giovedì 28 agosto 2025

Lo Sporting Club di Monza, un luogo unico!




Lo Sporting Club di Monza é il "salotto" e la "porta" di Monza e della Brianza. 



Lo Sporting Club di Monza é un circolo privato dove i Soci diventano amici, dove si stringono collaborazioni di lavoro, si rivelano affinità di gusti culturali, si pratica una sana sportività e si coltivano interessi comuni nei confronti della società che lo circonda.




La splendida cornice della Club-House e del parco costituisce una vera seconda residenza per i Soci, in cui è possibile invitare un cliente importante, gli amici e i familiari, oppure rilassarsi o partecipare alle innumerevoli iniziative che il Club organizza con periodicità settimanale. 




L'ospitalità che vi si pratica è riservata e di grande signorilità, in un'atmosfera tranquilla che consente l'instaurarsi di relazioni che altrove la fretta della routine impedisce.




Gli oltre 500 Soci costituiscono uno spaccato della parte più attiva e prestigiosa della società di Monza e Brianza, senza distinzioni di origine e livello culturale. 

La particolare impostazione associativa è la formula che ha consentito il successo. 

Lo Statuto, infatti,  non pone discriminazioni all'ingresso, salvo il rispetto di alcune formalità, nè prevede obblighi oltre le comuni regole di comportamento civile necessarie in ogni comunità.


Le manifestazioni culturali e sportive stimolano le partecipazione alla vita associativa, suscitano consensi e trovano echi anche fuori dal Club, attirando ospiti e frequentatori di rilievo anche esterni al novero dei Soci. 

Oltre alla vita del Club,sono spesso proposte iniziative solidari finalizzate ad aiutare i meno fortunati, dando lustro e prestigio alla compagine e ai suoi componenti.



La ex-Villa Tagliabue, costruita nel corso degli anni '30, è stata ristrutturata in modo estremamente funzionale ma conservando il fascino degli ambienti di una dimora di classe dei tempi d'oro di questa tipologia residenziale. 


Il grande parco ospita conifere di diverse specie, faggi marginati, cedri Atlantic e numerosissime aiuole e arbusti che in stagione fioriscono di mille colori. 



 


Dominatrice, con il suo impatto visivo, dell'intera struttura è la famosa piscina a doppio cuore, un unicum architettonico che però è anche palestra di sportività e oasi di relax. 


Accanto, il giardino d'inverno che ospita la sala che viene adibita a ristorante e sala da ballo e da concerti.




Un po' di storia :

Lo Sporting Club nacque in un giorno d'inverno del 1966, tenuto a battesimo dal notaio Antonio Mascheroni, che registrerà l'atto in Desio il 3 febbraio di quell'anno. 

I Soci fondatori erano 30, con 5 probiviri e 18 consiglieri eletti nella prima assemblea. 

Il successo fu fulmineo, in un'epoca  in cui le notizie viaggiavano per passaparola. 

Ad aprile infatti i Soci erano già 99 e da allora non si sono più fermati. 

Ma la storia del Club, almeno della sua parte più visibile, la sede con le sue attrattive, risale a diverso tempo prima.
 
La splendida sede sociale è infatti Villa Tagliabue, dal nome del proprietario che, acquistatala negli anni '30, la portò progressivamente, il giardino fu finito solo nel 1960,  allo stato attuale modificando profondamente l'impianto della residenza preesistente. 

Ettore Tagliabue era un facoltoso petroliere che, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, fece della sua casa monzese il centro di un brillante giro di società nazionale e  internazionale. 

Nel settembre 1954 la villa ospitò persino Filippo di Edimburgo, da pochissimo principe consorte della regina Elisabetta. 



Ettore Tagliabue lo aveva infatti incontrato al Gran Premio Ippico di Merano, vinto da uno dei purosangue della sua scuderia.

Viene dall'iniziativa di Ettore Tagliabue, o meglio dalla volontà di esaudire il desiderio della sua compagna di allora, la famosa soubrette Elena Giusti, la componente architettonica più distintiva dell'intera villa e oggi del club: la piscina. 




La famosa piscina a forma di due cuori intrecciati sostituì così la precedente piscina banalmente rettangolare, e oltre alla committente originale ospitò  le bracciate di donne famose come Ljuba Rosa (poi Rizzoli), la diva dei “musical acquatici” Ester Williams e la grande Ava Gardner


Del resto, i personaggi dello spettacolo erano ospiti frequenti a Villa Tagliabue: Walter Chiari, Gino Bramieri, Carlo Dapporto, Macario, l'attrice Lea Padovani.  

Un altro segno di continuità con la vita sociale del Club, punteggiato da feste e spettacoli animati da artisti di fama ancora oggi.
 

In Toscana il pane è strano, è buonissimo ma sciocco. Un'eccellenza italiana da gustare assolutamente per apprezzare ancor meglio la bellezza di Firenze.

Il Pane Toscano DOP è il simbolo di una tradizione antica che ancora oggi accompagna la vita quotidiana.





La sua particolarità? 

Una crosta croccante, una mollica compatta e un sapore inconfondibile : è insipido (o « sciocco », per parlare come i fiorentini).

Sciocco vuol dire "senza sale".

Si puo' anche dire  insipido, sciapo, insulso, insapore.

Il Pane Toscano DOP è una tipologia di pane tipica della regione Toscana, riconosciuta con il marchio di denominazione di origine protetta.

Ciò che lo contraddistingue maggiormente è il fatto di essere completamente privo di sale e con un sapore della mollica leggermente acidulo.

Ma perchè il pane fiorentino è sciocco ? Per due ragioni, una storica e una gastronomica.

Un'antica leggenda farebbe risalire l'origine del pane sciocco nella rivalità tra Pisa e Firenze dell'XI secolo: 

i Pisani cominciarono a aumentare le tasse per il sale che arrivava nel porto e bloccarono il commercio con Firenze.

I Fiorentini scelsero allora di iniziare a produrre il pane senza utilizzare il sale.

La seconda ragione è che la cucina toscana è ricca di sapori robusti e che il pane in questo caso è un accompagnamento destinato a esaltare il sapore dei salumi e i gustosi piatti tipici toscani come la ribollita o la pappa al pomodoro.

Il Pane toscano « sciocco » è forse il più famoso dei pani senza sale diffusi nell'Italia centrale.

Infatti sono rari i panificati che, tra le oltre 250 tipologie sparse nel territorio italiano, vantano l'assenza di questo ingrediente che spesso è considerato indispensabile per “chiudere” l'impasto quando si panifica.

Ogni tipo di pane toscano ha le sue caratteristiche, influenzate dalla tradizione locale e dagli ingredienti disponibili nella zona.

Pane di Montegemoli

Tipico della provincia di Pisa, il Pane di Montegemoli è fatto con una miscela di farine, tra cui una percentuale di farina di grano duro. È cotto in forni a legna e ha una crosta spessa e croccante con una mollica soffice.

Pane di Altopascio

Proveniente dalla città di Altopascio in provincia di Lucca, questo pane ha una lunga storia ed è noto per essere leggermente più salato rispetto ad altri tipi di pane toscano. È un pane a lievitazione naturale, spesso con una crosta scura e croccante.

Pane di Pema

Anche se meno conosciuto, il Pane di Pema è un pane integrale toscano, spesso fatto con farine integrali e semi, che offre un sapore rustico e una consistenza densa.

Pane di Segale

Questo tipo di pane toscano è fatto con farina di segale, che gli conferisce un sapore più deciso e una consistenza più compatta rispetto ai pani fatti con farina di grano tenero.

Schiacciata Toscana (o “Schiacciata all’Olio”)

La schiacciata toscana è un tipo di focaccia, caratterizzata da un impasto morbido e ricco di olio d’oliva. Può essere salata, condita con rosmarino, o anche dolce, come la schiacciata all’uva.

Ma il vero Pane Toscano a Lievitazione Naturale è ottenuto dalla panificazione di farina di frumento tenero toscano, di tipo “0” con ancora intatto il germe di grano, lievito naturale ed acqua. Nell’impasto non devono essere aggiunti additivi o coadiuvanti tecnologici di varia natura.

Il grano da cui nasce il pane toscano si coltiva in zone molto diverse della regione, ognuna con le sue peculiarità. Miscelando differenti farine si può ottenere una materia prima equilibrata con il giusto quantitativo di glutine.

Il vero Pane Toscano DOP per essere tale deve rispettare alcune caratteristiche:

il peso, solitamente è di 500 g (anche se oggigiorno ci sono pezzature da 250 g ma anche 1 o 2 kg) e lo spessore va dai 5 ai 10 cm;

la crosta deve essere friabile e croccante di un colore dorato tendente al nocciola, non troppo scura con una mollica morbida, alveolata in maniera irregolare di colore bianco e bianco-avorio;

il profumo primario di un buon Pane Toscano Dop è quello di nocciola tostata, mentre il sapore, anche se non c’è il sale, non è insipido poiché i tipi di grani usati, insieme al lievito madre, gli donano una particolare unicità.

 


martedì 26 agosto 2025

La bellezza dell' isola di Pantelleria, un vitigno arabo chiamato Zibibbo e un'attrice bellissima: Carole Bouquet e lo Zibibbo.

 






Lo zibibbo è un vitigno a bacca bianca chiamato anche Moscato d'Alessandria.

Lo zibibbo è anche il vino dolce che si ottiene da questo vitigno.

La parola "zibibbo" deriva dalla parola araba zabīb che vuol dire "uvetta" oppure  "uva passita".

Lo Zibibbo è coltivato con una coltura moderna "cordone speronato" in Sicilia specialmente  nella zona tra Erice e Mazara del Vallo, le cui uve producono un vino secco di grande pregio, ideale per abbinamenti con ostriche e pesci a carne bianca come saraghi e orate.

Dall' uva Zibibbo si ricava non solo il vino Zibibbo IGT, ma anche DOC come l'eccellente  Moscato di Pantelleria e l'Erice vendemmia tardiva Zibibbo.

Nell'antichità , nella località araba di Taifa, era già presente una grande produzione di zibibbo.

Il 26 novembre 2014 a Parigi l'UNESCO ha iscritto la pratica agricola della coltivazione della "vite ad alberello" di Pantelleria o " alberello pantesco", Patrimonio dell'Umanità, la prima pratica agricola al mondo ad ottenere questo ambito riconoscimento.

Il vino Pantelleria DOC ha 100% uve zibibbo.

Il vino che si ricava dallo zibibbo ha un bel colore giallo paglierino, con dei riflessi dorati, un gusto ricco e dolce, un profumo caratteristico.  Ha un elevato grado alcolico.

E’ anche  utilizzato per la produzione del vino DOC di Pantelleria, nella versione passito, moscato, spumante del Pantelleria Zibibbo dolce, e del vino Erice vendemmia tardiva Zibibbo. Si accompagna idealmente a formaggi e pasticceria secca.

Un' ambasciatrice e una grande protagonista del vino Zibibbo di Pantelleria è la bellissima attrice francese Carole Bouquet che da anni si occupa con passione e successo  della produzione di questo vino tanto particolare.

Uno dei vini prodotti da Carole Bouquet si chiama "Sangue D'Oro, Passito di Pantelleria 2021" 100% uve Zibibbo ed è considerato uno dei vini  dolci migliori del mondo. 

14,5 gradi, il colore del tramonto di un'isola vulcanica nel mare mediterraneo, un profumo sontuoso di bergamotto, albicocche, miele, zafferano, mandorle. In bottiglia da 0,50 cl, è raro e piuttosto caro.

Ma che importa il prezzo! Come molti vini e champagne, lo Zibibbo non è solo sapore, è una storia, un luogo, un'immagine, un viaggio, un sogno, una leggenda...

mercoledì 30 luglio 2025

Il fantastico Cammino degli Dei



Il cammino degli Dei collega la mia amata città di Bologna alla magnifica città di Firenze.

Un cammino della bellezza, della ricerca di se stessi, della fatica e della scoperta, che attraversa gli Appennini per 130 chilometri.

Bologna, la splendida città dei portici, Patrimonio Mondiale dell'UNESCO, è il punto di partenza dell'itinerario.

Firenze, che con il suo eccezionale centro storico fra i più belli del mondo e ugualmente Sito UNESCO , è la meta. 

O viceversa.

Fra queste due meravigliose città c’è l'Appennino Tosco- Emiliano, con il suo fascino di luogo ancora da scoprire: la Riserva Naturalistica del Contrafforte Pliocenico, la “Flaminia militare”, strada costruita nel 187 a.C. per volontà del console romano C. Flaminio, il Castello del Trebbio, voluto da Cosimo I de' Medici, il Santuario di Monte Senario dove i frati offrono ai camminatori il liquore “Gemma di abeto”, segretamente preparato in loco, la città di Fiesole, borgo gioiello delle colline fiorentine di fondazione etrusca...

La Via degli Dei è un itinerario non religioso che nasce dallo spirito di un gruppo di camminatori bolognesi del CAI ("Dû pâs e ‘na gran magnè," due passi e una gran mangiata in dialetto bolognese), che volevano raggiungere Firenze proprio per mangiarsi una bella fiorentina con lo spirito goliardico di chi cammina per farsi una buona scarpinata e godersi alla fine una golosa ricompensa.

Il cammino degli Dei è un tracciato storico che gli Etruschi e i Romani crearono per sviluppare i loro traffici.

I mercanti e i viandanti lo  intrapresero durante il Medioevo.

In seguito ci furono anche momenti tragici durante la Seconda Guerra Mondiale perché la Via passava in gran parte  sulla " Linea Gotica".

Oggi il percorso ha fatto rinascere i piccoli borghi e i villaggi dell’Appennino che altrimenti avrebbero subito l’abbandono dei loro abitanti per mancanza di lavoro o di opportunità.

CARTA D'IDENTITA' DEL CAMMINO

Nome: Via degli Dei

Monte Adone, Monzuno - Mons Iovis, monte di Giove, Monte Venere, Monte Luario, Lua era la dea romana dell’espiazione

 Luoghi attraversati: Da Bologna a Firenze 

Lunghezza: circa 130 km

Numero di tappe a piedi: 5 o 6 ma è modulabile a seconda del tempo e delle attitudini dei camminatori

Numero di tappe su 2 ruote: 2 o 3

Credenziali del cammino: Sì (non è un documento religioso ma un bel ricordo da portare a casa)

Cartografia Ufficiale: Sì, in scala 1:25.000 -> INFO

Tutte le info: Ufficio Turistico infoSASSO, Via Porrettana 314, Sasso Marconi (Bo)Contatti: 051 6758409 - info@infosasso.it ​

giovedì 24 luglio 2025

Garlasco non è solo famoso per il delitto di Garlasco! Da conoscere : Santuari, Chiese, Castelli, la Via F,rancigena, discoteche, natura, fauna, boschi e canali



Garlasco è un comune italiano di un po' meno di 10.000 abitanti della provincia di Pavia in Lombardia (Nord Italia) a sud di Milano, vicino alle città di Pavia, Lodi, Vigevano.


Il paese, uno dei maggiori della Lomellina, è noto  anche per il Santuario della Madonna della Bozzola, situato a 2,5 km dal centro e meta di pellegrinaggi religiosi, e nell'ambito della cronaca nera per il delitto di Garlasco avvenuto nel 2007.



Garlasco, purtroppo, oggi è famosa per la cronaca nera. Ma con i suoi 9.445 abitanti, Garlasco è conosciuta anche per essere una delle maggiori città della Lomellina, territorio esteso in parte nella provincia di Pavia. Garlàsch, come è chiamato in dialetto, è stato fin dall’antichità un centro importante grazie al Castello, fondamentale nella difesa della città di Pavia (oggi ne rimane solo il torrione). In epoca più recente, la cittadina è stata soprannominata la “Las Vegas della Lombardia”, per via delle molte attività ricreative che fin dagli anni ’60 l’hanno contraddistinta.


Il territorio è quasi
esclusivamente pianeggiante, solcato da canali artificiali realizzati già dal XIX secolo, nonché da rogge ad acqua perenne che permettono la coltura del riso e coltivazioni intensive di cereali, mais e foraggi.

Tali caratteristiche geografiche sono la principale causa del clima continentale umido che caratterizza la città: nel periodo invernale è sovente presente la nebbia, mentre nel periodo estivo il territorio è soggetto ad afa con sovrastanti foschie.

Negli anni Settanta il Comune di Garlasco acquistò alcuni terreni con lo scopo di preservare un’area particolarmente preziosa per il suo ecosistema umido. Quel primo nucleo dal 1998 è l’Oasi Bosco Vignoloarea tutelata dalla Lipu dove l’ente gestisce le attività di conservazione della natura e di educazione e sensibilizzazione ambientale.  Sentieri nella  natura dove scoprire le particolarità di questo angolo di Oltrpò, e avvistare la fauna e l’avifauna che lo popola.


Garlasco è anche la 
seconda tappa della via Francigena Lombardia, il lungo ed emblematico percorso che anticamente collegava Canterbury a Roma

È un itinerario  da percorrere a piedi o in bicicletta che per circa 107 km passa attraverso le provincie di Pavia e Lodi, e permette di scoprire angoli caratteristici della Pianura Padana. Partendo da Garlasco si puo' anche tornare alla tappa numero 1 verso Mortara,oppure procedere “in avanti” verso Pavia, la tappa numero 3.

Di probabile origine preromana (almeno a giudicare dal nome), Garlasco è citato fin dal X secolo. Nel 981 fu donato dall'imperatore Ottone II al monastero di San Salvatore di Pavia, a quell'epoca tra i massimi possidenti della zona. 

Nel XII secolo, o prima, entrò a far parte dei domini pavesi, sotto i quali fu sede di podesteria, restando a lungo (come gli altri centri maggiori del territorio pavese) libero da signorie feudali. 

Nel 1356, durante la guerra tra Pavia ed i Visconti, Garlasco fu assediata dalle forze dei signori di Milano e, dopo un duro assedio, conquistata. Solo nel 1436 il conte palatino Guarnerio Castiglioni fu investito  da Filippo Maria Visconti.

Il feudo rimase poi ai suoi discendenti, divisi in più linee che ebbero la consignoria su Garlasco. Solo Alessandro Castiglioni nel 1761 riunificò il potere nelle sue mani.

Suo nipote Alfonso Gaetano nel 1774 ebbe il titolo di Conte di Garlasco e fu anche l'ultimo feudatario, poiché il feudalesimo fu abolito nel 1797.


Nella centrale piazza della Repubblica si trova la chiesa parrocchiale di Garlasco, di proprietà del Comune, intitolata alla Beata Vergine Assunta e a san Francesco Saverio

La chiesa attuale è  di stile corinzio. L'altare maggiore, rinnovato nel 1979, è realizzato in pregiati marmi policromi, tra cui macchia vecchia, giallo di Siena e verde di Seravezza; la pala raffigura l'Assunzione di Maria e san Francesco Saverio. Di notevole interesse è lo splendido pulpito marmoreo, donato nel 1818 dal prevosto, monsignor Amedeo Cecconi: è ornato di bassorilievi che rappresentano il Primato di Pietro, la Disputa di Gesù al tempio e la predicazione di Giovanni Battista. A sinistra e a destra si possono ammirare i grandiosi altari laterali, rispettivamente della Madonna del Rosario (ornato con dipinti dei Misteri realizzati da Achille Savoia) e del Suffragio, con un grande bassorilievo in stucco raffigurante la Vergine e le anime purganti. Vi è pure un affresco di Biagio Canevari raffigurante l'apparizione di Maria a Lourdes, ed un grande crocifisso ligneo risalente al 1300. In controfacciata si trova l'organo, costruito nel 1896 dai fratelli Lingiardi, rinomati organari pavesi; di fattura eccellente, esso conta 1737 canne ed è dotato di due tastiere, per il grand'organo e per l'organo eco, o cassa armonica. La trasmissione è interamente meccanica. Sul parapetto della cantoria si possono leggere alcune iscrizioni "storiche", come quella del parroco, monsignor Giuseppe Sanpietro, a proposito dell'eccentrico organista Bormioli: "Hanno dato dell'asino al maestro Bormioli, ora professore al Conservatorio di Milano: a perenne memoria di tanto disparato giudizio - 1907".

La Chiesa di San Rocco del XVI secolo, è dietro alla chiesa di santa Maria Assunta. All'interno ci sono affreschi e decorazioni di artisti locali :Canevari, Panzarasa, Sampietro, Pedrinelli. Il campanile più basso di quello della parrocchiale, 41 metri, possiede un concerto di 3 campane in La3 minore, fuse da Barigozzi nel 1883.

Non lontano dal centro, l'abitato ed il Santuario della Madonna della Bozzola si trovano sul percorso storico della Via Francigena in Lombardia, proveniente da Tromello e successivamente dirigentesi verso Gropello Cairoli.

Il territorio del comune è incluso nel parco naturale lombardo della Valle del Ticino, mentre in frazione Bozzola è presente l'area protetta del Bosco del Vignolo, una ex discarica e poi pista da motocross, oggi trasformata in un bosco con risorgive e una vasta quantità di alberi e fiori.

L'origine del famoso Santuario della Madonna della Bozzola è da ricondurre a un miracolo avvenuto, secondo la tradizione, nel 1465: una bambina tredicenne di Garlasco di nome Maria Benedetta, sordomuta, si trovava al pascolo con gli animali del padre. 

Il luogo era allora circondato da cespugli di biancospino (in dialetto locale buslà, da cui deriva il nome Bozzola). 

All'improvviso si scatenò un temporale e Maria Benedetta cercò riparo sotto una piccola cappella, dove si trovava un affresco della Beata Vergine Maria dipinto da Agostino da Pavia,.Si racconta che a un certo momento la ragazzina vide la Beata Vergine Maria apparire in un globo di luce, affidandole una missione: "Maria Benedetta, vai a dire alla gente di Garlasco, che voglio qui un santuario a protezione di tutta la Lomellina. Saranno tante le grazie che io farò in questo luogo, che i miei figli esperimenteranno i tesori delle mie misericordie. Come segno che ti sono apparsa tu hai già udito il mio messaggio, ora lo porterai alla gente di Garlasco". 

Di ritorno a Garlasco, Maria Benedetta, non più sordomuta, narrò l'accaduto alla popolazione, che vedendola guarita le credette. Più tardi, si ritirò nel monastero tenuto dalle suore di clausura, al confine del territorio di Garlasco.

Si comincio' a costruire dapprima una chiesetta attaccata alla piccola cappella, seguita da un primo ampliamento della struttura risalente al Seicento. Nel 1662 venne costruita la torre campanaria e nel 1720 la cupola ottagonale, che verrà terminata negli anni successivi. Nel 1860 venne prolungata la navata e furono aperti il braccio destro e il sinistro. Nel 1890 fu costruita la facciata su disegno di Marietti; ma pochi anni dopo  fu abbattuta perché insoddisfacente, e venne rifatta nel 1897 su disegno dell'ingegner Nava di Milano

La nuova struttura fu decorata con statue in cotto di Provini di Milano e di Repellini di Cremona, mentre su due basamenti di granito vennero poste due statue in cemento, raffiguranti la Fede e la Speranza, realizzate della ditta Rossi Speluzzi di MilanoNel 1927 il santuario è stato insignito del titolo di basilica minore.  Meta di numerosi pellegrinaggi è legata con molti altri siti mariani, come il vicino Santuario arcivescovile della Beata Vergine dei Miracoli di Corbetta. 


Le Rotonde è una discoteca storica di Garlasco, da anni meta di un pubblico esigente e giovane e di personaggi del mondo dello spettacolo.   Ogni weekend si balla grazie alla musica di DJ di fama internazionale. 


Le Rotonde di Garlasco è anche un eccellente ristorante di 500 posti. 

Le piscine, i giardini, le cascate e i giochi d'acqua contribuiscono a creare delle serate indimenticabili.