giovedì 23 giugno 2022

"La Tartana" a Milano Marittima, la boutique dei VIP della riviera romagnola


Lo shopping a Milano Marittima è rigorosamente griffato. 
I negozi e le boutique si concentrano tra via Bologna, Gramsci, Romagna, Venezia e Milano. 
Qui ci sono i negozi più trendy in città, ma chi cerca occasioni e buoni affari può volgere l’attenzione al mercato settimanale, che si tiene il lunedì da maggio a settembre lungo la I Traversa. 
Tutti i martedì sera da maggio a settembre, invece, in viale Bologna c’è Il Giardino dei semplici, mostra mercato dedicata ai prodotti di erboristeria. 
Le sere d’estate,  infine, lungo il Vialetto degli Artisti viene allestito un mercatino artigianale con opere d’arte, gioielli e molto altro.





Milano Marittima è la città dello shopping  della riviera romagnola   e le fashion victims adorano esaltare l'abbronzatura delle vacanze con il look proposto dalle innumerevoli vetrine della località.


La Tartana è stata per 40 anni una prestigiosa boutique di Milano Marittima e punto di riferimento di tutta la Riviera Romagnola.

In realtà ce ne furono due, “La Tartana” in Viale Matteotti 104 (1973-2010) e “La Tartana 2″ in Viale Gramsci 78 (1978-1984). 

La prima insegna fu un quadro dell’artista locale Ivan Candoli e a dare una mano per arredare il primo negozio venne l'amico Ferruccio Lamborghini


Del resto, l’arredamento fu sempre al top! 
Come, ad esempio la splendida lampada Falkland regalata da Bruno Munari, o le sedie modello Mackintosh quando il negozio fu totalmente rifatto nel 1985.
La Tartana, fin dall’inizio, fu una delle più note e rinomate boutique della Riviera Romagnola, una vera istituzione a Milano Marittima


L'allestimento delle vetrine ha contribuito alla notorietà dei negozi.   

E' stata la primissima a far conoscere la moda-mare di Capri, Positano e Saint-Tropez mantenendosi fedele a quest’immagine per 40 anni.


Dopo gli eleganti anni ’60 , La Tartana ha ringiovanito la moda mare, mettendo da parte lo stile classico della borghesia, e facendo come  il Marchese Emilio Pucci, che aprì il suo negozietto a Capri con capi d'abbigliamento originali e unici, curando personalmente tutti i dettagli.

La Tartana (con sede in un negozio comprato già nel 1968 in Condominio Grazia  Villa Babini) nacque con la stessa intraprendenza di due giovani “aristopratici” come Pucci, cioè Emilde Mazzi e Giuseppe Ausiello, decisi a dedicarsi alle “pezze di lusso”.

Quando nel 1971 Giuseppe Aiello,Peppino, ebbe l'idea di aprire La Tartana, voleva ispirarsi ai negozietti positanesi, come quello della duchessa Laura Carafa d’Andria, e degli abiti dipinti a mano come quelli della boutique di Eva De Ruggero, negli anni ’50. 



Del resto Giuseppe a Positano era di casa in tutti i sensi, essendo sua madre della famiglia che nel lontano 1571 aveva ricevuto in feudo dal Re di Spagna la borgata di pescatori (Giovanna Cangiano dei baroni di Passiano e Positano).

La passione e l’attenzione di Emilde e Giuseppe per il taglio degli abiti ma soprattutto per la qualità dei tessuti era nota, fede ne fa l’aver avuto in esclusiva, fra fine anni ’70 e primi 80, capi della neonata Alberta Ferretti (La Tartana fu la prima vetrina della grande stilita nella zona). Attenzione che spaziava anche alla jeanseria con l’esclusiva della Levis.

La Tartana di Emy e Peppino, così sono conosciuti da tutti, ha vestito la Milano Marittima degli anni d’oro, dalla spiaggia alla serata di gala, con esclusive linee sartoriali prettamente italiane (per esempio delle seterie di Como) e artigianali tanto per l’estate, che per l’inverno. 

Con una clientela cosmopolita alla ricerca di qualità ed originalità altrove difficilmente rinvenibili. 

Non a caso fra i clienti c’erano persone e personalità anche del settore, dalla signora Max Mara (Ludovica Maramotti) alle amiche negozianti di Milano Marittima Rossana e Pantani, passando per Rita Magli dell’omonima firma. 

Per la jeanseria anche Anzia Alici, poi distintasi come titolare del negozio Julian, oppure Rossella Rondoni del negozio Space.

Se la clientela soddisfatta é la migliore pubblicità, i clienti della Tartana spesso, invece, facevano di tutto per non rivelare la fonte dei propri acquisti per esser sicuri di poter continuare ad assicurarseli senza concorrenza. 

Fra gli amici clienti c’erano nomi dell’alta imprenditorialità come Lamborghini (il soprannome Emi lo si deve a lui) dell’aristocrazia e dello spettacolo (compresi artisti locali quali Lara Saint Paul Daiano Fontana).

Molti erano infatti i “pezzi unici” e perciò venduti solo a chi “sapesse portarli” più che a chi “potesse permetterseli”. 

Lara Saint Paul con la sorellina Loredana

E questo per tenere alta l’immagine della boutique nonché la professionalità e la credibilità dei proprietari. 

Il grande vantaggio della boutique é di essere sempre stata all'avanguardia.  

Nel 1978 fu, se non la prima, fra i primi a chiedere la possibilità dell’apertura invernale la Domenica, avendo appena aperto il secondo punto vendita in Viale Gramsci 78 di fianco allo Sporting. 

Richiesta ovviamente negata da chi di dovere. 

E a chi oggi soffre di amnesie più o meno volute e parla addirittura di lungimiranza, ricordiamo che allora nonostante la stagione iniziasse a Pasqua e finisse ad Ottobre inoltrato, veniva imposta la chiusura a mezzanotte ed era di precetto per giornate tipo 25 Aprile, il Primo Maggio, il 2 Giugno.

Giuseppe Aiello è stato un musicista professionista che ha suonato con i Ricchi e Poveri, Gino Paoli, Jonny Dorelli, Lilian Terry, Jula De Palma, Renzo Arbore, Rodolfo Grieco, Giulio di Nola, Rino Gioielli, Lino Manzoni, Ornella Vanoni)

Era noto nell’ambiente come “il conte della batteria”, soprannome che univa la sua bravura all’origine famigliare (soprannome datogli una sera a Positano da Romano Mussolini con cui aveva suonato occasionalmente). Un altro soprannome fu “Joe Morello” datogli da Renzo Arbore.

In quegli anni, infatti, diversi ragazzi di “buona famiglia” intrapresero la carriera musicale, a partire dal marchesino di Lésina, più noto come Renzo Arbore, che ogni tanto faceva una puntatina dalle nostre parti. 


Altri amici/colleghi dei titolari della Tartana erano gli Showmen, Lilian Terry, Gil Cuppini, Alfonso “Fony” Garofalo (pure lui marchese) che si esibiva al Pineta; e Rodolfo Grieco, che si esibiva alla Gatta e firmò grandissimi successi, a partire da quelli di Califano, Ornella Vanoni, Bruno Martino e tanti altri.

La boutique La Tartana  chiuse nel 2010 a causa del cambiamento di clientela avvenuto negli ultimi anni






Addio Lara Saint Paul, bellissima e talentuosa cantante italiana, una vera star da non dimenticare!

 


Addio Lara Saint Paul ! 
Bellissima, talentuosa, famosa in Italia e all'estero.
La sua voce pazzesca e il suo carismo ne hanno fatto una vera star della canzone italiana.



Un percorso che stupisce : dall'Eritrea a Fusignano, in Emilia Romagna, fino al palcoscenico di Sanremo in pochi anni.
E dopo l'America, l'incontro con i personaggi più importanti degli anni 60','70 e '80, delle icone come Franck Sinatra et Louis Amstrong.. con Hillary Clinton





La sua biografia è veramente straordinaria, una success story che è il risultato di un vero talento, della volontà di riuscire, del sostegno della sua famiglia (e poi   suo  marito), di incontri e oppurtunità.



Purtroppo qualcosa ha rotto un ingranaggio perfetto, un granello di sabbia  ha fatto fermare tutto e precipitare un destino di fiaba in una brutta fine.

La morte del marito, le difficoltà finanziare, dei problemi di salute dei figli, e la malattia.
L'8 maggio 2018, a Casalecchio di Reno, una cantante talentuosa e bellissima è partita, lasciando un sentimento di tristezza, di dolore, di nostalgia..

Io la ammiravo per tutte le sue qualità artistiche ma anche per la sua eleganza, per la sua generosità, per il suo cuore...e la sua bellezza.
Un abbraccio alla sua sorellina Loredana (Luana), che ho conosciuto a Bologna tanti anni fa, 
Un ricordo affettuoso e riconoscente a sua mamma, una donna di cuore, generosa, infaticabile, che non dimentichero' mai!

Ciao Lara!






sabato 4 giugno 2022

Scoprire il Cammino degli Dei






Il cammino degli Dei collega la bella città di Bologna alla bella città di Firenze.

Un cammina della bellezza che attraversa gli appennini per 130 chilometri.

Bologna, con i suoi 40 km di portici, è il punto di partenza dell'itinerario, Firenze, patrimonio dell’Unesco, è la meta o viceversa.



In mezzo c’è l'Appennino Tosco Emiliano, con il suo fascino di luogo ancora da scoprire: la Riserva Naturalistica del Contrafforte Pliocenico, la “Flaminia militare”, strada costruita nel 187 a.C. per volontà del console romano C. Flaminio, il Castello del Trebbio, voluto da Cosimo I de' Medici, il Santuario di Monte Senario dove i frati offrono ai camminatori il liquore “Gemma di abeto”, segretamente preparato in loco, la città di Fiesole, borgo gioiello delle colline fiorentine di fondazione etrusca...




Tutto questo è la Via degli Dei, un itinerario non religioso ma che nasce dallo spirito di un gruppo di camminatori bolognesi del CAI (i Dû pâs e ‘na gran magnè, Due passi e una gran mangiata in dialetto) che volevano raggiungere Firenze per… mangiarsi un’ottima fiorentina con lo spirito goliardico di chi cammina per godersi il viaggio e le piccole cose della vita.

Ugualmente è un tracciato storico che gli Etruschi e i Romani percorsero per sviluppare i loro traffici, che mercanti e viandanti intrapresero durante il Medioevo, che ha visto momenti tragici come la Seconda Guerra Mondiale (in gran parte siamo sulla Linea Gotica) e che oggi ha fatto rinascere piccoli paesi dell’Appennino che altrimenti avrebbero subito l’abbandono dei loro abitanti per mancanza di lavoro o di opportunità.



CARTA D'IDENTITA' DEL CAMMINO

Nome: Via degli Dei

Monte Adone, Monzuno - Mons Iovis, monte di Giove, Monte Venere, Monte Luario, Lua era la dea romana dell’espiazione

 

Luoghi attraversati: Da Bologna a Firenze 

Lunghezza: circa 130 km

Numero di tappe a piedi: 5 o 6 ma è modulabile a seconda del tempo e delle attitudini dei camminatori

Numero di tappe su 2 ruote: 2 o 3

Credenziali del cammino: Sì (non è un documento religioso ma un bel ricordo da portare a casa)

Cartografia Ufficiale: Sì, in scala 1:25.000 -> INFO

Tutte le info: Ufficio Turistico infoSASSO, Via Porrettana 314, Sasso Marconi (Bo)

Contatti: 051 6758409 - info@infosasso.it 

domenica 18 aprile 2021

Una meraviglia a Monza : la Villa Reale di Monza




E' una pura meraviglia! 

L'ho vista decine e decine di volte, ho passeggiato nel parco e ho passato pomeriggi spensierati intorno al laghetto con la mia amica del cuore, Isa, quando studiavo al Liceo Artistico delle Preziosine di Monza.

Per questo voglio approfondire l'argomento e conoscere la storia di questa maestosa residenza reale e del suo incredibile parco.

La Reggia di Monza, chiamata anche Villa Reale di Monza è una delle ville reali più belle d’Europa, il cui parco è più grande di quello di Versailles, con la quale gareggia in bellezza. 

La magnifica residenza sabauda  è situata a 50 metri dall’Hotel de la Ville. 

Capolavoro neoclassico realizzato dagli Asburgo nel XVIII secolo, durante la dominazione austriaca, divenuta palazzo reale con Napoleone e residenza estiva con i Savoia, la Villa Reale inizia la sua storia nel 1771, con l’arrivo a Milano del governatore Ferdinando d’Asburgo, figlio dell’imperatrice Maria Teresa d’Austria, il quale si ripromise di organizzare una vera e propria corte che avrebbe gravitato intorno al capoluogo lombardo trasformandolo definitivamente in capitale.

L’incarico della costruzione della Villa Reale di Monza, concepita come la prima di un insieme di regge che avrebbe dovuto riqualificare gli spazi dei domini asburgici sparsi per l’Europa, venne affidato all’architetto imperiale Giuseppe Piermarini nel 1777 e fu portato a termine in soli tre anni (risultato quasi impensabile per l’epoca).

L’edificio (concepito come residenza di campagna dell’Arciduca Ferdinando e composto da circa 700 ambienti) è uno dei più limpidi esempi di architettura neoclassica: è composto da tre corpi principali disposti ad U che delimitano la corte d’onore, chiusa da due edifici cubici (la Cappella e la Cavallerizza) da cui si diramano le ali dei fabbricati di servizio.

villa reale monza storia

 

Napoleone fu incoronato nel 1805, e da quel giorno la Villa divenne la residenza del figliastro, Eugenio di Beauharnais, fino alla caduta del Bonaparte, che decretò il ritorno del complesso nelle mani degli Austriaci, che lo lasciarono in relativo abbandono fino al 1818, anno in cui ne prese possesso Ranieri, il vicerè del Lombardo-Veneto.

Ma il destino della Villa Reale era ben lontano da trovare pace: nel 1848 venne occupata dai militari di Radetzky e per due anni, fra il 1857 ed il 1859 fu scelta come sede della corte dell’ultimo rappresentante della casa d’Austria, Massimiliano I d’Asburgo, che la restituì ai vecchi fasti.

Dopo l’annessione del Lombardo-Veneto al Piemonte, la Villa entrò in possesso degli ultimi proprietari, i Savoia, e divenne la privilegiata residenza di villeggiatura del re Umberto I, che la fece restaurare ed ornare secondo il gusto dell’epoca, trasformandola radicalmente in molte delle sue parti.




Purtroppo, questo angolo di paradiso divenne la tomba del re stesso quando,
nel 1900, proprio a Monza fu assassinato da Gaetano Bresci: il nuovo re Vittorio Emanuele III non volle più utilizzare la Villa Reale, che gli ricordava un così triste evento e la fece chiudere, trasferendone gran parte degli arredi a Roma, al Quirinale. 


Nel 1934 la Reggia fu donata con un decreto regio ai Comuni di Monza e Milano, ma nel dopoguerra dovette subire occupazioni e spoliazioni, cadendo in stato di abbandono.



Oggi la Villa Reale di Monza è proprietà del Comune di Monza, della Regione Lombardia e del Demanio dello Stato e, dopo svariati interventi di restauro (l’ultimo terminato nel 2014) e valorizzazione dell’edificio e dei giardini,  è stata aperta al pubblico, per consentire a residenti e turisti di godere di un esempio architettonico unico, che non ha nulla da invidiare alle più belle regge d’Europa.


villa reale monza visite



mercoledì 17 marzo 2021

Parlando di cucina..Giuliano Baldessari è un matto oppure un genio? La neuro gastronomia offre muffa, crema carbonizzata e più ancora.

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Sulla "Cucina Italiana" cercando delle ricette sulla colomba pasquale, ho trovato un personnaggio speciale, forse un genio, o un matto da legare, un provocatore  oppure un grande chef d'avanguardia.

Infatti l’ultima follia di Giuliano Baldessari si chiama Colomba Psico-Attiva.   

A prescindere dal fatto che lo chef Giuliano Baldessari è un provocatore nato e che ama sperimentare senza paura( non per niente è noto come "lo chef democratico " e "lo chef illusionista") non stupiscono le sue ricerche gastronomiche.

Giulano Baldessari –nato a Trento nel 1977 – ha avuto un’educazione culinaria veramente classica. 

Dopo le prime esperienze in hotel importanti e sulle navi da crociera, è stato due anni capopartita da Aimo e Nadia, due stagioni alla corte di Marc Veyrat e per  10 anni il sous chef di Massimiliano Alajmo a Le Calandre

Nel 2014 apre l' Aqua Crua (in veneto “acqua cruda”) a Barbarano Vicentino (Vicenza) una cittadina fuori dalle rotte gourmet: curatissimo e minimalista nel design e nell’illuminazione, ha la cucina a vista, un banco per la mixology e alcune camere, eccezionali, al piano superiore.



Della vita privata di Giuliano Baldessari non si sa molto. La sua fidanzata si chiama Paola e la priorità del grande chef, dopo aver passato tutto il giorno nel suo ristorante, è quella di passare del tempo insieme a lei. 

Magari oziando, che pare essere la sua attività preferita. Infatti Giuliano Baldessari sostiene,  che è proprio dall’ozio che nasce la creatività. Cosa sarebbe successo se Newton non fosse andato a riposarsi sotto quell’albero?



La neuro-gastronomia

La nuova Colomba esprime lo storico amore dello chef  per i lievitati dove utilizza le uova della galline del suo orto, la rugiada raccolta in Trentino, i canditi realizzati personalmente con gli agrumi del Sud Italia e, ovviamente, il suo lievito madre. 


Come se non bastasse, ha voluto trasferire alcuni concetti del percorso di neuro-gastronomia che sta seguendo insieme a un bravo collega quale Palmiro Carlini. «Ho scelto di giocare con le percezioni che gli ingredienti provocano sul nostro cervello», spiega Baldessari. «Quindi nella ricetta ci sono elementi stimolanti dei neurotrasmettitori come capperi e gocce di assenzio, che trasformano la Colomba in una golosa bomba di buon umore». 

Detto che il lievitato è perfetto nella texture e nel gusto – venduto nell’e-shop di Aqua Crua a 30 € – non è un esercizio di stile: il cappero è ricco di ossido nitrico, elemento che stimola la passione nel cervello mentre l’assenzio – servito sin dall’antichità – oltre all’effetto tonico ed euforizzante, regala uno stato di benessere e rilassatezza, liberando le percezioni visive e uditive.

"La Muffa": il brutto che si fa buono

Apparentemente disincantato, Giuliano Baldessari ha una naturale vocazione a piatti di rottura che poi lo sono nell’idea e spesso nella presentazione. Il risultato nel palato è preciso, equilibrato, sorprendente. Perché, ovviamente, non improvvisa.  

Esemplare il caso di La Muffa: un controfiletto di fassona piemontese, marinato con un’iniezione di Penicillium Candidum, una muffa bianca usata spesso per produrre formaggi. Per quattro settimane – a una temperatura controllata di 20° – il fungo agisce abbassando drasticamente il pH della carne, tutelandola dall’aggressione di microrganismi patogeni e donandole un sapore simile alla crosta del formaggio Brie. A prima vista, sembra una valdostana di carne cruda con sopra appunto del formaggio e stordisce al primo assaggio per il sentore di ammoniaca, ma pian piano ci si abitua: il gusto è quello di un Brie gustato insieme a un salume tagliato alto, diciamo un quadratone di bresaola visto che la consistenza è molto simile. «L’effetto non è quello di una classica frollatura, perché il pH si abbassa e non consente ai microrganismi patogeni di formarsi», spiega lo chef-patron.

Dall’amuse-bouche al dessert

Pellicola è un amuse-bouche servito in una vaschetta da supermercato dove la pellicola è commestibile, realizzata attraverso un virtuosistico lavoro sul glutine. Si strappa, si rompe, si mangia e non si butta. Sotto, un germoglio di tarassaco (o di raperenzolo) all’aceto, avvolto in un’idea di guanciale e accompagnato da una salsa al pistacchio. 

La ricerca del brutto – ma buono – al posto del bello è alla base anche della Crema Carbonizzata: un dolce basso, incolore, sporcato da caffè in polvere, ma con una potenza gustativa impressionante grazie alle pasticche di carbone edibile e alla melassa di barbabietola da zucchero. 

Illusione – come dice il nome – gioca invece sulla percezione distorta della realtà: il classico bocconcino di mozzarella inganna nel sapore e nella consistenza perché al suo interno c’è un cuore fatto di acqua di pomodoro. 

Invece Morso d’Artista – ispirata ovviamente all’opera di Piero Manzoni – è un dolce a base di gelato, preparato con erbe amare: sembra essere stato morso dallo chef e in effetti viene realizzato utilizzando il calco esatto dei suoi denti…

Omaggio a Tinto Brass

Sono tutti piatti che nascono da intuizioni, diversissime tra loro. «Una provocazione fastidiosa di un cliente, il ricordo di una nonna che viaggiava con la mente, le corse all’alba, le esperienze in giro per il mondo», spiega Baldessari. «Per esempio, la ricetta dedicata a Tinto Brass arriva da un’abbuffata di chapulines, le cavallette fritte in Messico. Come rimedio, una signora del posto mi dette dell’acqua calda con dentro della barba del mais secca. La tisana faceva schifo, ma mi sono sentito subito meglio». Sei mesi dopo, correndo, lo chef rivede le barbe in un campo e decide di ragionarci in cucina: fresca ha un sapore gradevole, erbaceo, leggero. 

Il tocco di follia è tingerle di nero, servendole come un cespuglio pubico, dedicando apertamente il piatto a Tinto Brass, il regista veneziano e maestro del genere erotico. 

Ma il pubblico come vive queste provocazioni, soprattutto in un periodo complicato come questo? «Mai come adesso, chi si siede ad Aqua Crua vuole provare i piatti più originali e io cerco di non deludere le attese, mettendo la ricerca e la tecnica al servizio della materia prima», sottolinea. «È questo l’insegnamento principale che mi ha trasmesso Aimo Moroni: la considerava giustamente la stella polare della sua cucina». Certo, Aimo resterebbe perplesso sapendo che il suo allievo sta studiando (seriamente) le mosche per un possibile utilizzo nel menu. E alla nostra domanda sul punto d’arrivo del nuovo interesse, risponde: «Ah non lo so, intanto ci ragiono. Io cerco sempre di dare un gusto ai miei pensieri». Voilà.