venerdì 15 maggio 2009

Gli artisti italiani a Parigi





A distanza di sette anni dall’inizio del progetto, l’Institut National d’Histoire de l’Art di Parigi mette in rete una delle sue proposte più ambiziose.
Quanti sono i dipinti italiani in Francia?

Per scoprirlo ora c’è il Retif...

“È ancora possibile scoprire in un piccolo museo di provincia un bel dipinto italiano su fondo-oro o, nella penombra di una chiesa, un’importante tela del Seicento?

Non è inimmaginabile”. Con queste parole Michel Laclotte, già direttore del Grand Louvre, annuncia la messa in rete sul sito dell’Institut National d’Histoire de l’Art di Parigi del Retif, il repertorio dei dipinti italiani nelle collezioni pubbliche francesi.

Secondo un calcolo orientativo, circa 12mila dipinti italiani sono conservati nei musei, nelle chiese e negli edifici pubblici francesi.
Cifre da capogiro, che lasciano intravedere la portata del progetto e permettono d’immaginare le difficoltà che l’intera équipe ha dovuto superare.

È oggi possibile consultare circa un sesto delle schede dei dipinti, mentre le altre dovrebbero essere aggiunte nel corso dei prossimi anni.

Dopo le regioni della Bretagna, del Centre, del Nord-Pas-de-Calais, dei Pays-de-Loire e del Poitou-Charentes, il gruppo attualmente lavora sulla regione dell’Auvergne e sulle due normandie (Basse-Normandie e Haute-Normandie).
Ogni scheda riporta le informazioni generali: dimensioni, supporto, bibliografia sommaria. Grande attenzione è stata data alla qualità delle immagini, che illustrano nella maggior parte dei casi le schede.
Ma il Retif ha anche voluto essere un momento di riflessione e un banco di prova, in un periodo storico in cui si assiste un po’ dappertutto a una digitalizzazione forsennata - e a volte insensata - delle collezioni pubbliche.

Due punti meritano particolare attenzione: l’attribuzione dei dipinti e la sua provenienza. Non tutti i potenziali consultatori del sito sanno infatti che non sempre si conosce l’autore di un dipinto. A volte l’opera è firmata o esistono documenti che ne segnalano la paternità, ma in molti casi è una categoria particolare di storici dell’arte - i cosiddetti “connaisseur” - a proporre un’attribuzione (si legga il romanzo di Henry James, La protesta, tradotto da Fazi nel 2006).

Capita allora di ritrovare nel Retif le proposte di Federico Zeri, di Roberto Longhi o di Bernard Berenson, nonché quelle di alcuni loro “eredi”, tra i quali si segnala qualche italiano: Roberto Contini, Andrea De Marchi, Mina Gregori e Giovanni Romano.

Le opere più importanti sono state studiate e presentate in convegni e mostre, ma si possono pure inviare le proprie proposte via mail.

Ogni sei mesi circa, il materiale raccolto sarà valutato e le indicazioni più pertinenti segnalate sulla scheda dell’opera. La provenienza dei lavori potrebbe essere invece argomento spinoso per un pubblico, quello italiano, assuefatto all’idea dei “furti d’arte” di Napoleone.

Se è innegabile che alcuni dei capolavori italiani di Francia siano il frutto delle campagne militari dell’esercito rivoluzionario prima e di quello napoleonico poi, non bisogna dimenticare che la maggior parte delle opere sottratte fu restituita nel 1815 e che il bottino supera oggi di poco i cento dipinti. La Gioconda è stata portata in Francia dallo stesso Leonardo, mentre - durante il regno di Luigi XIV - il re, i suoi ministri e tutta l’aristocrazia hanno fatto a gara per acquistare le opere dei migliori artisti italiani dell’epoca.

Nell’Ottocento, molti collezionisti privati hanno acquistato dipinti durante i loro soggiorni in Italia, o per il tramite di alcuni mercanti italiani, prima di farne dono al museo della propria città. Poche settimane fa, il museo di Fontainebleau ha acquisito un’Allegoria del mondo marino di Francesco Albani: la passione dei francesi per l’arte italiana non accenna dunque a diminuire.
Con un pizzico di sarcasmo, alcuni si son chiesti come si potesse esser sicuri che nessuna opera fosse sfuggita al censimento.

È a loro che Michel Laclotte risponde nella presentazione del progetto:

“Osiamo pensare che sia inevitabile e non necessariamente drammatico: che la gioia di scovare un capolavoro nei depositi dei musei, in una sacrestia o in un ufficio, sia offerta anche ai ricercatori di domani"

domenica 3 maggio 2009

turismo a Besançon


















Non solo per il suo famoso Museo del Tempo, ma anche per le sue incantevoli atmosfere, la città di Besancon fa sognare il passato.
La sua posizione all'interno di una dolce ansa del fiume Doubs, il suo sfondo immerso tra le boscose alture del Giura, ricordano le origini preromane e romane nel cuore dell'Europa.
Besancon infatti, capoluogo della Franca Contea, occupa una posizione centralissima in Europa e si raggiunge facilmente, provenendo dall'Italia, dopo aver superato il tunnel del Monte Bianco ed essere entrati in territorio francese.

Le sue fortificazioni, che dominano soprattutto nell'imponente Citadelle collocata in alto, ricordano la potenza e la genialità di un famoso architetto del ‘600.
E una lenta passeggiata nel centro storico racconta il medioevo benedettino, la magnificenza dell'epoca di Luigi XVI, l'eleganza dei palazzi rinascimentali ispirati ai contemporanei palazzi italiani.
Il punto di vista più intrigante per avere un magnifico colpo d'occhio sulla città è il Quartier de Battant da cui si percepiscono l'andamento del fiume Doubs, le belle colline circostanti e la disposizione morbida della città che accompagna l'ansa del fiume.

Defilata appare la rotonda Tour de la Pelote medievale che oggi ospita un ristorante, mentre di fronte si mostrano sui Quai del Doubs gli eleganti edifici del ‘600, armoniosi e compatti, perfettamente conservati.

Prima di entrare in città dal Pont Battant, che ha rimpiazzato l'antico ponte di pietra romano, dove passava la principale via di collegamento fra l'Italia e le province renane, una passeggiata nel quartiere deve almeno toccare, fra gli antichi palazzi, l’Hotel de Campagney ornato da enormi doccioni sulla facciata.
Sono le decorazioni a forma di animali o mostri fantasiosi che concludevano gli sgocciolatoi dell'acqua e spesso esibivano la massima creatività degli scultori sopra facciate rigorose e geometriche.
Entriamo in città dunque percorrendo la Grande Rue, che attraversa Besancon, tutta fiancheggiata da nobili palazzi.

Dopo la conquista della Franca Contea da parte di Luigi XIV, la città, diventata capitale della provincia, aveva centralizzato i poteri amministrativi e militari. Dal 1720 aveva conosciuto un periodo di grande vitalità economica che naturalmente si tradusse in un intenso sforzo di costruzione.

Gli "hotels particuliers" appartenenti alle grandi famiglie nobili e alto borghesi cominciarono a rivaleggiare in lusso ed eleganza.
Si potrebbe compiere un percorso ideale anche solo osservando le facciate interne ed esterne dei palazzi: monogrammi, trompe l’oeil, massime in latino e invocazioni religiose incise sulle mura, simboli dei maestri muratori oppure le tracce di vecchie pubblicità.

Davvero originali poi le scale che nei cortili interni portano ai piani superiori: invece di svilupparsi dentro il muro del palazzo, si sviluppano ariose appoggiate esternamente, in basso costruite in pietra e ferro battuto fino al piano nobile, in alto per lo più in legno.

Motivo di questa scelta lo stretto spazio a disposizione delle case, serrate fra i meandri del Doubs e le alture della Cittadella. Il ridotto spazio per le costruzioni spinse i bisontini ad appoggiare le scale esternamente, il che dona ai cortili delle case un aspetto davvero particolare.

Anche il circuito delle fontane può raccontare molte storie, sia perché rappresentano la difficile e preziosa conquista dell'acqua nella città, sia perché esibiscono simboli divini e mitologici, storici e fiabeschi: Nettuno che cavalca un delfino, conchiglie e sirene di bronzo, Bacco per ricordare l'attività vinicola di alcuni quartieri.
Ci sono poi naturalmente i palazzi delle istituzioni. L'Hotel de Ville é un austero edificio rinascimentale del 1573: proprio sotto al portico si può vedere lo stemma della città, un’aquila raffigurata nell'atto di sorreggere due colonne.
Il Palazzo di Giustizia, dalla facciata rinascimentale, racchiude al suo interno una bella sala delle udienze del 1700 ornata di splendidi rivestimenti in legno.

Ma è soprattutto il Palais Granvelle l'esempio più significativo di palazzo del potere.
Costruito a metà del 1500 da Nicolas Perrenot, cancelliere dell'imperatore Carlo V e capostipite della più potente famiglia di Besancon, è un vero e proprio gioiello rinascimentale della Franca Contea. Volle ispirarsi al modello dei palazzi italiani con una facciata a tre ordini classici e un cortile a portici con finestre crociate: lo stesso termine “palazzo” identifica questa ispirazione.
Palais de Granvelle oggi ha un punto di attrazione in più: ospita il Museo del Tempo che, attraverso un percorso moderno e ludico, permette di scoprire lo studio della precisione, dalle scoperte di Copernico e Galileo all'invenzione di pendole e orologi, all'uso moderno del quarzo e dell'atomo.
L'interesse della città per il tema del tempo si manifesta in tanti altri piccoli segnali, come le numerose meridiane che animano le facciate delle case. D'altra parte non dimentichiamo che dalla fine del 1700 Besancon aveva ospitato la Manifacture Nationale d’Horlogerie, la produzione di parti di orologi in più di 400 laboratori artigianali dislocati in città, una scuola di orologeria e un osservatorio per la verifica dei cronometri.
La nostra passeggiata sulla Grande Rue fino alla Place Victor Hugo ci fa incontrare i nomi di alcuni importanti cittadini di Besancon.
Victor Hugo nacque qui nel 1802 e da qui si allontanò per raggiungere a Parigi i suoi grandi successi letterari, e nella stessa piazza nacquero anche i fratelli Lumière, come dimostra una lapide al numero 1.

Oltre la piazza si apre la Porte Noire, un imponente arco trionfale romano del secondo secolo eretto in onore dell'imperatore Marco Aurelio: molto eleganti il fornice centrale e i decori scolpiti che riprendono scene mitologiche e militari, in parte nascoste dai muraglioni che sono stati accostati all'arco durante il medioevo e hanno così interrotto la sua imponente solitudine.
Qualche passo in salita ed ecco la Cattedrale di Besancon, che deve la sua originalità alla pianta a due absidi, forse di derivazione carolingia e alla mancanza di una facciata principale. Nell'interno un’interessante sintesi dello stile romanico e dello stile gotico, mentre sul fianco della cattedrale si accede al famoso orologio astronomico composto da 30.000 congegni, animato da 70 quadranti e in grado di fornire 122 indicazioni. Un gioiello fortificato
Per godere ancora meglio una vista completa sulla città e scoprire un vero gioiello di architettura militare bisogna salire fino alla Citadelle, costruita dal 1668 al 1688 su una superficie di 11 ettari e a più di 200 m sopra i tetti della città vecchia. È un enorme complesso fortificato costruito da Vauban che oggi, oltre a costituire un magnifico belvedere, ospita nei diversi edifici ben quattro musei.
Il Museo dell'Agricoltura tradizionale riguarda la cultura materiale della campagna della Franca Contea, il Museo popolare del folklore racconta l'arte e le tradizioni popolari, il Museo della resistenza e della deportazione e il Museo di storia naturale completano il quadro.
Ma sono soprattutto le opere di ingegneria difensiva che colpiscono il visitatore: i frontoni a punta di freccia alti e profondi contro gli attacchi nemici, spalti rialzati, un pozzo profondo 132 metri scavato nella roccia rendevano la cittadella un sito inespugnabile.

Il progetto nacque a seguito della conquista della Franca Contea da parte di Luigi XIV: Vauban propose allora la costruzione di un'opera fortificata sul monte Saint Etienne, uno sperone roccioso che domina la città.
La costruzione durò parecchi anni e impiegò un immenso capitale
Per tutto l'anno 2007 la città di Besancon ha proposto visite tematiche dedicate alla personalità eccezionale di Vauban: teorico della fortificazione, stratega incomparabile, riformatore, ingegnere, capace di coniugare tutti i suoi talenti in progetti grandiosi.

A contatto con i migliori spiriti del suo tempo, membro dell'Accademia delle scienze, Vauban frequentò gli ambasciatori che gli offrirono un'apertura sui paesi stranieri, percorse migliaia di chilometri a cavallo ogni anno per conoscere il territorio e definire meglio le proprie imprese, godendo come nessun altro di libertà di parola presso il re Luigi XIV.
Oltre alla cittadella, Vauban progettò anche i bastioni delle mura della cinta urbana per proteggere la riva sinistra del Doubs attraverso casematte per i cannoni e piattaforme per l'artiglieria. Attualmente esiste un progetto per far inserire tutte le cittadelle e le fortificazioni progettate da Vauban nel patrimonio mondiale dell'umanità sotto la tutela dell'Unesco

Per entrare nel mondo di Besancon, clicca qui per vedere il video

NOTIZIE UTILI
Anche se la città si visita facilmente a piedi oppure con un breve spostamento in macchina fino alla cittadella per evitare la fatica della salita, può essere una bellissima esperienza, soprattutto nella bella stagione, una passeggiata in battello con una delle Vedettes panoramiques. http://www.vedettes-panoramiques.com/
oppure una romantica passeggiata in calesse attraverso uno dei grandi parchi cittadini http://www.lescalechesderoset.com/
Informazioni turistiche su alberghi e ristoranti della città presso l’Office de Tourisme et des Congrès
Ottima per il visitatore italiano la Guida Verde “Francia” del Touring Club Italiano

sabato 2 maggio 2009

Fotografia : Le bellezze di Russel James a Berlino




Le bellezze"naturali" di Russel James dal 25 aprile al 6 giugno alla Camera Work Gallery 61 scatti che rivelano il profondo legame con la sua terra d'origine (anche quando fotografa le donne più belle del mondo) .

Nato nel 1962 in Australia, Russel James non incarna lo stereotipo del fotografo cresciuto con una vocazione artistica per l'obiettivo.
Da un impiego in catena di montaggio per una fabbrica di bidoni della spazzatura a istruttore per cani, da poliziotto in unità speciale a modello, approda al successo nel mondo della fotografia a New York solo a 34 anni, ma recupera il tempo perduto scattando servizi e copertine per Vogue, Marie Claire, W e GQ.J
ames è stato consacrato come uno degli artisti più acclamati di quest'anno grazie alla sua mostra "Nomad. Two Worlds" tenutasi alla Urban Zen Gallery di New York a Gennaio.

Con un'inaugurazione presentata da Hugh Jackman e Donna Karan, il progetto racconta la cultura degli aborigeni Australiani e i loro compromessi con la cultura moderna.Camera Work presenta anche questi scatti in anteprima al pubblico di Berlino all'interno di un percorso espositivo di 61 foto che rivelano il profondo legame di James con la sua terra d'origine, l'Australia.
Tra quelle in mostra colpiscono, oltre ai dietro le quinte del famoso fashion show di Victoria's Secret, i ritratti di Heidi Klum, Gisele Bündchen, Scarlett Johansson, Adriana Lima e molte altre bellezze del nostro tempo, dove spesso gli elementi della natura si fondono con i corpi delle modelle.In occasione dell'inaugurazione verrà inoltre presentato dal fotografo il libro "Russell James" da poco pubblicato da teNeues.
Russell James
dal 25 Aprile al 6 Giugno 2009 Camera Work Gallery Kantstrasse 149, Berlino

Antica Roma : I Gladiatori come i calciatori..


L’amore nell’antica Roma quando i gladiatori erano come i calciatori !

Viaggio in una concezione dell’eros basata sul culto della virilità.

Le donne conquistate dal loro fascino.
Che l’eman­cipazione femmini­le non fos­se un fatto di élite, ma avesse toccato anche le donne del­le classi meno alte, è chiaramente mostrato dai reperti, e più in partico­lare dai graffiti pompeiani. Per cominciare: le donne di Pom­pei, oltre a frequentare i teatri, assi­stevano ai giochi gladiatori, ai quali pare si appassionassero non tanto per i giochi in sé quanto per i gladia­tori; i quali, se sopravvivevano alle lo­ro non facili esibizioni, diventavano le star dell’epoca — un po’ come i cal­ciatori di oggi, o come i cantanti rock, ammirati e amati dalle donne di ogni ceto sociale.

A dimostrarlo, ecco le iscrizioni che a Pompei, più o meno scherzosamente, alludono al loro fascino irresistibile.

Il trace Celado, ad esempio — leg­giamo nella caserma dei gladiatori — fa sospirare le ragazze.

Chi lo ha scritto, una donna o un uomo? Poco importa, in ogni caso dal graffito vie­ne una conferma del fatto che le ra­gazze di Pompei non erano insensibi­li al fascino dei muscoli e della cele­brità. Sullo stesso edificio, un altro graf­fito ci informa che Crescente, il rezia­rio (uno dei gladiatori specializzati nel combattere con una rete, con cui dovevano difendersi dagli attacchi av­versari), era «il medico notturno del­le ragazze». Piacevano a tutte, questi gladiatori.
Oltre che alle ragazze di modeste condizioni sociali, anche al­le matrone, che a quanto pare, più es­si uscivano malconci dalle lotte, più li amavano.

Quanto meno, così vuol farci credere il solito Giovenale, che nella sua satira sulle donne racconta di una certa Eppia, che aveva abban­donato casa e famiglia per seguire un gladiatore, tal Sergetto, che attende­va, ormai, con quel braccio spezza­to il suo congedo; e molti sfregi avea nel volto, e il ciuffo diradato dall’el­mo, e in mezzo al naso un grossissi­mo porro; e un male acuto gli facea sempre gocciolare un occhio.

Ma un gladiatore egli era!

Per lui, dice Giovenale, anche se era stata abituata da bambina a ogni lusso, e anche se faceva grandissime difficoltà se il marito tentava di farla salire su una nave, Eppia aveva sfida­to le onde, seguendolo fino in Egitto: quel Sergetto non doveva essere ri­buttante come Giovenale lo descrive.

La patologica misoginia del poeta emerge anche in questi versi, e si con­ferma quando, generalizzando il comportamento di Eppia, scrive che quelle che a un amante van dietro, hanno stomaco di bronzo, quella vo­mita addosso al suo marito, questa tra i marinai mangia e passeggia su e giù per la nave e si compiace nel maneggiare i ruvidi cordami.
Non le amava affatto le donne, Gio­venale.

Ma, al di là delle sue esagera­zioni, possiamo cogliere una verità: anche le signore delle classi alte era­no sensibili al fascino dei gladiatori.
Come del resto parrebbe confermare un altro ritrovamento pompeiano.
Nell’alloggio dove dormivano i gla­diatori, infatti, sono stati trovati i re­sti di una persona di sesso femmini­le, e dei gioielli, che presumibilmen­te le appartenevano.
Cosa ci faceva, in quel posto, una signora ingioiella­ta? Esercitando un po’ la fantasia, si è diffusa l’idea che quella sera la signo­ra fosse andata, presumibilmente di nascosto, a trovare il suo bel gladiato­re.
Chissà se il cataclisma la sorprese appena arrivata, o mentre si accinge­va a tornare a casa. Come che sia, mo­rì in un momento felice.
Erano molto preoccupati, i roma­ni.

Nonostante l’impegno che aveva­no messo, e che continuavano a met­tere, nell’opera di educare le donne alla virtù, erano stati costretti a ren­dersi conto che qualcosa dovevano aver sbagliato.
A cavallo tra il I secolo avanti e il I secolo dopo Cristo, vedevano la città popolata da donne i cui costumi avrebbero fatto inorridire i loro ante­nati.

Delle libertà (alcune delle quali concesse da loro stessi, massima del­le beffe) le donne non si limitavano a fare un uso discreto, capace di non sconvolgere le antiche abitudini: ne abusavano, ne approfittavano in mo­do indecente. Questo pensavano i ro­mani.
A loro non piacevano proprio le donne emancipate.
Per loro, l’emancipazione era un pericolo so­ciale.
Diceva Cicerone, parafrasando Platone, che là dove donne e schiavi non obbedivano era l’anarchia.
Ma le accuse più pesanti alla presunta dis­solutezza delle donne vengono dai poeti: in particolare, i poeti satirici.

Giovenale, per cominciare. In lui, la descrizione della nequizia femmi­nile raggiunge livelli paradossali.
Al di là di ogni considerazione sulla en­fatizzazione e caricaturizzazione del­la realtà tipica del genere letterario, i versi di Giovenale rivelano una miso­ginia quasi patologica: «La lussuria è vizio di tutte, schiave e padrone», scrive nella sesta satira, «da quella che va scalza per le strade della città, a quella che si fa portare in lettiga da schiavi siriani, le donne, tutte, senza scampo, sono dissolute».
Certo.
Lo sappiamo: la satira porta la realtà alle estreme conseguenze, ri­dicolizzandola, non di rado per esor­cizzare nel riso il disagio e, spesso, una vera e propria paura. Ma perché avevano paura delle donne, i romani?
Cosa temevano?
In primo luogo, che volessero co­mandarli (come, secondo i poeti sati­rici, ormai facevano senza un mini­mo di ritegno). Soprattutto se erano ricche.
Un timore diffuso, che Marzia­le dichiara apertamente:
Donna ricca sposare?
No. Perché, mi domanda­te. Perché voglio sposare, non esse­re sposato.
La moglie, Prisco, sia soggetta al marito: è la sola egua­glianza possibile tra i due.
Più chiaro di così. Comandano, pretendono. Ormai, sono convinte che avere un amante sia un loro dirit­to.
Alcune arrivano a pensare che li­mitarsi a uno solo sia quasi una con­cessione al marito.

giovedì 30 aprile 2009

il tempo passa..e anche la bellezza


Mamma mia, che peccato!
Le magnifiche Sidney Rome e Ursula Andress nelle foto di oggi e di ieri fanno paura..come il tempo é crudele!
Stefania Sandrelli ha cambiato molto meno, chissà perché..



















Design : lo stile sotto i piedi



Per un ingresso trend e design : un pavimento optical in bianco e nero, classe!

Per l'arredamento :

Mobile contenitore Convivio di legno laccato poliestere lucido, colore moka.

Design Ferruccio Laviani per Molteni & C.

Collezione di vasi: di vetro soffiato opalino verde Acco, di vetro sabbiato la coppia Sassi di Bisazza: tutto firmato Alessandro Mendini, da Spazio 900.

Veneziana in legno Mi, da Becara.

Bottiglia di ceramica Plastic Bottle, da Galleria Sorgato.

Poltrona a dondolo Kel in di metallo cromo con seduta imbottita, rivestimento di tessuto sfoderabile.

Di Désirée, Gruppo Euromobil.

Tavolino su ruote Bubble, in multistrato curvato e cristallo temperato laccato.

Di Marelli e Molteni per Porada.

Coppa in vetro iridescente di Barovier, Murano, 1935, e vaso in vetro sommerso, Murano, 1950; da Robertaebasta.

Pavimento di graniglia con decoro a rombi posato a stella, di Graniglie Grandinetti.

mercoledì 29 aprile 2009

I Promessi Sposi in mini musical sulle note di Vasco Rossi, Mina, Umberto Tozzi


Il video sbanca su Youtube!!
Grande successo per lo show degli Oblivion, una specie di bignami dell'imponente opera. E gli studenti ringraziano
VIDEO - «I promessi sposi» degli Oblivion
«Sul ramo del lago di Como inizia quel tomo che ti devasta con i suoi 38 capitoli...» sulle note di «Ti amo» di Umberto Tozzi.

I Bravi si presentano reinterpretando «Brava» di Mina.
Don Abbondio si rifugia dalla Perpetua: «C'ho un attimo di aritmia, c'è un pazzo criminale che ce l'ha con me».
E lei risponde sulle note di «Un senso» di Vasco Rossi.

È un mini-musical quello che il gruppo degli Oblivion ha realizzato ispirandosi a una delle opere più "comicizzate" della storia della letteratura italiana: I promessi sposi di Alessandro Manzoni.
Il video dell'opera, pubblicato su YouTube, si è guadagnato 10mila visite in tre settimane. E, confermiamo, merita davvero un clic.
I commenti dei lettori sul canale di video-sharing rendono l'idea: «geniale», «sontuoso», «bellissimo», «ottimo lavoro».

Non mancano le considerazioni "scolastiche": «Un ottimo ripasso lampo prima dell'interrogazione», «Me l'avesso proposta così a scuola, l'avrei studiata più volentieri», «Domani ho l'interrogazione sui Promessi... mi porto la chitarra e le canto queste canzoni».

Chi sono gli Oblivion?
«Qualche anno fa ci definivamo "un gruppo di giovani artisti". Ora siamo un po' meno giovani. Speriamo almeno di essere un po' più artisti - scrivono sul loro sito -.
Veniamo tutti da esperienze diverse: c’è un mimo-sputafuoco, una urlatrice emiliana, un musicista medievale, una rockstar anni '80, una ballerina di tip tap... volendo potremmo aprire un circo».

Omegle l'anti Facebook


«Omegle, talk to strangers»: ovvero «Omegle parla agli sconosciuti», senza bisogno di presentazioni o iscrizioni, senza necessità di rendere note le proprie generalità prima di iniziare una chiacchierata, senza bisogno di premettere i propri hobby, il proprio vissuto.

Omegle è il servizio fatto per chi ha voglia di parlare, punto e basta. Magari fingendo un’identità immaginaria o magari, proprio perché sconosciuti, lasciandosi andare alle confidenze più estreme e alle domande più sincere.

Ti connetti, schiacci un pulsante e ti trovi a chiacchierare (per fare un esempio reale) con un argentino sui 35 anni (sempre che sia vero) che, a conferma del fatto che l’anonimato aiuta a sfrondare i convenevoli, chiede come prima cosa: «maschio o femmina?».

«Il bello di Internet è che nessuno sa che sono un cane»: questo era il testo di una celebre vignetta che circolava agli inizi di Internet, in cui era raffigurato un cagnolino seduto al computer e intento a chattare liberamente con gli esseri umani, senza dover svelare la sua vera natura. Erano bei tempi, quando l’anonimato in rete era ancora possibile. Poi le cose iniziarono a cambiare e alla fine venne Facebook, dove chiunque può mettersi sulle tracce di chiunque abbia conosciuto nella propria vita, che a sua volta, accettata l’eventuale amicizia, vedrà scorrere sulla propria pagina altri nomi noti, amici di nomi noti, in quanto «persone che si potrebbero conoscere», senza alcun rispetto per la riservatezza e un leggero senso di invadenza.

L’ANTI FACEBOOK -

Insomma, chi è stanco di comunicare sempre e solo con le solite vecchie conoscenze che affollano le pagine di Facebook&co, oppure di parlare solamente con gente che condivide i suoi stessi interessi, può passare a Omegle, un social network creato da Leif K-Brooks, un programmatore diciottenne del Vermont, secondo il quale l'interazione online sta diventando stagnante.

Omegle in un certo senso è l’anti-Facebook e mette in contatto gli estranei in modo anonimo, consentendo di chattare in tempo reale e in modo casuale. Un social network per «allargare i propri orizzonti», che avvicina le persone più differenti, bypassando insegne, età, differenze di genere e di nazionalità, e che in meno di un mese di attività vanta 150 mila pagine visitate al giorno.

Il passaparola è ciò che gli consente di crescere, nient’altro. Non occorrono registrazioni, né nickname.

Basta andare sul sito di Omegle e, semplicemente cliccando sul bottone Start Chat, si può iniziare a comunicare con dei perfetti estranei provenienti da tutte le parti del mondo.

In totale libertà. E se la conversazione annoia o prende una piega non gradita basta schiacciare Disconnect.

A dirla tutta sembra una chat dei vecchi tempi.

Solo che le chat non vanno più di moda e allora Omegle viene presentato da alcuni come social network.

La rivincita di Myspace su Facebook..

“Sì, è vero: dal punto di vista di social network puro abbiamo qualcosa, e forse anche più di qualcosa, da invidiare a Facebook”.
Non si fa problemi ad ammetterlo Francesco Barbarani (nella foto), il country manager di MySpace Italia.

La community online di proprietà della News Corp. di Rupert Murdoch pur mantenendo la leadership americana tra i siti di social networking, l’anno scorso ha dovuto cedere la scettro del primato mondiale al rivale Facebook. Un doloroso passaggio di consegne che recentemente è costato il posto all’ad e co-fondatore Chris DeWolfe per l’ex di Facebook Owen Van Natta.

Ma un sorpasso che non spaventa il sito da sempre declinato alla musica – 5 milioni le band musicali nel mondo che hanno un profilo su MySpace -, che ora punta a un posizionamento in Rete un po’ diverso. Anche per sdoganarsi dal fenomeno-Facebook – ormai e a vario titolo sulle prime pagine dei giornali quasi tutti i giorni -, ma non solo.

“Ci vedo più simili a Yahoo! o America Online.
Basta solo considerare che facciamo parte dell’impero di Murdoch: dai giornali cartacei e online a Fox a Sky, possiamo contare su una quantità e una qualità di contenuti che definirei pazzeschi”, ci spiega Barbarani.

“Quindi è solo questione di tempo, poco, perché si arrivi a mettere in campo le nostre sinergie: MySpace diventerà quello che definisco un portale di nuova generazione, un sito anche di contenuti premium che offriremo ai nostri 150 milioni di utenti”. Ovviamente a pagamento, come la filosofia del magnate australiano insegna.Una natura diversa per i due siti concorrenti - tutt’e due precoccupati e altrettanto allettati dall’ascesa del giovane Twitter - che è testimoniata anche dalle cifre dei ricavi.

Mentre Facebook, al pari dell’altro fenomeno YouTube, fatica a monetizzare i propri grandi numeri, MySpace per il 2008 ha generato ricavi per quasi un miliardo di dollari.
Una maggiore attenzione all’advertising online, dai banner profilati ai Secret Show sponsorizzati, che – insieme a un filtro più attento ai contenuti che è valso il premio di Altroconsumo – ha forse raffreddato l’animo a molti utenti, più attratti dalla semplicità e “pulizia” di Facebook. Ma che facilmente disegna il presente e futuro della community nata a Los Angeles.

Francesco Barbarani: “Abbiamo un lavoro da sviluppare con i nostri utenti, ma anche con le aziende.
Perché, soprattutto in questo periodo di crisi, è interese delle aziende stesse creare “amicizie” con l’utente.
Le aziende devono letteralmente flirtare con i clienti.
È il concetto dei “Lovemarks”, un lavoro di marketing che inizia su MySpace e che arriva fino al signolo utente per fidelizzarlo”.Business e sentimenti, dunque.
Aziende che amano i propri consumatori e che da loro si fanno amare. Ecco la formula su cui punta il “nuovo MySpace”.

“Abbiamo un’attenzione maniacale per i nostri utenti, il nostro team qui in in Italia si preoccupa di scrivere ai nuovi utenti, ogni giorno rispondiamo sempre a tutti quelli che ci scrivono. Diciamo che non siamo “democratici” tra virgolette come Facebook, ma che ai nostri utenti vogliamo davvero bene”.
Sorride Barbarani. E per far capire come MySpace sia presente e attivo sul territorio cita i progetti di Genova – la prima città italiana, e forse non solo, che dialoga con i cittadini attraverso il sito -, quello con la Fondazione De Andrè per far musicare da band sconosciute quattro testi inediti del cantante, infine il concorso per scrivere la colonna sonora dello spot dell’associazione Soleterre Onlus, con cui il portale lavora da tempo.

martedì 28 aprile 2009

Cannes prima de festival..


Mini-vacanza a Cannes(pensando al Festival!)
Un tour che anticipa il prossimo Festival del Cinema, alla scoperta dei luoghi cult delle star internazionali.
Tempo di sole tiepido, di riflessi sul mare e di vita slow.

In Costa Azzurra a Cannes, meta di riferimento anche in Primavera, la Croisette è eternamente animata, fin da quando, nella Belle Époque, questo porticciolo luminoso divenne meta privilegiata dell'aristocrazia europea, stregata dalla bellezza del luogo e dall'eccezionalità del suo clima.
Oggi la città è soprattutto un mito del cinema mondiale.

Dal 1939, data del primo Festival del Cinema, il mondo della Settima Arte è solito darsi appuntamento qui, non solo per salire la celebre scalinata del Palais, ma anche per girare film in questo immenso set naturale.

Ma poiché Cannes è inavvicinabile durante il periodo del Festival che si svolge a maggio (dal 13 al 24), si può programmare un week end pre o post evento, seguendo le tracce di star passate e presenti. Ecco tutte le dritte.


Cannes: dove dormire,dove mangiare

Per vivere a piedi la città, l'ideale è alloggiare in centro.

L'Albe Hotel (31 rue Bivouac Napoleon, tel +33 (0)4 9706 212) è un due stelle nel cuore della città e vicino alla spiaggia.Altro indirizzo, l'Hotel Des Allées (6 rue Emile Négrin, tel. +(33) 4 93 39 53 90) in pieno centro, primo hotel non fumatori della Costa Azzurra.

Se però il budget è ridotto, ma non volete perdere l'opportunità di visitare la celebre cittadina sulla Costa Azzura, si può optare per una struttura dedicata ai giovani nei dintorni. Una fra tutte, che coniuga prezzi contenuti e charme, è il Relais International de la Jeunesse Caravelle 60, posto in una splendida casa con giardino affacciata sulla spiaggia di Cap D'Antibes, a pochi chilometri da Cannes.

Il posto letto con pensione completa, costa 32,50 euro al giorno (http://www.clajsud.fr/ ).

L'Auberge Pour la Jeunesse le Chalit (27 avenue Mal. Galliéni, tel. +33 (0)4 93 99 22 11), per esempio, può rappresentare una valida alternativa easy.Cannes ha celebri ristoranti stellati ma inavvicinabili in genere per un pubblico giovane. Meglio puntare su ristoranti e brasseries nella zona di Suquet con menu che variano dai 24 ai 30 euro e buona scelta di piatti. Ecco qualche indirizzo: 24 Suquet, 24 rue du Suquet (http://www.24-suquet.com/). Le Beija-Flor Jazz Restaurant, 7 rue du Suquet.

La Clé de sol, 18 rue du Suquet.Dulcis in fundo, a Cannes si possono frequentare anche eccellenti corsi di cucina. Come quelli proposti dall' Ecole gourmande Lenotre (rue d'Antibes 63, www.lenotre.fr/fr/ecole-leno), in pieno centro, oppure Les Apprentis Gourmets (6 rue Teisseire, http://www.lesapprentisgourmets.fr/).


"Le Tour des Stars"

A Cannes, l'itinerario dei luoghi cinematografici è intrigante e rappresenta un viaggio nella storia del cinema. Ecco gli hot spots

Si comincia dalla Allée des Etoiles du Cinéma inaugurata sulla Esplanade Pompidou, proprio davanti al Palais, dove sono inserite più di 350 impronte di star celebri, da Sophia Loren a Pedro Almodovar, da Martin Scorsese a Quentin Tarantino.

Ci si può divertire anche incarnando personaggi da sogno: intorno al Palais, sulla Croisette, sono disposte qua e là le Silhouettes du Cinéma, undici profili a grandezza naturale, che permettono di diventare un eroe o un'eroina immortale giusto per il tempo di una foto e un sorriso: Angelina Jolie alias Lara Croft o Uma Thurman di Kill Bill, George Clooney di Ocean's 12, Spiderman o Johnny Depp dei Pirati dei Caraibi.Ma è soprattutto l'itinerario dei muri dipinti, un vero museo cinematografico a cielo aperto, quello che fa sognare gli ospiti della città, portandoli a scoprire nel frattempo i suoi angoli più segreti. Anche perché spesso, per vedere i murales, occorre alzare gli occhi in alto o arrampicarsi lungo le stradine ripide, intersecate da scalinate sinuose e pittoresche, del quartiere storico del Suquet. Il murale più divertente e complesso è quello in Place Cornut-Gentille, 2 quai Saint Pierre, che si potrebbe intitolare Lo spettacolo sta per cominciare: ci sono tutti, Federico Fellini con la cinepresa, Fred Astaire e Topolino, Luis de Funès e Batman, Belmondo e Depardieu.

Un grandissimo affresco che racconta sotto il sole la storia d'amore che lega ormai da anni Cannes e il cinema.

Tutta la sensualità di Marilyn Monroe risplende in un enorme murale al 16 boulevard d'Alsace rendendo omaggio alla sua mitica bellezza.

E una mitica bellezza maschile é anche quella di Alain Delon, ritratto nel pieno della giovinezza mentre guida il battello del film Delitto in pieno sole di René Clément in avenue Francis Tonner.

Imperdibili infine i due più recenti murales affrescati sui muri di Cannes per continuare la serie: in boulevard la République baci al cinema, tutte le coppie celebri protagoniste di Notorius, Titanic, Via col vento, La dolce vita e Le automobili del cinema al Parking Berthelot-ex Diabolika, che evocano altri celebri set ripresi da Bonnie e Clyde, Starsky e Hutch, Batman, Taxi driver.

Se poi si vuole percorrere un itinerario cinematografico comodamente seduti su un trenino speciale che conduce in giro per la città, ecco i Cannes Cinema Tour che partono dal Palais des Festivals e fanno scoprire le tracce delle più grandi star del cinema attraverso gli hotel cinque stelle, le spiagge, le boutique lussuose sulla Croisette.

Le Train du cinéma info@cannes-petit-train.com. Altre info turistiche su http://www.cannes.com/

giovedì 23 aprile 2009

Penelope Cruz a Los Angeles


Penelope Cruz: "Vivere a Los Angeles correndo (senza patente)"
Dopo l’Oscar, Penelope Cruz passa da un set all’altro.

“Ma anche qui cerco di vivere alla spagnola”
Finalmente ha un Oscar e, per ora, nessuna novità in amore.

Ma anche se fosse tornata single, Penélope Cruz non l'avrebbe sbandierato al mondo. «Lo sanno tutti che cerco di non parlare della mia vita privata, se posso evitarlo».


Niente dichiarazioni, quindi, sulla presunta fine della sua storia con Javier Bardem.

A vederli fotografati insieme, in un ristorante di Alcobendas (la cittadina vicino Madrid in cui è nata la Cruz), non sembra che tra i due attori ci sia aria di crisi: Javier abbraccia e bacia la “quotatissima” fidanzata.

nuovo look, nuovo amore di Ornella Muti


Ha un debole per gli uomini più giovani e che lavorano nel campo della bellezza.

Ornella Muti (53 anni?), dopo i dieci anni trascorsi accanto al chirurgo plastico Stefano Piccolo (40 anni), l’attrice fa ora coppia fissa con Fabrice Kerhervé, che di anni ne ha 43 ed è anche titolare di un’azienda cosmetica, di cui peraltro la Muti è testimonial.

Ornella, che vedremo a maggio in Tv nella fiction Doc West, sembra aver ritrovato la sua serenità.

I due hanno trascorso insieme la Pasquetta a Roma e per l’occaisone lui ha sfoggiato un look un po’ selvaggio e modi da cavaliere.

Non senza qualche scivolone. Fabrice infatti ha coccolato e sbaciucchiato la sua bella per tutto il giorno.

È andato a prenderla, le ha aperto lo sportello della sua Ferrari nera, l’ha portata al ristorante e l’ha riempita di attenzioni.
L’uomo dei sogni?

A Graz il Gourmet Reise Festival



Miam..Il top dell’arte culinaria al Gourmet Reise Festival


Dal 6 al 13 giugno Graz ospiterà la seconda edizione del Gourmet Reise Festival, un evento che trasformerà il capoluogo stiriano in un luna park dei sapori.

Il programma è fittissimo e propone cene con le stelle del mondo gourmand, itinerari guidati nel centro cittadino tra cantine, cucine e negozi, escursioni nella Stiria Orientale, dove nascono le migliori materie prime della cucina locale - dal cioccolato al prosciutto, dall’olio di semi di zucca ai distillati sino ad arrivare agli aceti e ai conserve di frutta - e tour anche nella Stiria Occidentale, tra vini e formaggi.

E poi degustazioni di vini e distillati nelle enoteche cittadine.

Dietro ai fornelli ci saranno alcuni dei migliori chef del mondo.

Si inizierà con una grande festa, il 6 giugno, alla Helmut List Halle.

Saranno di scena quattro giovani e promettenti chef: Mario Kotaska, una stella Michelin e tre cappelli Gault Millau a La Société di Colonia, Ralf Zacherl e Stefan Marquard, protagonisti di una seguitissima trasmissione di cucina sul canale tedesco RTL, e Martin Baudrexel, del ristorante Rubico, a Monaco, dove mixa suggestioni asiatiche all’eleganza della tradizione francese e italiana.

Karlheinz Hauser, del ristorante Süllberg di Amburgo sarà di scena l’8 giugno al Palais Erzherzog Johann.

Sfoggerà una stella Michelin, tre cappelli Gault Millau e proporrà piatti che sembrano opere d’arte.

Per stupire la vista prima del palato. Sempre l’8 giugno, ma allo Schloss Gabelhofen, il protagonista sarà Jochen Riedel, chef del Relis & Châteaux Grande Roche di Western Cape, in Sud Africa.

La sua specialità è esaltare gli aromi e i profumi del Sud Africa, miscelandoli, con estrema sapienza, con le migliori suggestioni della cucina internazionale.

Il 9 giugno allo Schlosshotel Obermayhofen sarà ai fornelli Pasquo King, leading chef dell’hotel Burj al Arab di Dubai, il più famoso “sette stelle” del mondo. E’ un entusiasta della cucina e della vita e riesce a trasferire questa sua passione nelle in creazioni culinarie che lui definisce “dei falò di sapori”.

Sempre il 9 giugno sarà possibile gustare, al Restaurant Blounge, la raffinata cucina di Mario Lohninger del Cocoon Club di Francoforte. Con una stella Michelin e tre cappelli Gault Millau Mario ha fatto diventare i suoi piatti, sexy, pieni di humor e di stile, assolutamente di moda. Tanto da guadagnarsi, a soli 34 anni, già due vendutissime biografie.

Dieter Müller del ristorante Schloss Lerbach, in Germania, premiato con tre stelle Michelin e quattro cappelli Gault Millau sarà di scena di 10 giugno nella scenografica sala ristorante del Romantik Parkhotel Graz per una cena piena di sorprese.

Potrebbe presentare anche qualcuno dei suoi piatti storici, come la crème brûlée di fegato d’oca o il polipo alla spuma di champagne. Sempre il 10, al Burghotel Deutschlandsberg, proporrà le sue delizie Vivek Singh del Cinnamon Club di Londra, uno dei migliori ristoranti indiani della Gran Bretagna. Da The Modern, di New York, arriverà Gabriel Kreuther, di scena l’11 giugno alla Landhaus Keller.

Famosissimo negli Usa, e detentore di una stella Michelin, Kreuther è uno dei migliori rappresentanti della “French-American Cuisine” , una cucina moderna, snella e piena d’armonia. Ancora l’11 giugno, Thomas Rode Andersen del Kong Hans Kælder di Copenhagen, proporrà le sue delizie nate dall’amore tra lo spirito della cucina francese e la concretezza dei migliori ingredienti danesi. Il tutto condito con tanta fantasia e tanta leggerezza.

Il 12 giugno, spazio all’Estremo Oriente. All’Aiola City il protagonista sarà Heinz von Holzen del Bambu Bali, uno dei ristoranti migliori di tutta l’ Indonesia.

E’ uno specialista di cucina balinese, ama i profumi intensi, lo sfavillio dei colori nel piatto e ricchezza delle materie prime di qualità. Nella stessa serata, ma al ristorante dell’hotel Pichlmayrgut, si esibirà Wai Look Chow del Fisherman’s Cove di Kuala Lumpur, E’ una vera superstar della cucina malese, capace di trasformare pesci, molluschi e crostacei in delizie da gustare e da ammirare.

Il Gourmetreise Festival si concluderà il 13 giugno con una cena di gala proposta dalla collaborazione tra Lafer, Kreuther, Chow, Andersen, Holzen e King.Info: Studio Anna Pugliese

La città:Graz

(in sloveno Gradec da grad = cittá ed ec = suffisso per “piccolo”) è il capoluogo del Land della Stiria (in tedesco Steiermark) in Austria

E' la seconda città austriaca per abitanti (al censimento 2006 erano 287.723, di cui 250.099 come prima residenza).

È sede di 6 università con circa 40 mila studenti.

Il centro cittadino è uno dei più conservati dell’Europa centrale e grazie a ciò nel 1999 Graz venne aggiunta all’elenco dei Patrimoni dell’umanità dell’UNESCO.

È stata capitale europea della cultura per il 2003.

300 cappelli in mostra al Victoria and Albert Museum di Londra


A Londra un viaggio nella storia del cappello..
Fino al 10 maggio al Victoria and Albert Museum in mostra più di 300 modelli selezionati dal modista Stephen Jones .
Stephen Jones si laurea alla St Martin's School a Londra nel 1979. Da allora, ha prodotto collezioni di cappelli due volte all'anno con il brand "Stephen Jones Millinery" e ha collaborato con stilisti del calibro di Jean Paul Gaultier, Vivienne Westwood, Thierry Mugler, Christian Dior, John Galliano, Comme des Garçons e Marc Jacobs.

È lui il prescelto che dall'Aprile 2007 ha selezionato più di 300 cappelli dai vastissimi archivi della collezione del Victoria and Albert Museum di Londra arrivando a rappresentare ben 17 secoli di storia.

Dalla maschera Egiziana Anubi del 600 a.C. alla moda di Balenciaga degli anni '50, per la prima mostra sui cappelli del V&A Museum Jones si è divertito a scovare i modelli più interessanti, curiosando anche tra le collezioni inglesi di Bath, Stockport, Luton, la Royal Collection e godendo di prestiti internazionali da Los Angeles, New York, Parigi, Vienna nonché di contributi di collezionisti privati.

Molti gli inediti esposti all'interno di un percorso di 4 sezioni.

Inspiration affronta le tematiche da cui hanno attinto i modisti nel corso della storia; Creation illustra attraverso bozzetti e materiali le tradizioni, le innovazioni e il lavoro che porta alla creazione dei cappelli.

Il Salon mostra modelli spettacolari al top delle capacità sartoriali, mentre in Client si avrà modo di ammirare i cappelli che sono stati indossati da chi ha fatto di questo importantissimo accessorio un must: Dita von Teese, Gertrude Shilling, Isabella Blow e Anna Piaggi.

In esposizione anche gli ultimi modelli di modisti mondiali come Noel Stewart, Nasir Mazhar e naturalmente le recenti collezioni di Stephen Jones "VANDA" e "Albertopolis", entrambe ispirate dalla collaborazione con il V&A. Hats: An Anthology by Stephen Jones


Fino al 10 maggio 2009 Victoria and Albert Museum -

V&A South Kensington Cromwell Road, London

lunedì 13 aprile 2009

La Gina Light fa la star a Cernobbio


Special guest a Cernobbio!


L’avveniristica Bmw Gina Light sarà l’ospite d’onore del Concorso d’Eleganza Villa d’Este, l’evento sul lago di Como che, giunto all’ottantesima edizione (la prima nel 1929), mette insieme le più belle auto d’epoca ed i prototipi.

Capolavori di tecnologia e bellezza a quattro ruote.
Sarà il pubblico a decretare la migliore concept car, che non sarà però, la Bmw Gina Light.

Per un semplice motivo: è fuori concorso!
L’innovazione più radicale di questo prototipo Bmw è nella sua carrozzeria, la prima ad essere “malleabile”, poiché realizzata con uno speciale tessuto elasticizzato.
Il Concorso d’Eleganza si terrà a Cernobbio dal 24 al 26 aprile.

Dal sito del concorso: Tra gli eventi che celebrano il fascino delle automobili d’epoca, il Concorso d’Eleganza Villa d’Este è probabilmente quello più rinomato. E certamente è quello di maggiore tradizione per essere stato istituito nel 1929.

Dopo la sua rinascita negli anni 90, il Concorso ha visto migliorare di anno in anno i suoi contenuti che sono poi quelli che caratterizzano questo genere di eventi: la bellezza dello scenario, l’ospitalità impeccabile, l’efficienza dell’organizzazione, il programma delle giornate al Grand Hotel Villa d’Este e a Villa Erba, l’attenzione del pubblico, il risalto dato dalla stampa e dalle televisioni internazionali e, soprattutto, l’eleganza, l’originalità e lo stato di conservazione delle preziose fuoriserie che vi partecipano.

Al Concorso d’Eleganza Villa d’Este si respira un’aria di autentica aristocrazia, diversa dall’atmosfera leggermente commerciale che contraddistingue gli altri eventi.
Dopo un’attenta e rigorosa selezione, ogni anno confluiscono da tutto il mondo a Cernobbio le automobili più belle e importanti, accomunate da un design eccelso, dall’originalità e dal perfetto stato di conservazione, che ne fanno la migliore espressione dell’evoluzione dello stile dell’automobile.
Sulle rive del Lago di Como, il parco di Villa d’Este fa da magnifica cornice all’esposizione di circa 50 automobili d’epoca costruite tra gli anni Venti e Settanta, suddivise in categorie omogenee.

Presieduta da Lorenzo Ramaciotti, la Giuria formata da eminenti conoscitori del mondo dell’automobile assegna il premio “Best of Show”, offerto dal Gruppo BMW, all’automobile che più di ogni altra sa esprimere bellezza, passione ed unicità, in una parola a un’auto straordinaria. Ma a Villa d’Este anche il pubblico è protagonista: gli applausi ed i voti alle auto in gara decidono il vincitore del premio più tradizionale ed ambito del Concorso, la Coppa d’Oro Villa d’Este.
Il Concorso d’Eleganza Villa d’Este, al cui crescente successo contribuisce il generoso patrocinio del Gruppo BMW, ha introdotto dal 2002 un nuovo premio riservato alle concept cars ed ai prototipi contemporanei e basato, come per le automobili d’epoca, essenzialmente sul design e sulle sue tendenze, alcune delle quali verranno introdotte nella produzione del futuro.

Con ciò si riporta il Concorso allo spirito delle sue origini, quando i carrozzieri italiani ed esteri si avvalevano del Concorso per presentare alla loro clientela ed al pubblico i loro ultimi modelli. Oggi come ieri , il pubblico assegnerà il premio del Concorso d’Eleganza ad una di queste concept cars e prototipi esposti.

Le automobili, i partecipanti, i giardini e gli edifici di Villa d’Este e Villa Erba, il meraviglioso paesaggio del Lago di Como e la presenza di un pubblico che si dimostra sempre assai interessato e competente rendono questo evento un’esperienza indimenticabile. l’avanguardia delle concept cars e dei prototipi più nuovi.