domenica 29 gennaio 2017

Eataly, cibo e cultura alla conquista del mondo






Il nome "Eataly" nasce dalla fusione di due parole: EAT, cioè 'mangiare' in inglese, e ITALY, Italia. 
Eataly infatti è mangiare Italiano, ma non soltanto cibo italiano.




Da Bali a Dallas è possibile sedersi in un ristorante italiano, dalla semplice pizzeria agli chef stellati.



Ma prima di Oscar Farinetti, fondatore di Eataly, nato ad Alba, in provincia di Cuneo, in Piemonte, la patria del famoso tartufo bianco, nessuno aveva avuto l’idea di una catena di punti vendita per proporre contemporaneamente prodotti gastronomici della Penisola, punti di ristoro ed eventi culturali e didattici legati al cibo.



L’obiettivo di Eataly è di mettere i prodotti di alta qualità a disposizione di tutti, comunicare i volti, i metodi produttivi e la storia delle persone e delle aziende che costituiscono il meglio dell'enogastronomia italiana in nome della sostenibilità, la responsabilità e la condivisione.



Il marchio Eataly riunisce un gruppo di piccole aziende che lavorano nei diversi settori dell'enogastronomia come la famosa pasta piemontese all’uovo di grano duro di Gragnano, l'olio della riviera ligure di Ponente, i vini veneti e piemontesi, la carne bovina piemontese di razza Fassone, il migliore cioccolato con le famose nocciole del Piemonte, salumi e formaggi della tradizione italiana.

Fin dalla sua nascita, con l'apertura nel 2007 del primo punto vendita a Torino, Eataly ha proposto il meglio delle produzioni artigianali a prezzi ragionevoli grazie alla creazione di un rapporto diretto fra produttore e distributore.



Eataly è una catena di punti vendita di medie e grandi dimensioni specializzati nella distribuzione di generi alimentari italiani, e non solo, con una zona mercato organizzata per aeree (salumi, formaggi, carne, pesce, ortofrutta, vini), ristoranti a tema, librerie e corsi dedicati alla cucina, degustazioni.




Filiali
Asti, Bari, Bologna, Chicago, Dubai, Firenze, Forlì, Genova, Istanbul, Milano, Monaco dBaviera, Monticello d'Alba, New York, Osaka, Parma, Piacenza, Pinerolo, Roma, São Paulo, Tokyo, Torino, Trieste, Yokohama














venerdì 27 gennaio 2017

Il re tartufo e i vini da abbinare


 

Il tartufo “cibo di dei, re e maiali”.

Il tartufo è un fungo sotterraneo che si forma nei terreni di origine calcarea oppure argillosa in simbiosi con certe piante, differenti secondo la specie di tartufo. 
In Europa ne esistono circa 30 tipologie, in Italia più o meno una decina e si suddividono tra bianchi e neri. 
Il tartufo è un concentrato d’aroma, senza tuttavia avere un sapore specifico.
Il gusto del tartufo è immediato, delicato e penetrante. 
Gli aromi che sprigiona sono inconfondibili, molto intensi. Vanno da sentori di terra umida di sottobosco, fino alla  nocciola, ma la nota che più delle altre colpisce il naso è quella “gassosa”.
L'eccellenza dei tartufi bianchi è la varietà di Alba, famosa città della provincia di Cuneo, in Piemonte. Vanno consumati crudi, affettati freschi su piatti caldi come uova al burro, risotti o tagliolini, ma anche formaggi, specie se serviti sotto forma di fonduta oppure primi piatti conditi con generose quantità di burro
Per gli abbinamenti, nel caso delle uova, un vino bianco aromatico può rappresentare la scelta più indicata, mentre per i primi piatti si possono osare dei grandi rossi, complessi e ben strutturati. 
Il Tartufo Bianco d’Alba con un Barolo è un classico!
Il periodo di raccolta va da ottobre a dicembre, in Italia Settentrionale e in alcuni punti degli Appennini o nei boschi alpini in corrispondenza di pioppi, noccioli, salici, querce e tigli. 


Il tartufo nero ha un profumo meno intenso. 
In Italia si trova soprattutto nelle regioni centrali (principalmente Umbria e Toscana), la tipologia più  ricercata è quella di Norcia o Spoleto, nota in Francia come “truffe du Périgord. 
Rispetto al bianco, oltre ad un prezzo molto più basso, ha la caratteristica di sprigionare tutto il suo profumo in cottura o, se finemente tritato, impastato con dell’extravergine di oliva.





Tartufo e vino hanno  sapori e profumi forti che, se non ben dosati, potrebbero annullarsi e mpedire di apprezzare pienamente il loro gusto. Quindi, per creare un equilibrio abbinamento vino tartufo, ecco alcuni consigli sempre validi:
Il tartufo non richiede vini molto aromatici, che potrebbero sovrastarne il profumo peculiare.
I vini abbinati al tartufo non devono essere particolarmente acidi.

Vini bianchi
Tra i vini bianchi, particolarmente indicati sono quelli che ricordarno le note di idrocarburo del tartufo, come il Riesling, renano o italico. 

Buoni anche gli abbinamenti con il Bianco di Custoza o il Verdicchio – caratterizzato da note leggermente amare sul finale. Da provare, almeno una volta, l’abbinamento con vini provenienti da vitigni vulcanici, come i Bianchi dell’Etna.

Vini rossi 

I vini rossi ideali per l’abbinamento con il tartufo non dovrebbero essere vini di grande struttura, e non molto impegnativi sotto il profilo aromatico. 

Meglio optare per vini  morbidi e maturi, con tannini appena accennati, come il  Nebbiolo o il Pinot Noir.

Bollicine

Le bollicine  non si abbinanano facilmente al tartufo. Se proprio non volete rinunciarvi, scegliere bollicine  caratterizzate da spiccata morbidezza.

abbinamento-vino-tartufo-bianco-e-nero


Si dice che con i tartufi bianchi bisogna abbinare i vini bianchi e con i tartufi neri i vini rossi. 
Non è esatto, perché l'abbinamento "vino tartufo" si fa' in base al tipo di piatto preparato con esso.


I vini da abbinare ai tartufi bianchi  devono tener conto della principale virtù del tartufo: il profumo.
Qui sotto la lista

Con i tartufi bianchi : 
vini bianchi morbidi e profumati

Dolcetto d’Alba
Dolcetto di Dogliani
Barolo
Pinot Nero del Friuli
Teroldego Rotaliano Trentino
Rosso Piceno
Rosso del Conero

 

Con i tartufi neri 

vini rossi complessi e con anni d'invecchiamento

Bordeaux
Pomerol
Saint Emilion
Sagrantino di Montefalco
Montepulciano d’Abruzzo

 e anche vini bianchi eleganti

Muller Thurgau
Friulano
Verdicchio dei Castelli di Jesi
Trebbiano
Cortese di Gavi

Il famoso romanziere Alexandre Dumas invitava gli amici a consumare il tartufo nero di Perigord famoso in Francia come quello di Norcia in Italia, cotto sotto cenere come le patate ed accompagnato da un robusto Bordeaux invecchiato e servito a 20 gradi di temperatura. 
Buona idea, no?

lunedì 23 gennaio 2017

I vini del Piemonte, in breve...







Terra da vino per eccellenza, il Piemonte possiede 45.000 ettari di vigneti di qualità, situati in collina, nelle fasce alpine e prealpine.
L’origine dei vigneti piemontesi risale ai Greci che scaricarono anfore, barbatelle e talee nei porti liguri e penetrarono nel territorio. 
In epoca romana la viticoltura infatti risultava già fiorente. Con la caduta dell’impero Romano, con le invasioni di Goti e Borgognoni, nonostante le numerose devastazioni, la viticoltura piemontese continuò ad espandersi fino al 
Medioevo, dove da varie scritture si apprende della presenza del vitigno “Nebbiolo”.
Negli anni successivi la viticoltura continua ad affermarsi nelle colline piemontesi e la comparsa di numerosi vitigni che saranno la base del patrimonio vitivinicolo di questa regione.
   
Attualmente si possono identificare quattro grandi aree di produzione di vini in Piemonte: 
le Langhe, l’Astigiano, il Monferrato e le denominazioni del Nord, zone nelle quali si producono i migliori vini tipici del Piemonte, la cui fama è diffusa anche all’estero.


La zona più importante è sicuramente quella delle Langhe, comprese nelle province di Cuneo e Asti


Il loro nome deriva dal dialetto locale: le "langhe" sono le creste affilate delle colline. 
Il loro paesaggio è caratterizzato soprattutto da immense distese di vigneti a perdita d’occhio. 
Qui vengono coltivati i celebri vitigni della Barbera, del Dolcetto, Moscato e Nebbiolo

Sono costellate dai castelli e fortilizi delle famiglie che abitarono sin dal Medioevo queste terre. I grandi vini delle Langhe sono in realtà moltissimi, i disciplinari tra DOC e DOCG di Langhe, Roero e Monferrato sono una trentina. 

I rossi più conosciuti, oltre al Barolo, sono il Barbaresco, la Barbera, la Freisa, il Grignolino, il Nebbiolo, il Dolcetto. Tra i bianchi l'Arneis, la Favorita, il Cortese.
Gli spumanti : il Moscato e il Brachetto. 
I passiti : il Barolo chinato.  
Anche il Monferrato, compreso nelle province di Asti ed Alessandria, è un’importante zona di produzione dei più noti vini piemontesi. 
La terra qui è calcarea e sabbiosa e si profila in dolci colline, in parte coltivate, in parte boscose. 
Inoltre il paesaggio vitivinicolo di Langhe-Roero e Monferrato è recentemente diventato Patrimonio mondiale dell’Unesco.
I vini sopra nominati sono solamente alcuni esempi di vini e uve che evocano in ogni appassionato pensieri legati alla qualità e all'eccellenza enologica. 
Il patrimonio del Piemonte è anche ricco di vini e uve bianche piacevoli e aromatiche, non solo il Moscato Bianco utilizzato per il celebre Asti, ma anche Arneis, Favorita, Cortese ed Erbaluce, tanto per citare alcune delle più celebri uve della regione.
Sono 16 i vini che hanno ottenuto il riconoscimento DOCG e 42 i vini DOC.

martedì 17 gennaio 2017

Il pregiato e costoso Sassicaia di Bolgheri


L'eccezionale vino Bolgheri Sassicaia è uno dei vini italiani più pregiati e costosi, prodotto esclusivamente dall'azienda Tenuta San Guido, che possiede tutti i vigneti all'interno dell'area delimitata dalla DOC. 
Il Sassicaia ha un bel colore rosso rubino intenso, un profumo ricco ed elegante e un gusto asciutto, pieno, robusto e armonico, con una buona elegante struttura.
Il Bolgheri Sassicaia è un vino DOC la cui produzione è consentita in una specifica zona del comune di Castagneto Carducci (Livorno, Toscana) prodotto con almeno l'80% di Cabernet Sauvignon. 



Per i marchesi Incisa della Rocchetta non sono mai esistite le mezze misure. 
Hanno sempre puntato al massimo, prima con i cavalli da corsa, poi con il vino. 


Il cavallo Ribot  e il vino Sassicaia  sono i gioielli di famiglia. 
Il primo, purosangue della scuderia Dormello-Olgiata di Federico Tesio e Mario Incisa, nel biennio 1955-56 vinse 16 gran premi (per due volte il celebre Arc de Triomphe di Parigi) ritirandosi imbattuto; il secondo, progenitore della squadra di Bolgheri e uno dei vertici dell’enologia italiana. 
Il Sassicaia nacque quasi per caso, anche se Mario Incisa ha sempre voluto produrre un grande vino rosso migliore dei suoi prediletti Bordeaux
Per questo aveva piantato viti di Cabernet Sauvignon in un appezzamento che aveva le caratteristiche pedologiche delle Graves della Gironda.


Per anni, questo vino rimase dominio strettamente privato. Solo più tardi, il marchese si accorse che invecchiando migliorava considerevolmente e nel 1965 decise di piantare altri due vigneti in posizione più elevata. 
Con l’annata 1968 il Sassicaia uscì sul mercato con un’accoglienza degna di un premier cru. 
Un contributo importante al miglioramento qualitativo arrivò anche dalla consulenza di Giacomo Tachis, enologo degli Antinori, con i quali gli Incisa erano imparentati. 
Alla morte del marchese Mario nel1983, Tenuta San Guido è passata al figlio Nicolò, che accanto all’attività vitivinicola continua ancora oggi quella dell’allevamento dei purosangue.





L'ingresso scenografico della cantina della Tenuta San Guido

L’azienda ha una superficie a vigneto di 85 ettari divisi in più appezzamenti per sfruttare le caratteristiche di esposizione e di composizione dei terreni. 
Ottime anche le condizioni climatiche, influenzate dal mare e dalle colline a protezione dei venti. 
I vigneti, in massima parte coltivati a Cabernet Sauvignon e in misura minore a Cabernet Franc, Merlot e Sangiovese, sono allevati a cordone speronato con basse rese. 
Nella nuova cantina il Sassicaia matura per circa 24 mesi in barrique di rovere francese, cui segue l’affinamento in bottiglia per altri 6 mesi
La produzione è di circa 200 mila bottiglie all’anno.
Nel 2000 il marchese Nicolò lancia sul mercato un secondo vino dedicato al quadrisnonno Guidalberto Della Gherardesca
«La nascita del Guidalberto», dice, «ha alle spalle due motivi: la volontà di cimentarsi con un’uva da noi mai utilizzata, il Merlot, e il desiderio di offrire al consumatore un vino che possa essere apprezzato più giovane rispetto al veterano Sassicaia». 
Oltre al Merlot, il suo uvaggio comprende il Cabernet Sauvignon. 
L’azienda produce una terza etichetta, Le Difese, giovane e morbido, estremamente piacevole e bevibile fin dai primi mesi di affinamento in vetro, ottenuto dal blend Sangiovese-Cabernet Sauvignon.