domenica 10 gennaio 2010

6 consigli sullo shopping

Da leggere e meditare prima di partire per i saldi ....
1
Non comprare insaziabilmente di tutto. «Lo shopping - spiega Guerreschi - rappresenta per la maggior parte delle persone un modo per coccolarsi, regalarsi un momento di gratificazione, alleviare le tensioni e placare le frustrazioni. Ci sono dei criteri che permettono di distinguere quando assume caratteristiche patologiche».
2
Scopri se sei una shop-a-holics. Ti riconosci in queste caratteristiche: hai la frequente preoccupazione o impulso a comprare; compri frequentemente al di sopra delle tue possibilità, spesso oggetti inutili (o di cui non ne hai bisogno), per un periodo di tempo più lungo di quello stabilito; la preoccupazione, l'impulso o l'atto del comprare ti causano stress, interferiscono significativamente con il lavoro, determinano problemi finanziari.
3
Sei una donna tra i 20 e i 40 anni. «Il 90% delle persone affette da shopping compulsivo è di sesso femminile, ma il fenomeno è in netta crescita anche tra gli uomini. Tutti gli studi riferiscono che lo shopping compulsivo si manifesta soprattutto nelle donne di giovane età, tra i 30 e i 40 anni, ma si stima che l'inizio del disordine avvenga intorno ai 20. Se tale disturbo viene trascurato o sottovalutato a quest'età, si trasforma in disturbo cronico» riflette lo psicologo.
4
Attenta alla molla che fa scattare la frenesia all'acquisto. «La compulsione spinge il soggetto a protrarre il comportamento d'acquisto incontrollato e lo porta a sperimentare sentimenti di colpa, vergogna, umiliazione, causando spesso problemi lavorativi, familiari, legali o finanziari, a volte anche di salute» dice Guerreschi.
5
Sei una maniaca dell'affare? «Esiste - spiega lo psicologo - una categoria di shopper cosiddetta maniaci dell'affare, ossia persone che amano comperare di tutto purché a un prezzo vantaggioso. Se la persona è consapevole di avere una difficoltà può decidere di farsi accompagnare durante i saldi da qualcuno che conosce il problema oppure di farsi tutorare economicamente, in modo da essere monitorata».
6
Fatti curare! «Bisogna diventare consapevoli - conclude l'esperto - di essere portatori di una patologia grave, trovare un centro dove poter fare un programma riabilitativo .

Anche nelle scuole sarebbe molto utile insegnare che l'acquisto dev'essere mirato, che possa giovare alla persona stessa e che non venga utilizzato come metodo per alleviare le frustrazioni».

martedì 5 gennaio 2010

Il mondo magico della stilista coreana Jong Hee Lee











D'all’Asia fino a Parigi.
Passando per Milano e Londra.

Nella valigia, i ricordi dell’infanzia: i fiori del giardino nella sua casa in Corea del Sud e i grandi mercati di stoffe orientali.

Colori e stampe che si mischiano e rivivono nel segno del design contemporaneo europeo.
È la storia di Jong Hee Lee, giovane talento del textile design scoperto da AT CASA.

In anteprima ecco la sua collezione di tessuti, in vendita con il marchio “Mossi” in negozi come Designers Guild a Londra (http://www.designersguild.com/) e ABC Home Furnishings a New York (http://www.abchome.com/), oltre che in una serie di piccole boutique sparse in giro per il mondo.
Di passaggio a Milano una breve intervista a Jong Hee Lee é di rigore..

Come è nata la tua passione per i tessuti? Come hai iniziato a lavorare nel textile design?
Dopo aver studiato Moda all'università in Corea, ho scelto l’Italia per approfondire gli studi e integrare le conoscenze acquisite con l'approccio europeo.
A Milano, ho studiato prima all'Istituto Marangoni e poi alla Domus Academy, dove ho conosciuto Nancy Martin, che mi ha insegnato quanto ci si può divertire lavorando con i tessuti. Dopo il conseguimento del diploma, ho fatto diverse esperienze di lavoro. Continuavo a concentrarmi sui tessuti, cercando di coglierne le potenzialità creative secondo la mia sensibilità. Nel dicembre 1998 a Milano ho fatto la mia prima mostra dove ho proposto dei lavori che univano tessuti coreani e design contemporaneo e in seguito ho iniziato a dare forma alla mia collezione personale, che da settembre 2000 presento con il marchio “Mossi” a Parigi, alla fiera Maison &
Dove trovi l’ispirazione?
I ricordi della mia infanzia e le esperienze dei miei viaggi sono le mie fonti di ispirazione.
Fino all’età di 10 anni ho vissuto in una piccola isola della Corea, in una casa circondata da un bellissimo giardino pieno di fiori colorati.
Era splendido, soprattutto nelle giornate di sole, quando il colore dei fiori risultava quasi magico e si creava un'atmosfera mistica.
Nell'isola poi c'era un tempio buddista molto particolare e con tanti colori, dove andavo a passeggiare con mia madre.
Queste immagini e sensazioni colorate sono sempre rimaste dentro di me.
Quando ho lasciato l’isola, la dolce nostalgia che accompagnava i miei ricordi è stata arricchita dalla mia lunga permanenza in Italia.
Ora nelle mie creazioni cerco di trasmettere quei colori limpidi, i petali dei fiori meravigliosi, l'aria fresca, il vento e il sole.
Così, nei miei lavori con i tessuti rivivono le sensazioni della mia infanzia unite alle esperienze fatte nei miei viaggi.
Che tipo di materiali usi?
"Mossi" in coreano significa il tessuto di “ramie”: una fibra vegetale simile al lino, dai colori sobri e naturali.
Nel mio lavoro utilizzo, da una parte, i tessuti tradizionali coreani: seta pura, raso, jacquard e ramie.
Sono tessuti dai colori sgargianti, ricamati e dipinti a mano, che riflettono la tradizione policromatica del decoro coreano e sono arricchiti da segni di buon auspicio.
In Corea vengono ormai usati in occasioni importanti, come il matrimonio o il teatro classico. Dall’altra, uso stoffe delicate, fragili, eteree che si sposano meglio con la mia sensibilità e preferisco materiali come la lana morbida e la seta pura. Inoltre, mi ha arricchito molto lo studio dei tessuti italiani.
Il lungo soggiorno a Milano è stato per me l'occasione di apprezzare i tessuti della tradizione coreana, trasformandoli nelle forme del design contemporaneo, e di imparare a creare un'unione armonica tra materiali e stili diversi.
Così cerco uno stile, unico e intenso. Il mio stile.


Simpaticissima e ultra design la nuova cuccia per il cane !


Magis Dog House di Michael Young.


La cuccia completa di scaletta va riempita di acqua o di sabbia, è realizzata in due varianti colore, bianco o arancio, ed è disponibile con una targa in ottone e una scritta standard in latino “Amicus fidelis protectio fortis” oppure con una targa personalizzata con scritto “ If you want to speak with me my name is…” segue il nome cane.


Il progetto Mendini e Pesce per Lovere


Il Centro Civico Culturale di Lovere (Bergamo) ha una superficie di circa 1.000 metri quadrati. L’organismo è su due piani e ha due ingressi.


Il principale si apre sulla piazza del porto turistico, l’altro sulla strada posteriore, più alta. Dalla lunga vetrata al piano terreno si accede alla vasta piazza e al lago.

Dalla balconata del primo piano si vedono il lago e gli alberi delle barche a vela, stando seduti sui cinque enormi, coloratissimi divani di Gaetano Pesce.

Uno ha la forma dell’acciaieria che da più di 150 anni è simbolo della Lovere industriale; uno ricorda l’Accademia Tadini, dai primi dell’800 simbolo della Lovere culturale; gli altri tre rappresentano la natura del luogo, le onde, le montagne che si specchiano nelle acque, e l’aurora, simbolo di speranza.

Il pavimento è altrettanto colorato e inaspettato: una sequenza di stilemi e forme dritte, tonde, sinuose, spigolose che si combinano gli uni nelle altre, formando figure ogni volta diverse.

La sala dedicata ai bambini ha le librerie senza foto di spigoli, e i piani d’appoggio di vari colori; tavoloni e tavolini di legno massiccio giocano con seggioline, piccole Panton di Vitra; vi è anche una zona morbida per i salti e le capriole.

Lungo i due scaloni che salgono al primo piano sono collocate le vetrine in legno di pero che custodiscono il Fondo Marinoni, preziosa collezione di libri antichi, finora chiusa in angusti scaffali, che può ora essere vista in tutta la sua qualità ed essere consultata facilmente.


Un’altra zona di divani colorati è a piano terra, accanto al bancone circolare della reception con piedoni di gomma, così come i totem delle postazioni Internet e le sedie per gli adulti.

I tavoli per leggere e studiare (con i collegamenti multimediali predisposti) hanno come piano di lavoro la riproduzione ingrandita di una rara serie di documenti della storia di Lovere, che viene dal monastero delle Clarisse (sono gli esercizi di calligrafia delle ragazze che, nell’800, frequentavano l’educandato interno al monastero).

La sala-studio, intitolata alla memoria del sindaco Vasco Vasconi, è insonorizzata, così come protetto è il laboratorio attrezzato per ospitare corsi, conferenze, concerti, proiezioni.

E poi ci sono varie migliaia di libri, divisi per sezioni, descritte per titoloni a grandi lettere sul fianco di ciascuno scaffale.

Il lavoro di progettazione ha coniugato continuamente forme e colori tipici della contemporaneità, con riferimenti e segnali importanti della storia locale.
Link correlati:http://www.ateliermendini.it/

lunedì 28 dicembre 2009

Les Lazareff, un livre de Sophie Delassein

La grande qualité du livre de Sophie Delassein est de montrer ces deux icônes du journalisme grandeur nature.

Débarrassés de leurs habits de mythe, Pierre et Hélène deviennent juste un homme et une femme, sans le chabada-bada : lui, costume flottant, jambes courtes, grosses lunettes, « un grand petit homme », résumait Pierre Daninos ; elle, minuscule, irrésistible et insupportable, « un oiseau d’acier », disait Françoise Giroud.

Ambitions, passions, fréquentations…
Ces deux-là sont entrés vivants dans la légende.

En 1935, une jeune et jolie reporter diplômée d’ethnologie entre dans le bureau du patron de « Paris-Soir » pour ne plus jamais ressortir de sa vie.
Quatre ans plus tard, ils se marient, robe Schiaparelli pour elle et invités de choc, Kessel, Cocteau, Colette et le gratin du journalisme.
L’exil à New York pendant la guerre plonge Pierre dans la dépression – trop d’énergie inemployée – et donne des ailes, et bientôt un ELLE… à Hélène, qui travaille pour les rédactions américaines les plus prestigieuses.
Elle observe, apprend, absorbe tout ce qu’elle voit, une gestation qui donnera naissance au journal ELLE le 21 novembre 1945, à Paris :
« Le sérieux dans la frivolité, l’ironie dans le grave », tout l’ADN du journal est déjà là.

Si, dans le travail, ils sont unis par la même volonté d’entreprendre, dans la vie privée, c’est une autre histoire, ou plutôt plein d’histoires…
Même si elle dira toujours que Pierre est le grand amour de sa vie, Hélène est une femme à hommes.
Meurtri, Pierre multiplie les conquêtes. Femmes, amants, maîtresses se mélangent, le dimanche, dans leur maison de Louveciennes, au milieu du Tout-People d’alors, de Bardot à Sagan en passant par Pompidou.
Dommage que le livre manque un peu d’allant, Sophie Delassein s’égarant parfois dans trop de portraits inutiles, trop d’événements historiques, lâchant la bride à son récit.
Qu’importe, forte de nombreux témoignages, elle sait en revanche très finement éclairer deux êtres complexes aux intuitions de génie et aux petites bassesses de tout le monde… Humains, très humains, donc passionnants.
«ELLE comme Hélène ont une allure d’avance sur les Françaises.
En même temps qu’il accompagne leurs combats, ELLE fait la part belle à la mode.
Pour la couverture, Hélène veut des photos couleur à une époque où l’on ne trouve guère que des croquis.
Elle file aux Etats-Unis où elle fait photographier des modèles américaines coiffées et habillées à la française. De quoi tenir six mois ! Hélène triomphe, même Mme de Gaulle lit ELLE ! Pendant ce temps-là, Pierre prend le pouvoir à « France-Soir » dont il fait le premier quotidien français.
Les Dimanches de Louveciennes-chez Hélène et Pierre Lazareff de Sophie Delassein.
Grasset, 338 pages

venerdì 25 dicembre 2009

a Parigi una retrospettiva per celebrare Yves St Laurent !


Yves Saint Laurent è stato una pietra miliare nella storia dell’alta moda francese.

Ha segnato l’Haute Couture indelebilmente, con il suo smoking da donna, il tailleur per la ‘femme d’affaires’.
Ha creato scandalo con i suoi profumi dal nome provocatorio ‘Opium’ e posando nudo per ‘Homme’.

È stato maestro di stile sin dal suo ingresso nel mondo della moda nel 1957, quando entrò a soli 21 anni nella maison Dior, e di li a poco creò la sua prima indimenticabile collezione: Trapezio.
Il grande maestro, scomparso all’età di 71 anni nella sua casa parigina nel giugno 2008, rivivrà in una grande retrospettiva a lui dedicata.

Il Petit Palais – Museo delle Belle Arti di Parigi ospiterà, dall’11 febbraio al 20 agosto 2010, oltre 300 modelli, disegni, oggetti, fotografie del grande stilista. Per omaggiare ancora una volta l’enfant prodige della moda francese.

La stanza del cioccolato per passare una domenica di lusso e di golosità !







Il brunch della domenica al lussuoso hotel di Milano, nella Stanza del Cioccolato all'hotel Four Season
Il brunch del Four Season – il celebre hotel di lusso della zona Montenapoleone, a Milano – si è da poco avvalso di un nuovo spazio dessert: la Stanza del Cioccolato.


Il brunch in questione è considerato da personaggi come Valerio M. Visentin, critico enogastronomico del Corriere della Sera, il migliore e il più caro della città...Circa 70€ !
La Stanza del Cioccolato è senza dubbio un vero gioiello per i sensi!
Ogni domenica, la stanza annessa al ristorante si trasforma in una giungla di cioccolato, con pareti decorate con diverse sfumature, intrichi tridimensionali di fogliame e animali tropicali, uno stordimento di forme e profumi, tutto realizzato in cioccolato.

In questo spazio profumato, si offrono ai nostri sensi torte, dolcetti, tavolette, creme, biscotti e mousse.
Sono disponibili circa venti proposte di cioccolato, tutte realizzate dai pasticceri dell’hotel. Consigliabili: una scaglia di cioccolato al fior di sale, un’altra al cioccolato fondente 90 per cento, un bicchierino di mousse al cioccolato e rum, un mini bonet, un assaggio di Sacher.
Il Four Season di Milano é un lussuoso albergo situato nel cuore della città.
L’esclusiva Via del Gesù si trova, infatti, tra le principali strade dell’alta moda milanese, Via Montenapoleone e Via della Spiga.

Varcato l’ingresso dell’albergo si scopre una splendida corte, con chiostro e giardino interno, testimonianza dell’antico convento del XV secolo che sorgeva in questo luogo.

Affreschi rinascimentali e preziose decorazioni sono presenti nella lobby e in una suite.
Il Four Season è una raffinata sintesi tra design contemporaneo e tradizionale eleganza italiana.
Camere e suite accoglienti e funzionali, da apprezzare nei dettagli.
Pavimenti in parquet, set di cortesia Acqua di Parma, lampade in vetro di Murano, oltre a standard tecnologici all’avanguardia.
Oltre la metà delle camere gode di vista sulla corte interna.Gli ospiti dell’Hotel Four Seasons potranno gustare, in qualsiasi ora del giorno, i deliziosi piatti del Ristorante “La Veranda”. Apprezzato per la sua superba cucina mediterranea, il Ristorante “Il Teatro” è considerato uno dei migliori ristoranti di Milano.

Il luogo dove lasciarsi tentare dalle creazioni del talentuoso chef Sergio Mei. “Il Foyer” è invece il lounge bar dove gli ospiti amano intrattenersi in un’atmosfera di assoluto relax, stuzzichini, antipasti, aperitivi e dessert.
Il Foyer, situato nella lobby, in origine era la chiesa dell’antico convento.

Gli spazi sono decorati con una collezione di schizzi dell’artista Filippo Peroni, eseguiti per il Teatro La Scala.
Presso i ristoranti del Four Seasons vengono serviti anche menu per bambini e altri servizi per i piccoli ospiti dell’albergo.Trattamenti di bellezza e massaggi vengono offerti direttamente in camera.
L’hotel Four Seasons offre infatti massaggi, manicure, pedicure.
Al pian terreno c’è anche l’attrezzata palestra con area fitness.

Mentre per gli ospiti più esigenti nelle vicinanze dell’albergo si trovano il Caroli Health Club e la Spa GF Ferrè. (http://www.historytraveller.com/)

domenica 20 dicembre 2009

Un espion chez Boucheron


Deux cents livres de commandes remisés au placard, 150 lettres de clients dissimulées dans un coffre, des carnets de notes en pagaille, oubliés dans une armoire…

Quand, il y a deux ans, Vincent Meylan met la main dessus, il sent la bonne aubaine.

Jusqu’alors nul ne s’était réellement penché sur les archives de la maison Boucheron, dispersées ici et là.

Son flair de journaliste – en plus d’être un expert ès joailleries, il est responsable des pages histoire et royauté au magazine « Point de vue » – ne l’a donc pas trahi : il tient là un petit scoop. Jusqu’à ce que le destin lui rende son intérêt d’enquêteur au centuple avec la découverte d’un recueil inouï, le « Livre de pierres », un document fabuleux « qui recense toutes les pierres importantes ayant franchi le seuil du 26, place Vendôme, depuis le début du XXe siècle.

Diamants blancs et diamants de couleur, émeraudes, saphirs, rubis et perles, répertoriés suivant leur poids, leur prix et surtout l’identité de leurs vendeurs et de leurs acheteurs », décrit Vincent Meylan en guise d’introduction à son ouvrage.

Un récit plein d’éclat où l’on croise le tsar Nicolas II, Sarah Bernhardt, Rita Hayworth, Françoise Sagan…

Où l’on se passionne pour les histoires d’amour, d’argent, de sexe, de crime. Comme dans un roman.
« Archives secrètes Boucheron », par Vincent Meylan. Éditions Télémaque, 450 p., 26 €. 
 http://www.editionstelemaque.com/site2/f/index.php

Yayoi Kusama al Pac di Milano

Milano rende omaggio all'artista giapponese Yayoi Kusama.
Dal 28 novembre al 14 febbraio 2010 il Pac di Milano celebra Yayoi Kusama con la mostra ”Yayoi Kusama: I want to live forever”.
A cura del direttore del National Museum of Art di Osaka Akira Tatehata, l’esposizione raccoglie una serie di opere tra dipinti, sculture e installazioni di una tra le più grandi protaogniste dell’arte contemporanea giapponese.

Pezzo forte dell’esposizione, organizzata dal Comune di Milano e 24 Ore Motta Cultura in collaborazione con Gagosian Gallery, l’installazione-scultura “Narcissus Garden” che, presentata alla Biennale di Venezia nel 1966, arriva nel capoluogo lombardo per la prima volta.
Una mostra sconcertante e insieme sorprendete.
Merita una nota particolare lo spettacolare dipinto a cinque pannelli I Want to Live Forever (2008), come anche le grandi tele monocromatiche degli Infinity Net.
Orari

Lunedì 14.30-19.30 / da martedì a domenica 9.30-19.30 / giovedì 9.30-22.30

Modelle Over Size contro l'anoressia


Sei modelle Plus-Size sono state le protagoniste di una campagna sociale, unite contro i disturbi alimentari più conosciuti: anoressia e bulimia.
Elisa D’Ospina, Mjriam Bon, Marina Ferrari, Aija Barzdina, Valentina Fogliani (nella foto) ed Eleonora Finazzer, testimonial di importanti griffes di moda sono state immortalate dal fotografo Luca Patrone.

In questi scatti possiamo ammirare la bellezza della donna con le sue curve e con qualche chilo in più come risposta a quei modelli sempre più restrittivi che la moda continua ad imporre.“ Insieme si può fare!” è stato lo slogan con il quale le modelle hanno voluto ribadire il proprio impegno in prima persona nella lotta contro le sofferenze legate al cibo: proliferano infatti su web centinaia di blog e portali pro-anoressia e pro-bulimia dove le utenti si scambiano suggerimenti su come perdere peso con tecniche pericolose e discutibili.
Con la loro bellezza, le sei modelle dimostrano che le curve possono essere vissute ed esibite con naturalezza ed eleganza.

Perché “Curvy Can!”
Un messaggio che incita l’autostima e l’amor proprio..
Le modelle supermagre che si vedono in tv non sono certo la causa delle scelte di molte adolescenti; semmai sono il cerino che infiamma una benzina ormai versata.
La loro autostima era basata unicamente sul risultato e per questo erano pronte a rischiare tutto.

La modella Isabelle Caro, usata e – a suo dire – abbandonata, da Oliviero Toscani per la campagna contro l’anoressia, ha posato per delle sconvolgenti foto che la ritraevano nuda pelle ed ossa; in un’intervista Isabelle racconta di aver smesso di mangiare a 12 anni perchè la madre, malata di depressione, non voleva che lei crescesse, che diventasse adulta.
Queste testimonianze dovrebbero farci riflettere.

Alcune informazioni utili:
Nell’ultima fase della malattia il calo ponderale è notevole (la riduzione è almeno del 15-20% del peso ottimale) e la mente comincia a mostrare segni di cedimento, con il calo della concentrazione, la perdita di memoria e di capacità di giudizio critico e disturbi frequenti del sonno.
Nel 15-20% dei casi di anoressia si arriva alla morte del paziente.
Esistono oggi centri specializzati per la cura dell’anoressia, ma il primo passo della terapia consiste nella presa di coscienza del problema da parte del paziente e di chi gli vive vicino. Nonostante la complessità della malattia, se affrontata da medici esperti e con la collaborazione del malato e dei suoi cari, la guarigione può essere totale fino al ritorno a una qualità di vita normale.

venerdì 18 dicembre 2009

Apre la nuova Bocconi Gallery ovvero quando l'Università diventa museo..


L’università invita i milanesi a scoprire la «sua» collezione d'arte: 69 opere di 33 artisti internazionali
Ateneo o museo?
Il complesso dell’Università Bocconi è di per sé un’antologia di archi­tettura del 900: Pagano, Muzio, Ceret­ti, Gardella, fino all’ultimo edificio dello studio irlandese Grafton, inau­gurato nel 2008.
Ma da qualche anno il dialogo con l’estetica avviene an­che attraverso l’arte contemporanea: la Bocconi ha instaurato un rapporto con artisti, esperti e collezionisti (tra cui Giuseppe Panza di Biumo e la gal­leria Fumagalli di Bergamo) che le hanno concesso in comodato d’uso pezzi di prestigio. Primo esempio la Fondazione di Arnaldo Pomodoro, rappresentato con tre «Papiri» in bronzo e una «Colonna».

L’anno scorso è stato costituito il comitato «Arte per la Bocconi»: presieduto da Severino Salvemini, direttore del cor­so bocconiano di management per l’arte, la cultura e la comunicazione, ha il compito di selezionare le opere.
Oggi il patrimonio della facoltà conta 68 opere di 32 artisti interna­zionali — Costantini, Fermariello, Graham, Griffa, LeWitt, Kounellis, Simpson, Sims e molti altri — ed è arrivato il momento di farlo sapere all’intera città: domani con un inedi­to happening creativo si inaugura «Bag», Bocconi Art Gallery.
L’evento è aperto a tutti, con bar-happy hour nel foyer: per visite libere l’ingresso è in via Roentgen 1, se invece si vo­gliono seguire i percorsi guidati da Aim l’appuntamento è in via Sarfatti 25. In più, tra le 18.30 e le 20 incon­tro diretto con alcuni degli artisti in mostra, come Pomodoro, Christiane Beer, Arthur Duff, Giuseppe Spagnu­lo, Mauro Staccioli.
Alle 21 gran fina­le in concerto nell’aula magna: per i 60 anni di Furcht alle 21 si esibisce la Civica Jazz Band diretta da Enrico In­tra, guest star Enrico Rava.
INFORMAZIONI: Mercoledì 16 dicembre, via Roentgen 1, ore 18-23, visite guidate ogni 15 minuti tra le 18 e le 20 in via Sarfatti 25

Un joli texte sur "Nuances mémorielles du totalitarisme"


En consultant un site (www.lesouffleur.net) j'ai remarqué un excellent texte écrit par une redactrice du site, Maeva Rinkel..

Encore sous le charme de cette plume, le voilà !

"Vie et Destin de Vassili Grossman est un roman fleuve et polyphonique dont l’ambition affichée était d’être le guerre et paix du XXème siècle.
Le fil rouge de l’histoire, le destin tragique de deux sœurs Chapochnikova, est cousu sur la bataille de Stalingrad de 1942.
Lev Dodine s’empare de cela et façonne en un peu plus de trois heures, une véritable allégorie de la peur.
L’im-passe
Au départ , il est question d’un jeu de ballon.

Nous sommes en 1942, la bataille de Stalingrad ne tardera pas à battre de son plein, il sera question de goulags, de camps, de ghettos, de morts froids, d’obus chauds. Mais au départ, c’est un simple volley.
La balle frôle chacun des acteurs, elle glisse entre les deux camps, elle vole et semble légère bien qu’elle soit celle qui accapare tous les personnages.
Cette balle, on aurait également pu l’appeler Peur. La peur qui hantera tous les instants de la pièce qui s’apprête à se dérouler. Une peur d’autant plus forte que les acteurs ne hurlent jamais son nom. Une peur en filigrane de chacune de leurs assertions, de chacun de leurs mouvements - de chacun de nos propres affects face à la puissance du texte.
Une vraie vie affirmée.
Or, il ne saurait être question d’allégorie de la peur que dans une pièce qui vit pleinement.
Et celle-ci, oh, regorge d’énergie.

Lev Dodine par l’usage atypique qu’il fait de la scène (renfermant cinq lieux qui dans l’esprit du spectateur dont clairement distincts bien qu’ils soient concrètement mêlés) renouvelle le ton de la pièce tous les quarts d’heures.
Les trois heures glissent dès lors à l’image de la neige mise en scène, fugaces à tomber, pérennes à hanter.
De surcroit, l’usage de la langue russe renforce le sentiment de vrai que les acteurs, par une parfaite maîtrise de leurs jeux, suscitaient déjà.
...et doucement nuancée
Mais s’il est question d’une illusion de vrai, il n’est en revanche jamais question de vérité assénée. Nul dogmatisme ; la pièce donne juste à songer aux jougs du nazisme et du stalinisme. Tout Vie et Destin est affaire de nuance.
D’une scène, la lumière vive et les quelques notes de musique viennent chasser un précédent ton pathétique ; quelques rimes chaudes ponctuent l’effroi, quelques danses légères se glissent dans l’intensité des combats.
L’usage de la musique pour renforcer le tragique.
Par brefs instants, des notes de piano ou quelques contre-chants se font entendre.
Comme de jolies gouttes d’art et d’humanité au milieu des logiques totalitaires subies par les protagonistes.
Et la fine bruine de se transformer en un véritable raz-de-marée quand la scène finale nous est donnée à voir.
Les instruments comme seuls vêtements, les prisonniers des camps sont, métaphoriquement (et pas que) dévêtus de toute dignité.
Alors, dans nos ventres, le malaise qui gonflait ne peut qu’éclater. Et nos mains, de battre le génie de Dodine, ne parviendront plus à s’arrêter. "
Photo : Anton Alain
Auteur : Maeva Rinkel

mercoledì 16 dicembre 2009

Guy Bourdin

Le grand magasin de la rive gauche, Le Bon Marché, a rendu hommage au célèbre photographe Guy Bourdin.
Légende dans l'univers de la création (publicité, cinéma…) et figure incontournable de la photo de mode sur la scène internationale, l'exposition dévoile pour la première fois des films très personnels de l'artiste.
A travers une mise en scène teintée de mystère et magnifiant son travail, l'exposition retrace un parcours visuel inédit.

Elle divulgue une recherche esthétique et émotionnelle fascinante.
Emblématique du glamour, l'œuvre de Guy Bourdin peut grâce à l'exposition s'appréhender d'une manière inédite.

Les images fonctionnent en association libre, au plus près des pensées du maître. Cette installation offre l'occasion rare de comprendre la démarche du créateur et de percevoir comment l'homme a pu devenir l'un des photographes les plus influents de XXIe siècle.
Exposition Guy Bourdin, Ses films