giovedì 1 ottobre 2020

Yayoi Kusama et Louis Vuitton, un incontro affascinante


L’arte e la moda sono da sempre un binomio indissociabile, un rapporto amoroso che nasce, vive e va avanti , nutrendosi a vicenda di innovazioni.  
Parliamo di incontri fortunati che hanno cambiato il modo di percepire la moda e la storia del costume, di donne ostinate e geniali che hanno creato e innovato stili, rivoluzionando non solo gli abiti, ma il modo di pensare di intere generazioni. 

L’incontro tra il brand di lusso Louis Vuitton e Yayoi Kusama è stato senza dubbio uno degli incontri più felici tra arte e moda. 
Una scelta fortemente voluta dal direttore creativo della maison, Marc Jacobs, certo non indifferente alla fascinazione per l’arte contemporanea e alle sue contaminazioni con il fashion. 

Fu infatti proprio Jacobs a dare vita, nel 2003 a una collaborazione con l’artista giapponese Takashi Murakami. 
Che dire dell' iconica handbag monogram multicolor? 
Jennifer Lopez, Naomi Campbell, Paris Hilton e Nicole Richie non potevano farne a meno, e in breve divenne un must-have per le star, e non solo. 
Fu un sodalizio felice che durò ben 12 anni, fino a quando la collaborazione fini' e lo stilista americano si mise a caccia di novità : da Richard Prince, che lo folgorò con la sua mostra Spiritual America del 2007 – un inno all’anti-eroe americano – a Cindy Sherman, fino a lei, la regina dei pois, l'artista Yayoi Kusama.


Yayoi Kusama si avvicina giovanissima all’arte studiando pittura Nihonga nella sua patria, il Giappone. 
Dipinge violette, peonie, zinnie, zucche. 
Cominciano le allucinazioni, che non la abbandoneranno mai più. 
Ben presto il rigore formale dell’arte giapponese – nonché la rigidità dell’Impero del Sol Levante – le stanno stretti, così decide di trasferirsi a New York
Alla fine degli Anni 50 la Grande Mela è per gli artisti la terra promessa: sono gli anni dell’Espressionismo Astratto, dell’Action Painting, della Pop Art. 

Yayoi Kusama è una donna giapponese in un mondo dominato da uomini: realizza tele enormi, performance con espliciti riferimenti sessuali, utilizzando il suo corpo (o quello di altre persone) e dipingendolo con enormi pois. 
Il sesso è un’ossessione. 
I tormenti di Yayoi risalgono all'infanzia, al rapporto con il padre che tradisce continuamente la madre, alla sua sensibilità di bambina e poi adolescente non capita dal mondo che la circonda. 
I primi anni a New York non solo facili: l’arte è in mano agli uomini, il mondo non è ancora pronto per la sua arte. Soffre la fame, vive ai margini, tenta il suicidio. “Quando mi sentivo triste, salivo sull’Empire State Building.
In cima al più alto grattacielo esistente sentivo che ogni cosa era possibile. 
Un giorno, lì a New York, avrei stretto tutto ciò che volevo in quelle mie mani vuote. 
Il mio impegno per attuare una rivoluzione nell'arte totale che sentivo il sangue ribollire nelle vene e dimenticavo la fame”. 

Poi risorge. Importanti gallerie cominciano ad accorgersi di lei, di quella donna dai capelli tagliati a caschetto e dallo sguardo che sembra proiettato altrove, in un altro pianeta. 
Da allora non si è più fermata. 
Con “Infinity Mirror Room” la sua arte si moltiplica attraverso l’utilizzo di specchi applicati alle pareti e falli bianchi ricoperti di puntini rossi al centro della sala. 
Le sue azioni performative non si concentrano solo sul suo universo interiore, ma anche su temi politici – come il Body Painting Festival, organizzato contro la guerra – e di rivolta sessuale. 

Negli Anni 70 fonda la Kusama Fashion Co. che si occupa di produrre vestiti e vendere abiti e tessuti in stile Kusama.
Yayoi Kusama e Phalli’s Field, 1965.
Eikoh Hosoe/Courtesy Ota Fine Arts, Tokyo/Singapore; Victoria Miro, London; David Zwirner, New York

In pochi anni, Yayoi viene riconosciuta come una delle figure più controverse e geniali dell’arte americana, fino al 1975, quando decide di ritornare in Giappone
Il male di vivere dell’artista si accentua sempre di più, e così decide di auto-ricoverarsi in un ospedale psichiatrico

Questo non la tiene lontana dall’arte, anzi: lavora incessantemente e le vengono dedicate importanti mostre al Museum of Modern Art di New York, al Walker Art Center nel Minneapolis, alla Tate Modern a Londra, al Centre Pompidou di Parigi e al National Museum of Modern Art di Tokyo. 
Le sue opere vengono vendute a cifre record, i collezionisti più importanti del mondo si contendono i suoi lavori. Yayoi Kusama però è sempre in un ospedale psichiatrico, la sua vita è lì. 

L’incontro con Marc Jacobs non fa che accrescere la sua fama. 
È il 2012 e Yayoi Kusama non ha certo bisogno di presentazioni, ma la sua celebrità è destinata a uscire dal circuito dell’arte, ad andare altrove, per finalmente diventare un’icona che resterà non solo nella storia, ma nell'immaginario di tutti. 

“In ognuna delle tele e delle installazioni di Yayoi Kusama c’è una sorta di ossessione e in ogni creazione c’è un mondo infinito. 
" Dev'essere per questo che la ammiro e la amo tanto, che mi emoziono di fronte al personaggio e alle sue opere" ha dichiarato Marc Jacobs a proposito della loro collaborazione. 
I pois dell’artista, ripetuti fino all’ossessione, finiscono su borse e accessori di pelletteria e danno vita a una collaborazione che passerà alla storia. 

Louis Vuitton realizza una linea di borse che riprende i modelli più iconici, sostituendo la classica tela Monogram con la ben più prestigiosa pelle Monogram Vernis Dots Infinity

Altre borse subiscono invece un restyling più fantasioso dove i manici, la parte superiore e il fondo sono stati realizzati in pelle verniciata Dots Infinity, mentre la parte centrale è in nylon Monogram. 
Insieme alle borse sono stati realizzati articoli di piccola pelletteria: portafogli, pochette, portamonete che, oltre ai pois, riportano le zucche e i nervi biomorfici, altri elementi caratteristici dell’arte di Kusama

Ma non finisce qui: la collezione comprende anche bracciali modello bangle, scarpe decolleté, ballerine. C’è anche un trench in plastica, che permette a chi lo indossa di apparire come se fosse stato dipinto a mano, pieno di pois.
E poi teli mare, parei, e foulard. La mini collezione di abbigliamento e accessori “by Kusama” riscuote un successo planetario. 
Mentre il negozio Louis Vuitton di Fifth Avenue era coperto di pois bianchi di ogni dimensione, poco più avanti il Whitney Museum celebrava l’artista con una delle più grandi retrospettive mai realizzate su di lei. 
Nonostante la consacrazione mondiale, il successo planetario e un documentario di recente uscita che la celebra, Yayoi è rimasta una signora di 90 anni che ancora crea e spesso ripete “La terra è solo un piccolo pois nell'universo”.


venerdì 1 febbraio 2019

Il Museo Collezione Branca di Milano







Il Museo Collezione Branca è un museo di impresa che narra la storia di una delle più importanti e note aziende milanesi, le cui origini risalgono al 1845, quando Bernardino Branca crea l’amaro diventato famoso in tutto il mondo, il Fernet Branca, e fonda la società Fratelli Branca


Nasce il primo stabilimento in Corso di Porta Nuova a Milano con la collaborazione dei tre figli, Giuseppe, Luigi, Stefano.


Stefano Branca entra in società nel 1862 e lancia sul mercato nuovi prodotti presentandoli alle grandi esposizioni internazionali di fine secolo: sono un successo immediato.




La società Branca sarà protagonista, alla fine del secolo, delle principali esposizioni universali.


Il Museo Collezione Branca è ospitato nel complesso industriale della Fratelli Branca Distillerie di Milano.


Il complesso produttivo di Via Resegone e la Collezione Branca nascondono alcune meraviglie che meritano di essere scoperte, come le oltre 500 botti destinate alla maturazione di Fernet-Banca e del brandy Stravecchio, inaspettatamente custodite sotto una delle circonvallazioni più trafficate d’Italia, e il patrimonio storico e di comunicazione della Collezione Branca che riserva oggetti, immagini, pubblicità dei più celebri cartellonisti e grafici del Novecento.



Nella collezione, arte e industria si fondono. 
I ritratti dei fondatori aprono il percorso che illustra i diversi ambiti del ciclo produttivo grazie alla suggestiva "area erboristeria", al laboratorio chimico e alla falegnameria.


L'attenzione da sempre riservata da Branca all'immagine di impresa e alla comunicazione è testimoniata da un'ampia raccolta di bottiglie storiche, da calendari, realizzati dal 1886 al 1913,e da manifesti pubblicitari firmati dai più importanti cartellonisti italiani come il triestino  Leopoldo Metlicovitz, autore del famoso logo del "Mondo" Branca.   
L’autore, nato a Trieste nel 1868, inizia la sua carriera presso le Officine Grafiche Ricordi. 
Si afferma come uno degli artisti più rappresentativi del periodo. 



Tra la sua vastissima produzione si ricorda la serie di manifesti, pietra miliare della comunicazione italiana, eseguiti per le opere liriche di Giacomo Puccini.




La visita al Museo Collezione Branca è un'occasione per riscoprire la tradizione industriale di Milano e la sua  capacità di associare  alla sua storia il mondo dell'arte e della comunicazione.




Il Museo Collezione Branca si trova presso lo stabilimento della Fratelli Branca Distillerie.

via Resegone, 2
20159 – Milano

Tel. 02-8513970
email: collezione@branca.it



Per raggiungere il Museo : Uscita autostradale Milano Fiera – Viale Certosa


Mezzi pubblici : Metropolitana linea 3, fermata Maciachini.

Passante ferroviario, fermata Lancetti

Linee di superficie: 2, 4, 82, 90, 91, 92 

Orari di apertura
Il museo è aperto solo per visite guidate su prenotazione o invito, a gruppi di massimo 25 persone nei seguenti giorni:

  • Lunedì alle 10 ed alle 15
  • Mercoledì alle 10 ed alle 15
  • Venerdì alle 10 ed alle 15