lunedì 30 marzo 2009

Tom Cruise e Cameron Diaz presto insieme











Ritorno di fiamma – cinematografico s’intende! – per Tom Cruise e Cameron Diaz a otto anni di distanza da Vanilla Sky (2001).

A rimettere insieme il tenebroso Maveric di Top Gun (1986) e la Mary di cui tutti andavano pazzi (Tutti pazzi per Mery, 1998) ci ha pensato il regista James Mangold, che li ha scelti come protagonisti del suo nuovissimo film intitolato Wichita and Trouble Man.

In questa commedia romantica le due star di Hollywood, si incontrano in un appuntamento al buio: lei, sfortunata in amore, lui bellissimo e misterioso quanto basta per stravolgerle la vita.

Già impegnata in altre pellicole – Cruise ha ben 10 progetti in ballo, mentre Cameron si “accontenta” del ruolo di Norma Lewis nel thriller The Box (2009) – la movie-coppia non ha però ancora firmato nessun contratto per il lungometraggio di Mangold.




Macchine e glamour, Valeria Marini vs Paris Hilton!


























Donne e motori: solo dolori?
Ma no!
Queste sono tutto glamour..
Paris Hilton ha rubato l'auto di Barbie solo dopo aver saccheggiato anche il suo guardaroba. Rigorosamente rosa.
Valeria Marini ama le esagerazioni, anche nella stazza delle automobili. Qui è ritratta con una lussuosa Limousine.

La figlia de Duce e il partigiano




La passione travolgente tra Edda e il comunista Leonida Bongiorno

Marcello Sorgi ha trovato a Lipari, dove la donna fu al confino, le lettere della relazione inconfessabile


Photo : Il telegramma di Edda, in francese, a Leonida nel 1946




«Conobbi Ellenica una sera. Al termine di una violenta dimostrazione per le vie del paese, in cui avevo potuto calmare gli animi con poche e semplici parole. Mi apparve come una rondine ferita dalle ali infrante».


Lei, invece, rimase affascinata da tanta forza e bellezza, in cuor suo lo chiamò subito Baiardo, il focoso cavallo dell’Orlando furioso e dopo qualche giorno gli scrisse: «Caro amico, se i vostri impegni politici e i vostri svaghi della domenica ve ne danno la possibilità, vorrete essere così cortese di venirmi a fare una visitina?».


Non è un romanzo, ma una storia d’amore vera, una passione struggente tra due persone che non ti saresti mai aspettato di vedere insieme: Edda Ciano (Ellenica), figlia del Duce al confino nell’isola di Lipari dal settembre 1945 al giugno dell’anno successivo, e Leonida Bongiorno (nel lessico della corrispondenza amorosa, Baiardo, o Lecret dal nome del generale che combatté per la liberazione di Cuba nel 1898), capo dei comunisti liparoti, figlio dell’antifascista Eduardu, che ricalcando le carte nautiche ottenute da un amico aveva reso possibile nel 1929 la fuga degli antifascisti Carlo Rosselli, Emilio Lussu e Fausto Nitti.
Il padre di Leonida-Baiardo era uno di quegli uomini tutto d’un pezzo, primo trombone nella banda del paese che riponeva lo strumento quando bisognava intonare «Giovinezza».




Un socialista da sempre che teneva a un suo orgoglio anticonformista: quando gli americani gli chiesero di fare i nomi dei fascisti locali per vendicarsi, lui declinò l’invito. La soddisfazione se l’era presa da solo, tenendo la schiena dritta.


Così il figlio, laureato in economia a Bologna, arruolato come tenente degli alpini, una rarità per un isolano, partigiano in Francia con il nome falso di Paul Zanetti dopo essere fuggito dalla prigionia dei nazisti. Un uomo intelligente ed energico che non aveva esitato a prendersi cura della «rondine dalle ali infrante», anche se era la figlia del Duce. A raccontarci questa storia, dopo una tenace ricerca dei documenti — le lettere di Edda, il memoriale e i commenti di Leonida — è Marcello Sorgi, ex direttore della Stampa, nel libro Edda Ciano e il comunista.




L’inconfessabile passione della figlia del Duce (in uscita da Rizzoli il 1˚aprile, pagine 150, e 18). Sorgi aveva anticipato la notizia sulle pagine culturali del quotidiano torinese il 1˚ottobre dell’anno scorso.
Il racconto si basava sulla lettura delle trascrizioni delle lettere, a volte in francese o in inglese, che, come in un romanzo di Alexandre Dumas, erano sepolte in un vecchio armadio nella casa di Edoardo, il figlio di Leonida, assieme a ciocche di capelli, biglietti, fotografie, annotazioni. Un materiale che Sorgi ha potuto esaminare per primo e ha elaborato in un racconto romantico e avvincente pur rispettando la verità fattuale.


L’autore si è avvalso a tal fine della consulenza storica di Giovanni Sabbatucci.




I primi contatti fra Edda e Leonida sono interessati ma cauti.


Lei, dopo essere stata scaricata in una stamberga nel centro dell’isola dal commissario Polito, lo stesso che aveva preso in consegna Benito Mussolini dopo il 25 luglio 1943, chiede al nuovo amico se può andare ad abitare nella casa di famiglia del Timparozzo, ribattezzata da Edda la «Petite Malmaison», secondo il nome che Josephine de Beauharnais aveva dato alla sua dimora dopo essere stata abbandonata da Napoleone.


Leonida, con l’approvazione del padre, acconsente, e una notte di primavera, sulla terrazza di quella casa incantevole, avviene l’incontro d’amore. Lui la prende appoggiato al muro accarezzandole le gambe, secondo Edda la parte più bella del suo corpo di trentacinquenne.
Il coetaneo Leonida-Baiardo si innamora, Edda-Ellenica sulle prime non si lascia andare: Ellenica partecipa al gioco erotico, scandalizza tutti esibendo sulle spiagge di Lipari e Vulcano un audace due pezzi, ma Edda è guardinga, ancora ferita dalla tragedia famigliare.


Quando lui si dichiara, «voi per me potreste essere la donna ideale», quasi lo irride: «È possibile che io lo sia per tutti gli uomini?».


Lui la ama e la teme, si sente un Ulisse con la sua Circe e le recita a memoria il passo dell’Odissea in cui la maga indica all’eroe omerico due rotte impossibili per far ritorno a Itaca. Lei gli risponde con i versi di Byron: «When we two parted...», «quando noi ci dividemmo, in silenzio e lacrime, i nostri cuori si spaccarono a metà».


La passione cresce e con l’amore la confidenza. Edda, al confino con l’accusa di aver spinto il padre a entrare in guerra, scrive un memoriale, probabilmente aiutata da Leonida, negando ogni responsabilità pubblica: «Nel partito non ebbi mai nessun incarico... Come moglie del ministro degli Esteri non potevo che seguire le direttive che mi venivano date». Più che per questo memoriale, ma grazie all’amnistia Togliatti, a fine giugno 1946, arriva la comunicazione della libertà anticipata.


In una cronaca maliziosa, un corrispondente del Corriere della Sera scrive che «l’elegante signora» pare poco interessata a lasciare l’isola, anche perché «non ha disdegnato l’assidua compagnia di un aitante giovane del luogo, il sig. Leonida Bongiorno».


Edda, in realtà, ha interesse a ritornare a Roma, per riabbracciare i figli.




Con sé porterà un ricordo: il suo ritratto nudo eseguito a matita dal bel Leonida.


Comincia così la seconda parte della corrispondenza: lei lo vezzeggia, «caro amico e fidanzato », «Baiardo mi manca molto», abbandona i toni ironici degli inizi quando lo chiamava «adorabile allievo di sieur Palmiro».


Ma aumentano i silenzi di Leonida, che intanto ha incontrato Angela, la futura moglie, detta la «Chevelue» per via della folta chioma.


Ellenica e Baiardo si rivedono, il primo incontro in un hotel di Messina dove lei si presenta con una carta d’identità falsa.


Poi il nuovo distacco.


E la sempre più appassionata e dolorosa corrispondenza.


Edda si lascia andare a confidenze: «Perché è toccato a me scegliere tra le due persone più care?», alludendo al marito giustiziato e al padre cui non aveva perdonato di non essere intervenuto.


Alla fine il grido: «Venite dunque con me. Non abbandonate questa felicità che gli Dei vi offrono». Siamo alla fine.


Le risposte di Leonida si faranno sempre più rare, sposerà Angela. «Ellenica» e «Baiardo» si ritroveranno sessantenni nel 1971, ancora a Lipari, davanti a una parete su cui lui aveva fatto incidere i versi omerici con le parole di Circe: «Tu da solo col tuo cuore consigliati: io ti dirò le due rotte».


La passione non si era mai spenta.

Sondaggio a Milano : un milanese su due tradisce




Amore, baci e appuntamenti al buio:così tradisce un milanese su due!

Indagine di psichiatri e ginecologi sulle abitudini sentimentali. Numeri inattesi: infedele il 55%
Richard Gere e Diane Lane in «L'amore infedele»
Un sondaggio choc manda all'aria le statistiche rodate.

Un milanese su due (donne e uomini finalmente in parità) ammette che sta tradendo il partner.

Numeri inattesi persino dai promotori del test, lo psichiatra Alberto Caputo e il ginecologo-sessuologo Roberto Bernorio, dell'Associazione italiana di sessuologia applicata alla coppia, che di esperienza sul campo ne hanno maturata.
E non poca.

Perché le statistiche, appunto, dicono che il tradimento (senza includere nella casistica quello che rimane confinato ai sogni e ai pensieri) riguarda sette coppie su dieci, una volta nella vita.
Ed è motivo di crisi coniugali e separazioni. Sia esso «leggero», dettato dal bisogno di evadere dal quotidiano, sia «pesante», termometro del desiderio di cambiamento.

La fotografia del tradimento quotidiano va in onda in diretta, il venerdì mattina (alle 6!) su Radio Deejay, con Andrea e Michele (i due inviati di «Quelli che il calcio») che per sei settimane e sei puntate (la seconda avrà per tema: i luoghi del tradimento) tenterà di fotografare le abitudini degli italiani. «I dati fanno riflettere - dice lo psichiatra Alberto Caputo - .
Perché il campione (3 mila risposte) è molto selezionato.
E allora ci si domanda perché si tradisce?
E per ognuno c'è una risposta diversa».
Il bacio rubato nell'ascensore, l'incontro con l'amico conosciuto su Internet, la fuga nella pausa pranzo.
Bisogno di evadere dallo stress della metropoli?
C'è chi si rilassa passeggiando nel parco, chi stacca dai ritmi concitati tuffandosi in libreria, chi macinando chilometri sul tapis roulant.
E chi, invece, si rifugia in hotel con l'amica/o.
Ci provano gli esperti a trovare motivazioni biologiche (testosterone per lui, picchi di estradiolo per lei), spiegano che l'uomo è un «traditore seriale » mentre la donna «opportunistica ». Aggiungono che le «donne belle sono più propense ad essere infedeli» e che quella che sembrerebbe una affermazione maschilista, in realtà, è confermata da uno studio degli psicologi del Texas.




E avvertono che «tra i tradimenti c'è anche quello che porta in psicoterapia», o allo stalking, la persecuzione dell'altro, a storia finita.

Tendenza deco made in Italy






La mattonella parla italiano!





Terra Grigia di Silvia Giacobazzi per Mutina. Mattonelle di argilla trafilata, nel decoro Brocado elegante e materico. http://www.mutina.it/



Tema e Variazioni” e “Soli e Lune” di Piero Fornasetti per Bardelli.
Mattonelle d’autore a sinistra decoro nero con sfondo platino, a destra il set da 24 pezzi di volti solari e lunari.

Google : se clicchi una volta.. ti cattura per sempre!


Google : l'azienda californiana sforna servizi a getto continuo

Search, ads, apps.

Sta tutta qui la formula magica che ha permesso a Google di assicurarsi in un solo decennio il dominio di internet.
E dell'economia che, bit dopo bit, gravita sul web.

Il che, tradotto, suona più o meno così:
un motore di ricerca (search) capace di far arrivare sul computer di ogni utente i siti richiesti con le parole chiave che ha digitato, e di affiancare ai risultati le inserzioni pubblicitarie (advertising, abbreviato in ads) più affini ai suoi interessi.
Il terzo pilastro sono poi tutte quelle applicazioni (apps, cioè applications), quei programmi, quei servizi che la società di Mountain View, California, sta sfornando a getto continuo per ampliare l'esperienza sul web dei suoi utenti, mantenerli all'intero del suo network pubblicitario e penetrare aree controllate da concorrenti.

Si va dalle email alle mappe, dalla condivisione di video ai programmi di scrittura. In questo senso depone anche Chrome, il nuovo browser internet lanciato lo scorso settembre e destinato a sfidare direttamente il (quasi) onnipresente Explorer di Microsoft.
CELLULARI E TV -

Ma la triade al vertice della compagnia (i fondatori Sergey Brin e Larry Page, con l'amministratore delegato Eric Schmidt) sta già da tempo trasferendo la formula search, ads, apps a tutte le piattaforme disponibili, a cominciare da tv e telecomunicazioni mobili.

Sul primo fronte, Google sta testando il nuovo servizio Tv Ads Online: un «pacchetto» tecnologico collegato a YouTube (la società di video social networking acquisita nel 2006 per 1,65 miliardi di dollari) da distribuire ai broadcaster televisivi per consentire loro la raccolta di pubblicità mirata. Il secondo fronte passa invece attraverso Android, il sistema operativo «aperto» messo a punto per gli smart phone. Il primo terminale, il G1 della taiwanese Htc, arriverà anche sul mercato italiano questa settimana. Ma altri produttori, da Samsung a Lg a Motorola, hanno annunciato anch'essi il lancio di nuovi cellulari basati sul sistema Google. E sul display dei cellulari Android gli utenti si troveranno tutte quelle applicazioni che, come sui computer, oltre che a utilizzare il web per lavoro o intrattenimento servono a convogliare investimenti pubblicitari.

L'obiettivo di Google, ovviamente, è quello di offrire agli inserzionisti la più ampia gamma possibile di piattaforme tecnologiche attraverso cui articolare le loro campagne.

PUBBLICITA' -

Che si tratti di un modello estremamente efficace, ci sono pochi dubbi.
Google ricava dalla pubblicità il 99% di un fatturato che, nell'esercizio 2008, ha raggiunto 21,8 miliardi di dollari, il 31% in più dell'anno prima.

Non a caso due big del settore come Microsoft e Yahoo stanno cercando da anni di emularlo.

Anzi, per stringere i tempi, nel febbraio 2008 Microsoft è arrivata a mettere (inutilmente) sul piatto quasi 45 miliardi di dollari per comprarsi Yahoo, e da allora non ha smesso di premere per arrivare a un'alleanza.

Più difficile è invece capire quale sia il potenziale d crescita del sistema Google basato sulla pubblicità. Un inatteso segnale d'allarme è infatti risuonato l'anno scorso, quando la società di ricerche ComScore ha segnalato un calo del 7% dei «pay clicks», lo schema attraverso il quale Google incassa da un determinato inserzionista una determinata cifra ogni volta che un utente «clicca» sul suo banner pubblicitario. Secondo alcuni analisti, quello era il segno che il modello Google ha toccato l'apice e rischia di cominciare la fase discendente.

SELEZIONE -

In realtà, la flessione è semmai legata a una scelta operata dalla stessa società di Mountain View. La quale, anche per non «affollare» di pubblicità i servizi che offre agli utenti, sta via via selezionando gli inserzionisti, privilegiando quelli che pagano di più.

E non solo. Brin, Page e Schmidt hanno anche cominciato a esplorare il capitolo successivo: non più pagamenti legati al semplice click sul computer, ma all'effettiva vendita dei prodotti e servizi che in quel determinato banner vengono pubblicizzati.

Per verificarne i risultati, però, servirà del tempo.

Dopo l'allarme lanciato da ComScore ci ha infatti pensato la crisi finanziaria mondiale a stravolgere ogni termine di paragone.

La casa ecologica in Catalogna



Nel cuore della Catalogna, il progetto degli H Arquitectes si confonde con la natura


All’inizio sembrava impossibile riuscire a costruire una casa in un appezzamento di terreno ripido, con dei terrazzamenti naturali dall’aspetto precario popolati dalla classica natura aspra e selvatica della Catalogna.

Ci sono riusciti gli H Arquitectes, di stanza a Barcellona, aiutati da un colpo di fortuna: una piattaforma rocciosa naturale cui ancorare l’edificio.

A Vacarisses, un piccolo paese della Spagna del Nord, la House 205 è un volume semplice e elegante, completamente realizzato con il legno.

Le pareti, il soffitto e i pavimenti, ma anche la libreria, la scala e le finiture. Perfettamente integrati alla natura circostante, che non è stata modificata dalla costruzione.

Una filosofia che ha guidato il progetto dalla fase teorica fino alla concreta realizzazione, nel nome dell’impatto zero e con costi relativamente bassi: 200.000 euro il preventivo.
Una costruzione che sembrava impossibile. E diventa modello di eco-sostenibilità
I materiali utilizzati, i metodi e le soluzioni adottate avevano come obiettivo quello di approfittare al massimo dell’unicità del paesaggio, minimizzando le variazioni del terreno e della boscaglia circostante.

Anche la via d’accesso, che è stata l’unica variante inevitabile e attraversa in obliquo il terreno, ha superato brillantemente i test di verifica della sostenibilità ambientale.

Gli alberi e i cespugli che circondano la casa sono il panorama unico su cui si affacciano le grandi finestre.


Gli spazi sono ampi, lineari e funzionali, per permettere il massimo comfort a una coppia con bambini. Sui due piani, collegati da una semplice scala in legno, le stanze si susseguono linearmente, e le zone vengono modificate con pannelli scorrevoli. Ambienti armoniosi e versatili, in perfetto equilibrio con la natura circostante.

Un risultato finale funzionale, concreto: un volume di legno appoggiato su una solida roccia e circondato dal paesaggio originale, senza alcun impatto visivo o disordine ecologico.

Senza contare la caratteristica bio per eccellenza del legno, che è un materiale rinnovabile e può essere smantellato e riciclato senza nessuno sforzo.

domenica 29 marzo 2009

Scarlett Johnasson testimonial di Moët & Chandon

























Scarlett Johansson, negli inediti scatti della campagna pubblicitaria pubblicitaria Moët & Chandon scattata dalla coppia di fotografi Mert Alas e Marcus Piggott.
Non poteva che chiamarsi Tribute to Cinema il grande evento che ha svelato alla stampa la nuova musa di Moët & Chandon: Scarlett Johansson, prima star di Hollywood a essere scelta come testimonial di una maison di champagne.
Dal red carpet agli ospiti internazionali, tutto nella serata era rigorosamente ispirato al grande schermo, proprio come gli autografi fatti da ogni personaggio a una bottiglia di pregiatissimo Nabuchandnezzar, che sarà messa all’asta per supportare la charity scelta da Scarlett: l’organizzazione Oxfam, impegnata nella lotta contro i cambiamenti climatici.
Da aprile, inoltre, Moët & Chandon lancerà una campagna pubblicitaria scattata dalla celebre coppia di fotografi Mert Alas e Marcus Piggott con protagonista, ça va sans dire, una Scarlett splendente e ultrachic. Ecco un’anteprima di questi scatti d’autore, per un fascino davvero… frizzante!

La biografia ufficiale di Michelle Obama


Michelle Obama. First Lady della speranza
Elizabeth Lightfoot
Casa editrice: Ed. Nutrimenti
Anno 2009 -
300 pp. - 18,00 euro
Genere: Biografia

Dopo aver conosciuto Mr Obama attraverso le innumerevoli biografie – autorizzate e non – pubblicate dal giorno della sua candidatura a Presidente degli Stati Uniti a oggi, è finalmente arrivato nelle librerie italiane l’ufficialissimo ritratto dell’altra prestigiosa inquilina della Casa Bianca: Michelle Obama.
Salita alla ribalta con il marito in poco più di due anni, la prima first lady afroamericana sembra confermare l’abusato detto “dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna”.
Una donna che, in questo caso, si è raccontata in tutte le sue sfaccettature e senza filtri alla giornalista americana Elisabeth Lightfoot, cronista dell’autorevole Associated Press.
Un’opera documentata e completa, questa, che racconta la vita di Mrs Obama in un viaggio attraverso i ricordi: dall’infanzia proletaria nella famigerata South Side di Chicago agli studi di legge a Princeton e Harvard, passando per l’incontro con Barack e la costruzione di un amore e una famiglia insieme, fino al successo ottenuto alle recenti elezioni. Michelle si confronta con il suo personale American Dream con serietà e ironia, alternando affermazioni maliziosamente irriverenti – alla domanda «Qual è l’accessorio moda che più le dona?» lei ha risposto (in pendant con una nota canzone di Bryan Adams): «L’unica cosa che mi sta bene addosso è Obama » – a ragionamenti sulle questioni che più le stanno a cuore, come la volontà di conciliare il ruolo di madre e moglie con quello di “asso nella manica” di Barack.
Ne emerge una figura forte e determinata, che non è disposta a rinunciare alla propria femminilità: dietro le mise eleganti che l’hanno già trasformata in icona di stile, Michelle porta ben stretti alla vita i pantaloni, tanto che perfino il presidenziale consorte l’ha soprannominata The Boss. E se lo dice lui...

venerdì 27 marzo 2009

Van Gogh a NY e Matisse a Milano




NEW YORK : Van Gogh
La notte ha sempre rappresentato un soggetto intrigante per Van Gogh che ha voluto ritrarla in molti suoi dipinti.
24 bellissime pitture in mostra, per capire come l'artista ha colto gli aspetti più difficili dell’oscurità.
Van Gogh and the Colors of the Night 21 Settembre 2008 - 5 Gennaio 2009
The Museum of Modern Art11 West 53 Street, New York

MILANO : Magritte
Cento dipinti, oltre a gouaches, collage e sculture provenienti dal Musée des Beaux Artes di Bruxelles, raccontano l’approccio di René Magritte al tema della Natura.
Magritte.
Il mistero della natura 21 novembre 2008 - 29 marzo 2009
Palazzo Reale
Piazza Del Duomo 12, Milano

Hussein Chalayan a Londra




From fashion and back: Hussein Chalayan in UK

Dal 22 gennaio al 17 maggio 09 lo stilista di origini turco-cipriote, famoso per le sue ardite contaminazioni tra moda e alta tecnologia (e da un anno direttore creativo di Puma), viene celebrato per la prima voltanel Regno Unito.
Con una grande retrospettiva al Design Museum di Londra.
Hussein Chalayan, designer, filosofo e architetto
A Londra, una mostra rende il dovuto omaggio al grande stilistasfuggito ai dogmi del fashion-business
38 anni, nato a Nicosia, Cipro, ma trasferitosi in Inghilterra da bambino, Hussein Chalayan non ama essere etichettato. Che è un affermato designer di moda si può dire, e anche forte. "Miglior designer inglese dell'anno" per ben due volte consecutive (1999 e 2000), nel 2006 ha vinto un MBE per il servizio reso all'industria della moda.
Ma non chiamatelo "outsider". E dimenticatevi dell'appellativo "concettuale".
Nonostante le sue creazioni siano strettamente legate a tematiche politiche e sociali (tanto che è anche autore di cortometraggi come Absent Presence, con Tilda Swinton, con cui ha rappresentato la Turchia alla 51esima Biennale di Venezia), Chalayan infatti non si definisce né "profondo" né "artistico".
Ha semplicemente un cervello che usa, molto bene, per creare idee.
Che si indossano.
Bisogna ricordarselo, visitando la prima mostra che l'Inghilterra gli dedica. Perché il tavolo/gonna di legno che ha presentato nel 2000 (dalla serie Afterwords) è uno spettacolo, così come Airborne che applica ai tessuti la tecnologia d'avanguardia di 15.000 luci LED combinate a cristalli Swarovsky e il vestito "Readings" che proietta con 200 luci laser semoventi il sogno-realtà di una moda fantascienza.
Ma il direttore artistico di Puma (dal Gennaio 2008) è capace anche di capi basic (che proprio basic non sono mai) e di deliziosi abiti da cocktail nero pece di una semplicità rara e personalissima, così difficile da trovare in altri stilisti che un modello è stato indossato pochi mesi fa da Jennifer Connelly al Late Show with David Letterman.
Con circa 35 vestiti il Design Museum di Londra offre uno spaccato del mondo di Chalayan che è molto più di una sfilata di moda.
È fatto di architettura, design, filosofia, antropologia, scienza e tecnologia e ha come cardine uno studio quasi maniacale del corpo femminile e un utilizzo magistrale dei materiali e delle forme con cui Hussein sperimenta.
Hussein ChalayanFrom fashion and back
Fino al 17 Maggio 2009
Design Museum Shad Thames, London SE1 2YD
From fashion and back 22 gennaio - 17 maggio 2009 Design MuseumLondra

L'expo TAG au Grand Palais


L'Art de rue au musée : les backstage de l'exposition TAG
L’exposition T.A.G. au Grand Palais sacre jusqu’au 26 avril 2009 les Graffs et les Tags.

L’occasion de revoir quelques clichés en présence de leurs artistes.
La vocation de tagueur nait vers onze, treize ans, d’un besoin égocentrique d’expression, une nécessité d’exister, de parler.

Leur vie du début n’est guère différente de celle des autres artistes.

Il faut d’abord connaître les codes, les légendes, les courants, l’histoire en un mot.

Le parcours ensuite dépend de chacun. « Si t’as de bonnes statistiques, tu continues » : le tagueur joue au chat et la souris avec les représentants de l’ordre.
Hors la loi, ils le sont la plupart du temps. Certes ! « Tout comme celui qui roule sur l’autoroute plus vite que les autres ! »

Mais ce sont aussi les conditions qui veulent ça. On fait des terrains de basket, on ne dresse pas de murs à taguer.

Les sanctions augmentent pour les récidivistes. De fait, certains abandonnent.
A contrario, d’autres deviennent des légendes. Une légende « c’est le mec qui te tue. A chaque fois, tu vas à gauche, à droite, tu vois son nom ». Une légende se place aux bons endroits, sur des surfaces inédites, sans compter le talent artistique véritable qui justifie cette consécration au sein d’un grand musée.

A ce sujet, lorsqu’une blogueuse, Chloé, présente au vernissage, se demande si une exposition sur l’art des rues ne va pas à l’encontre des principes mêmes du tagueur, la réponse est simple : « tout ça fait partie des arts picturaux qu’on le veuille ou non, mais c’est vrai, c’est une commande».

La logique de création n’a pas été la même. Ils se sont retrouvés devant des toiles blanches à remplir, alors que leurs travaux habituels obéissent à une logique : « on repère les lieux. On part en mission ».

Mais le résultat n’entre pas dans une galerie. Il faudrait pouvoir décrocher des pans de mur de deux mètres sur quatre pour s’offrir son graff.
Aujourd’hui, les conditions d’exposition étant uniques et inhabituelles, les tagueurs veulent se montrer critiques sur T.A.G : « la bande sonore est faible » fait remarquer l’un d’entre eux. « Dans la vie, le bruit des bombes de peinture, c’est quelque chose… ».

Un jugement d’esthète, voire nostalgique, qui révèle une sagesse acquise avec l’âge. En effet, certains atteignent ici « the fame », la célébrité, parce qu’on parle de leur travail comme d’une extension d’eux-mêmes.

Après avoir été, pour certains convoités par les marques de streetware, ils sont au Grand Palais : « l’establishment de la reconnaissance de l’art » précise Dize. On pourra toujours se demander si ceux qui débutent aujourd’hui seront des légendes demain, en peignant sur des murs alloués par la mairie.

mercoledì 25 marzo 2009

http://la-presse-people.blogspot.com

Chaussures de rêves







Cet été, les souliers ne sont pas prêts de passer inaperçus !




Au programme, cambrures de rêve, formes délirantes et détails bijoux.
De véritables œuvres d’art qu’on ne se lasse pas de contempler… et de porter

Sandale en satin et perles nacre
Gianvito Rossi
750 €
Sandale à talon en satin rose et cuir mauve bijoux fleur en email et strass lanière cheville façon ballerines
Diego Dolcini
950 €

Sandale noire lézard, talon en mousseline de soie
Victor & Rolf
563 €

Isabelle Adjani dans "la journée de la jupe"




Photo d'une scène du film
Photo de l'affiche du film

La journée de la jupe", qui sort mercredi en salles, raconte à la manière d'une grande tragédie classique comment une professeur de collège prend un jour en otage ses élèves.

Sur un thème souvent exploré -- la violence ordinaire à laquelle sont confrontés quotidiennement les enseignants de banlieues --, le réalisateur Jean-Paul Lilienfeld a bâti un scénario d'une remarquable intensité, servi notamment par deux acteurs au mieux de leur talent, Isabelle Adjani et Denis Podalydès.

Unité de temps, unité de lieu, unité d'action. L'histoire se concentre dans la confrontation d'un professeur de français, Sonia Bergerac (Isabelle Adjani) et ses élèves, enfermés pour un huis-clos dramatique dans une salle de spectacle, au sous-sol d'un collège.

Un peu malgré elle, Sonia Bergerac, poussée à bout par l'insolence et le mépris de ses élèves, les prend en otages, revolver au poing. A l'extérieur, les forces spéciales de la police ont pris position et tentent de résoudre le problème, sans effusion de sang.

Isabelle Adjani épouse ici à la perfection le rôle d'une enseignante surmenée, déprimée par la départ de son mari, en révolte contre des adolescents qu'elle aime pourtant profondément et dont elle comprend les angoisses.

"Le plus important était de faire exister l'authenticité des relations entre ce prof et ses élèves. C'était capital pour la crédibilité du film, pour la justesse du ton", déclare-t-elle.

On savourera la scène étonnante où elle braque son revolver sur la tête d'un jeune beur arrogant pour lui extorquer...le vrai nom de Molière, Jean-Baptiste Poquelin.

En contrepoint d'Isabelle Adjani, Denis Podalydès campe avec talent le chef des forces spéciales, lui aussi en proie au doute, soucieux d'éviter un assaut périlleux et plein de compassion pour la preneuse d'otage.

Jean-Paul Lilienfeld évoque avec subtilité le malaise des banlieues, qu'il s'agisse de l'intégration - plusieurs élèves et Sonia Bergerac elle-même sont d'origine arabe - ou de la condition de la femme.

Invitée par la police à formuler ses exigences de preneuse d'otages, Sonia Bergerac réclame une "journée nationale de la jupe", pendant laquelle toutes les femmes pourront porter une jupe sans se faire traiter de "pute".

Conclusion inexorable de cette impitoyable démonstration, le film s'achève dramatiquement par la mort de l'enseignante et de l'un des élèves.

Dans le rôle des élèves pris en otage, une poignée de jeunes comédiens donnent la réplique à Isabelle Adjani.
Ils déploient dans "La journée de la jupe" une verve comparable à celle qui a assuré le succès du film "Entre les murs".