di Giuliano Baldessari non si sa molto. La sua fidanzata si chiama Paola e la priorità del grande chef, dopo aver passato tutto il giorno nel suo ristorante, è quella di passare del tempo insieme a lei. 

Magari oziando, che pare essere la sua attività preferita. Infatti Giuliano Baldessari sostiene,  che è proprio dall’ozio che nasce la creatività. Cosa sarebbe successo se Newton non fosse andato a riposarsi sotto quell’albero?



La neuro-gastronomia

La nuova Colomba esprime lo storico amore dello chef  per i lievitati dove utilizza le uova della galline del suo orto, la rugiada raccolta in Trentino, i canditi realizzati personalmente con gli agrumi del Sud Italia e, ovviamente, il suo lievito madre. 


Come se non bastasse, ha voluto trasferire alcuni concetti del percorso di neuro-gastronomia che sta seguendo insieme a un bravo collega quale Palmiro Carlini. «Ho scelto di giocare con le percezioni che gli ingredienti provocano sul nostro cervello», spiega Baldessari. «Quindi nella ricetta ci sono elementi stimolanti dei neurotrasmettitori come capperi e gocce di assenzio, che trasformano la Colomba in una golosa bomba di buon umore». 

Detto che il lievitato è perfetto nella texture e nel gusto – venduto nell’e-shop di Aqua Crua a 30 € – non è un esercizio di stile: il cappero è ricco di ossido nitrico, elemento che stimola la passione nel cervello mentre l’assenzio – servito sin dall’antichità – oltre all’effetto tonico ed euforizzante, regala uno stato di benessere e rilassatezza, liberando le percezioni visive e uditive.

"La Muffa": il brutto che si fa buono

Apparentemente disincantato, Giuliano Baldessari ha una naturale vocazione a piatti di rottura che poi lo sono nell’idea e spesso nella presentazione. Il risultato nel palato è preciso, equilibrato, sorprendente. Perché, ovviamente, non improvvisa.  

Esemplare il caso di La Muffa: un controfiletto di fassona piemontese, marinato con un’iniezione di Penicillium Candidum, una muffa bianca usata spesso per produrre formaggi. Per quattro settimane – a una temperatura controllata di 20° – il fungo agisce abbassando drasticamente il pH della carne, tutelandola dall’aggressione di microrganismi patogeni e donandole un sapore simile alla crosta del formaggio Brie. A prima vista, sembra una valdostana di carne cruda con sopra appunto del formaggio e stordisce al primo assaggio per il sentore di ammoniaca, ma pian piano ci si abitua: il gusto è quello di un Brie gustato insieme a un salume tagliato alto, diciamo un quadratone di bresaola visto che la consistenza è molto simile. «L’effetto non è quello di una classica frollatura, perché il pH si abbassa e non consente ai microrganismi patogeni di formarsi», spiega lo chef-patron.

Dall’amuse-bouche al dessert

Pellicola è un amuse-bouche servito in una vaschetta da supermercato dove la pellicola è commestibile, realizzata attraverso un virtuosistico lavoro sul glutine. Si strappa, si rompe, si mangia e non si butta. Sotto, un germoglio di tarassaco (o di raperenzolo) all’aceto, avvolto in un’idea di guanciale e accompagnato da una salsa al pistacchio. 

La ricerca del brutto – ma buono – al posto del bello è alla base anche della Crema Carbonizzata: un dolce basso, incolore, sporcato da caffè in polvere, ma con una potenza gustativa impressionante grazie alle pasticche di carbone edibile e alla melassa di barbabietola da zucchero. 

Illusione – come dice il nome – gioca invece sulla percezione distorta della realtà: il classico bocconcino di mozzarella inganna nel sapore e nella consistenza perché al suo interno c’è un cuore fatto di acqua di pomodoro. 

Invece Morso d’Artista – ispirata ovviamente all’opera di Piero Manzoni – è un dolce a base di gelato, preparato con erbe amare: sembra essere stato morso dallo chef e in effetti viene realizzato utilizzando il calco esatto dei suoi denti…

Omaggio a Tinto Brass

Sono tutti piatti che nascono da intuizioni, diversissime tra loro. «Una provocazione fastidiosa di un cliente, il ricordo di una nonna che viaggiava con la mente, le corse all’alba, le esperienze in giro per il mondo», spiega Baldessari. «Per esempio, la ricetta dedicata a Tinto Brass arriva da un’abbuffata di chapulines, le cavallette fritte in Messico. Come rimedio, una signora del posto mi dette dell’acqua calda con dentro della barba del mais secca. La tisana faceva schifo, ma mi sono sentito subito meglio». Sei mesi dopo, correndo, lo chef rivede le barbe in un campo e decide di ragionarci in cucina: fresca ha un sapore gradevole, erbaceo, leggero. 

Il tocco di follia è tingerle di nero, servendole come un cespuglio pubico, dedicando apertamente il piatto a Tinto Brass, il regista veneziano e maestro del genere erotico. 

Ma il pubblico come vive queste provocazioni, soprattutto in un periodo complicato come questo? «Mai come adesso, chi si siede ad Aqua Crua vuole provare i piatti più originali e io cerco di non deludere le attese, mettendo la ricerca e la tecnica al servizio della materia prima», sottolinea. «È questo l’insegnamento principale che mi ha trasmesso Aimo Moroni: la considerava giustamente la stella polare della sua cucina». Certo, Aimo resterebbe perplesso sapendo che il suo allievo sta studiando (seriamente) le mosche per un possibile utilizzo nel menu. E alla nostra domanda sul punto d’arrivo del nuovo interesse, risponde: «Ah non lo so, intanto ci ragiono. Io cerco sempre di dare un gusto ai miei pensieri». Voilà.

venerdì 12 marzo 2021

Gianni Agnelli, il re d'Italia senza corona, l' affascinante e mitico padrone della FIAT e non solo

 


Affascinante, bello, ricco, amante dello sport, dell’arte, delle donne, è stato il rappresentante di spicco dell’economia italiana nel mondo, il re d’Italia senza corona e uno degli uomini più ammirati per il suo stile inconfondibile e la sua innata eleganza.

Portava il nome del nonno – Giovanni, fondatore della FIAT – ma tutti lo chiamavano Gianni,l’Avvocato, un soprannome che si era guadagnato con la laurea in legge.

Gianni Agnelli nasce a Torino, il 12 marzo 1921, secondo di sette fratelli.

Suo padre Edoardo muore tragicamente in un incidente aereo nel 1935, quando Gianni ha appena 14 anni e questo lo porta a stringere un legame strettissimo con il nonno Giovanni, fondatore della FIAT (Fabbrica Italiana Automobili Torino)

Il rapporto tra i due non si incrina neanche quando il senatore Giovanni si oppone alla nuora Virginia Bourbon del Monte, colpevole di aver intrecciato una relazione con il giornalista e scrittore Curzio Malaparte. 

Questo conflitto si risolve con un compromesso firmato nel 1937 : la custodia dei 7 figli rimane a Virginia, che rinuncia a sposare il suo amante. 

Virginia Bourbon del Monte morirà qualche anno dopo, nel 1945, in un incidente automobilistico. 

Nello stesso anno muore il senatore Giovanni Agnelli.

Le redini della FIAT non passano a Gianni Agnelli, ma a Vittorio Valletta, grande figura manageriale che guiderà l’azienda torinese per un ventennio, ponendo delle basi solidissime per la crescita della FIAT, soprattutto negli anni del boom economico. 

A Gianni Agnelli sono riservate, al momento, delle cariche onorarie e di rappresentanza, che gli valgono come apprendistato, e la Presidenza della Juventus, squadra di calcio che il padre Edoardo aveva portato al successo.

Il giovane erede di casa Agnelli sceglie, infatti, di seguire il consiglio di suo nonno di prendersi qualche anno di libertà, prima di immergersi nelle preoccupazioni dell’azienda. 

Ha conseguito una laurea in Giurisprudenza presso l’Università di Torino e, giovanissimo, ha preso parte al secondo conflitto mondiale, arruolato nel 1° reggimento “Nizza Cavalleria”, così ora inizia a godersi la giovinezza, compiendo numerosi viaggi, frequentando i luoghi della mondanità e le personalità del jet-set internazionale: attrici, principi, uomini politici (è di questi anni l’inizio della sua amicizia con John Fitzgerald Kennedy).

Nel 1953 Gianni Agnelli sposa la principessa Marella Caracciolo di Castagneto, alla quale  rimarrà accanto per tutta la vita, nonostante pettegolezzi sulle infedeltà coniugali. 

La coppia ha due figli, Edoardo – morto celibe, suicida, a 46 anni nel 2001 e Margherita, sposata in prime nozze con Alain Elkann, dal quale ha 3 figli, John Jacob detto Jaki – erede designato alla guida del gruppo – Lapo e Ginevra, e in seconde nozze con il nobile russo Serge de Pahlen, dal quale ha avuto 5 figli.

Nel 1966  Gianni Agnelli assume finalmente la guida della FIAT

Gli anni del miracolo economico italiano sono ormai finiti e l’Avvocato deve  gestire una situazione delicata, con forti tensioni sociali, chiamata “autunno caldo”. 

C’è il problema del rinnovo del contratto di lavoro dei metalmeccanici – che verrà siglato nel 1970 al termine di una lunga serie di scioperi -,e c'è il problema della politica industriale di Valletta (terra/mare/cielo). 

Gianni Agnelli decide di cedere alcune quote delle produzioni della Divisione Mare e della Fiat Velivoli e di concentrarsi sul settore automobilistico: tra il ’69 e il ’70 vengono acquisite la Ferrari e la Lancia, viene avviato un ambizioso progetto per rendere noto il marchio FIAT a livello internazionale e vengono aperte unità produttive anche in Polonia, Spagna, Yugoslavia, Brasile, Argentina e Turchia.

Nel 1974 viene eletto Presidente della Confindustria, carica che mantiene fino al 1976. 

Nel 1979 c'è una nuova crisi economica iniziata qualche anno prima.

Si parla di 14.000 licenziamenti. 

Gli scontri tra l’azienda, da una parte, e i sindacati e il Partito Comunista, dall’altra, si fanno durissimi: i cancelli di Mirafiori vengono “bloccati” per 35 giorni, finché si arriva al 14 ottobre del 1980 alla cosiddetta “marcia dei quarantamila”, dal numero di lavoratori che reclamano il diritto di lavorare. 

La FIAT, sotto pressione, rinuncia ai licenziamenti e mette in cassa integrazione 23.000 dipendenti. 

Per il sindacato è una sconfitta storica, per Gianni Agnelli una vittoria che può finalmente dare una svolta decisiva alla FIAT.

Gianni Agnelli, affiancato da Cesare Romiti, rilancia la Fiat in campo internazionale e, in pochi anni, la trasforma in una holding con interessi differenziati, che non si limitano più al solo settore dell’auto (in cui fra l’altro aveva ormai assorbito anche l’Alfa Romeo), ma vanno dall’editoria alle assicurazioni.

La scelta risulta vincente e gli anni ’80 si rivelano fra i più felici di tutta la storia aziendale. 

Gianni Agnelli si consolida sempre di più come figura di spicco dell’Italia nel mondo, di re senza corona e di uomo di stile. I suo vezzi, le sue stravaganze in fatto di stile diventano simbolo di eleganza e di raffinatezza: a cominciare dall’imitatissima “erre moscia” fino all’orologio sul polsino.


Intervistato dalle riviste di tutto mondo, si permette giudizi ironici e taglienti su politici, giocatori di calcio, soprattutto se della Juventus, che segue sempre con passione.


Nel 1991, Gianni Agnelli è nominato senatore a vita da Francesco Cossiga. Nel 1996, compiuti i 75 anni di età, rispetta le norme statutarie dell’azienda e cede la presidenza all’ex amministratore delegato Cesare Romiti, a cui succederà nel 1999, Paolo Fresco


In realtà, l’Avvocato aveva designato come suo successore e futura guida della FIAT il nipote, figlio del fratello Umberto e già presidente della Piaggio,
 Giovanni Alberto Agnelli, detto Giovannino, che muore, però, per un tumore al cervello nel dicembre del 1997. 

Al suo posto, Gianni Agnelli designa come suo successore John Elkann, primogenito di sua figlia Margherita.

Il 24 gennaio 2003, Gianni Agnelli muore di una lunga malattia nella sua residenza  Villa Frescòt.  

Il funerale, trasmesso in diretta da Rai Uno, si svolge al Duomo di Torino, seguito da un’enorme folla. 

Gianni Agnelli è sepolto nella monumentale cappella di famiglia presso il piccolo cimitero di Villar Perosa, nei pressi della storica dimora estiva degli Agnelli.

giovedì 11 marzo 2021

La Villa Medici a Roma, un po' di Francia nella città eterna


Fondata da Colbert nel 1666, l’Accademia di Francia a Roma svolge da sempre un ruolo decisivo nella vita culturale romana ed europea.

  La creazione dell’Accademia di Francia a Roma coincide con la politica dei grandi lavori pubblici iniziata alla fine del XVII secolo da Louis XIV, grazie alla quale furono trasformati il Louvre, le Tuileries e Versailles.

Creata nel 1666 da Jean-Baptiste Colbert Gian Lorenzo Bernini, l’Accademia accoglieva i vincitori del Prix de Rome e i borsisti protetti dai grandi nobili francesi.

I giovani artisti nominati dal re, avevano la possibilità di perfezionare la loro formazione grazie al contatto con Roma e l’Italia.

I borsisti in residenza erano sottoposti a una disciplina rigorosa e dovevano dedicare il loro soggiorno alla realizzazione di copie di opere antiche e rinascimentali da portare in Francia.

Ai pittori e agli scultori si aggiungono nel 1720 gli architetti.


Prima di trovare la sua collocazione definitiva a Villa Medici, l’Accademia di Francia a Roma ha avuto diverse sedi: dalla modesta abitazione vicino a Sant’Onofrio sul Gianicolo, fu trasferita a Palazzo Caffarelli (1673), poi a Palazzo Capranica (1684) e, infine, a Palazzo Mancini (1725), in via del Corso.

In questo periodo l’Accademia di Francia accoglie borsisti dai nomi illustri, quali Boucher, Subleyras, Fragonard, David, Robert e Houdon.

Durante la Rivoluzione Francese la carica di direttore è soppressa, Palazzo Mancini è saccheggiato dai contro-rivoluzionari romani nel febbraio 1793.

Alcuni borsisti fuggono a Napoli e a Firenze.

In seguito a questi avvenimenti l’Accademia di Francia a Roma è soppressa, per essere poi nuovamente istituita nel 1795 dal Direttorio.

Occorreva assolutamente trovare una nuova sede e il 18 maggio 1803, la Francia e la Corte d’Etruria decidono di lasciare Palazzo Mancini e di stabilirsi a Villa Medici.

Cambiando residenza, l’Accademia di Francia a Roma cambia il suo statuto.

Essendo passata sotto la tutela dall’Institut de France, il concorso d’ingresso, il “Prix de Rome”, è organizzato dall’Académie des Beaux Arts.

Da quel momento i musicisti entrano all’Accademia di Francia, con la creazione del “premio di composizione” nel 1803.

Gli incisori si aggiungono nel 1804, quando fu istituito il premio biennale per l’incisione a bulino, senza acquaforte, su lastra metallica, e quello quadriennale per l’incisione su medaglia e su pietra fine, nel 1807. 

Entrambe le discipline furono introdotte per celebrare le vittorie di Napoleone.

Dal 1835 al 1841, Jean-Auguste-Dominique Ingres ricoprì il ruolo di direttore della Villa. 

Tradizionalmente i direttori sono scelti tra gli ex borsisti, anche se questa regola ha conosciuto delle eccezioni, come nel caso di Carolus-Duran.

Durante tutto il XIX secolo l’Accademia ha ospitato borsisti celebri come Victor Baltard, l’architetto di Les Halles a Parigi, Charles Garnier, dell’omonima Opéra Garnier, compositori come BerliozBizetGounod e Debussy, scultori come Carpeaux e David d’Angers. Fu all’inizio del XX secolo, con Lili Boulanger (“Grand Prix de Rome” in composizione musicale nel 1913) e Odette Pauvert (“Grand Prix de Rome” in pittura nel 1925), che le donne fecero il loro ingresso in Accademia.

In seguito, durante la Seconda Guerra Mondiale, la Villa è requisita da Mussolini e l’Accademia si trasferisce temporaneamente a Nizza e poi a Fontainebleau.

Nel 1961 André Malraux nomina il pittore Balthus direttore della Villa: la volontà congiunta di queste due personalità permette una profonda riforma dell’Accademia. Balthus intraprende un importante restauro dell’edificio e organizza delle manifestazioni per aprire la Villa ai romani. Questo nuovo approccio è ratificato con un decreto del 1971, che sancisce l’autonomia dell’Académie des Beaux Arts.

La durata del soggiorno passa da quattro a due anni al massimo, e gli scrittori, i cineasti, i fotografi, gli scenografi, i restauratori di opere d’arte e gli storici dell’arte si aggiungono ai borsisti, il cui numero passa da 12 a 25.

L’Accademia di Francia a Roma oggi, partecipa a scambi culturali ed artistici, organizza mostre, concerti, convegni e seminari su temi relativi alle arti, alle lettere e alla loro storia.

Concepita dal decreto del 1971 come luogo ideale di incontri italo-francesi, Villa Medici riveste un ruolo decisivo nella vita culturale romana ed europea.

Posizionata sulla collina del Pincio a Roma, a due passi da Piazza di Spagna, Villa Medici è facilmente raggiungibile dal centro di Roma.

Accademia di Francia a Roma - Villa Medici, Viale Trinità dei Monti, Roma

T.   +39 06 67611     M.   standard@villamedici.it

Il giardino di Villa Medici, che si estende per più di 7 ettari da Nord a Sud, conserva ancora oggi in gran parte l’aspetto del XVI secolo.