giovedì 23 aprile 2009

300 cappelli in mostra al Victoria and Albert Museum di Londra


A Londra un viaggio nella storia del cappello..
Fino al 10 maggio al Victoria and Albert Museum in mostra più di 300 modelli selezionati dal modista Stephen Jones .
Stephen Jones si laurea alla St Martin's School a Londra nel 1979. Da allora, ha prodotto collezioni di cappelli due volte all'anno con il brand "Stephen Jones Millinery" e ha collaborato con stilisti del calibro di Jean Paul Gaultier, Vivienne Westwood, Thierry Mugler, Christian Dior, John Galliano, Comme des Garçons e Marc Jacobs.

È lui il prescelto che dall'Aprile 2007 ha selezionato più di 300 cappelli dai vastissimi archivi della collezione del Victoria and Albert Museum di Londra arrivando a rappresentare ben 17 secoli di storia.

Dalla maschera Egiziana Anubi del 600 a.C. alla moda di Balenciaga degli anni '50, per la prima mostra sui cappelli del V&A Museum Jones si è divertito a scovare i modelli più interessanti, curiosando anche tra le collezioni inglesi di Bath, Stockport, Luton, la Royal Collection e godendo di prestiti internazionali da Los Angeles, New York, Parigi, Vienna nonché di contributi di collezionisti privati.

Molti gli inediti esposti all'interno di un percorso di 4 sezioni.

Inspiration affronta le tematiche da cui hanno attinto i modisti nel corso della storia; Creation illustra attraverso bozzetti e materiali le tradizioni, le innovazioni e il lavoro che porta alla creazione dei cappelli.

Il Salon mostra modelli spettacolari al top delle capacità sartoriali, mentre in Client si avrà modo di ammirare i cappelli che sono stati indossati da chi ha fatto di questo importantissimo accessorio un must: Dita von Teese, Gertrude Shilling, Isabella Blow e Anna Piaggi.

In esposizione anche gli ultimi modelli di modisti mondiali come Noel Stewart, Nasir Mazhar e naturalmente le recenti collezioni di Stephen Jones "VANDA" e "Albertopolis", entrambe ispirate dalla collaborazione con il V&A. Hats: An Anthology by Stephen Jones


Fino al 10 maggio 2009 Victoria and Albert Museum -

V&A South Kensington Cromwell Road, London

lunedì 13 aprile 2009

La Gina Light fa la star a Cernobbio


Special guest a Cernobbio!


L’avveniristica Bmw Gina Light sarà l’ospite d’onore del Concorso d’Eleganza Villa d’Este, l’evento sul lago di Como che, giunto all’ottantesima edizione (la prima nel 1929), mette insieme le più belle auto d’epoca ed i prototipi.

Capolavori di tecnologia e bellezza a quattro ruote.
Sarà il pubblico a decretare la migliore concept car, che non sarà però, la Bmw Gina Light.

Per un semplice motivo: è fuori concorso!
L’innovazione più radicale di questo prototipo Bmw è nella sua carrozzeria, la prima ad essere “malleabile”, poiché realizzata con uno speciale tessuto elasticizzato.
Il Concorso d’Eleganza si terrà a Cernobbio dal 24 al 26 aprile.

Dal sito del concorso: Tra gli eventi che celebrano il fascino delle automobili d’epoca, il Concorso d’Eleganza Villa d’Este è probabilmente quello più rinomato. E certamente è quello di maggiore tradizione per essere stato istituito nel 1929.

Dopo la sua rinascita negli anni 90, il Concorso ha visto migliorare di anno in anno i suoi contenuti che sono poi quelli che caratterizzano questo genere di eventi: la bellezza dello scenario, l’ospitalità impeccabile, l’efficienza dell’organizzazione, il programma delle giornate al Grand Hotel Villa d’Este e a Villa Erba, l’attenzione del pubblico, il risalto dato dalla stampa e dalle televisioni internazionali e, soprattutto, l’eleganza, l’originalità e lo stato di conservazione delle preziose fuoriserie che vi partecipano.

Al Concorso d’Eleganza Villa d’Este si respira un’aria di autentica aristocrazia, diversa dall’atmosfera leggermente commerciale che contraddistingue gli altri eventi.
Dopo un’attenta e rigorosa selezione, ogni anno confluiscono da tutto il mondo a Cernobbio le automobili più belle e importanti, accomunate da un design eccelso, dall’originalità e dal perfetto stato di conservazione, che ne fanno la migliore espressione dell’evoluzione dello stile dell’automobile.
Sulle rive del Lago di Como, il parco di Villa d’Este fa da magnifica cornice all’esposizione di circa 50 automobili d’epoca costruite tra gli anni Venti e Settanta, suddivise in categorie omogenee.

Presieduta da Lorenzo Ramaciotti, la Giuria formata da eminenti conoscitori del mondo dell’automobile assegna il premio “Best of Show”, offerto dal Gruppo BMW, all’automobile che più di ogni altra sa esprimere bellezza, passione ed unicità, in una parola a un’auto straordinaria. Ma a Villa d’Este anche il pubblico è protagonista: gli applausi ed i voti alle auto in gara decidono il vincitore del premio più tradizionale ed ambito del Concorso, la Coppa d’Oro Villa d’Este.
Il Concorso d’Eleganza Villa d’Este, al cui crescente successo contribuisce il generoso patrocinio del Gruppo BMW, ha introdotto dal 2002 un nuovo premio riservato alle concept cars ed ai prototipi contemporanei e basato, come per le automobili d’epoca, essenzialmente sul design e sulle sue tendenze, alcune delle quali verranno introdotte nella produzione del futuro.

Con ciò si riporta il Concorso allo spirito delle sue origini, quando i carrozzieri italiani ed esteri si avvalevano del Concorso per presentare alla loro clientela ed al pubblico i loro ultimi modelli. Oggi come ieri , il pubblico assegnerà il premio del Concorso d’Eleganza ad una di queste concept cars e prototipi esposti.

Le automobili, i partecipanti, i giardini e gli edifici di Villa d’Este e Villa Erba, il meraviglioso paesaggio del Lago di Como e la presenza di un pubblico che si dimostra sempre assai interessato e competente rendono questo evento un’esperienza indimenticabile. l’avanguardia delle concept cars e dei prototipi più nuovi.

Un chien à La Maison Blanche?



Pendant que certains enfants cherchent des œufs dans le jardin comme le veut la tradition pascale, Malia et Sasha Obama pourraient y trouver…un chien - celui que leur père leur a promis pendant la campagne électorale pour la présidentielle américaine.


L’affaire fait grand bruit aux États-Unis : l’arrivée de l'animal fait effectivement l'objet de plusieurs enquêtes dans la presse américaine.






First couple dip into their own pockets to remodel White House


THERE is no sign yet of the presidential puppy, but the Obamas are making the White House their own – much of it at their own expense.


The White House is being revamped inside and out to turn it into a family home.


There is speculation that the much-anticipated dog for Malia, 10, and Sasha, 7, could finally arrive on Easter Day. “Oh man, that’s top secret,” Barack Obama said.
When the promised Portuguese water dog or labradoodle turns up on the White House lawn, there could be some no-go zones. It will, for instance, have to keep out of the organic vegetable garden planted by Michelle Obama.


If the first pooch heads for the swing set near the West Wing, installed for the first daughters, it could get under the feet of the president. Obama rolled up with Hillary Clinton to the picnic table last Friday to swap notes on his recent trip to Europe and Iraq.




The dog will still have endless room to roam past the tennis court installed by Teddy Roosevelt in 1903, the horseshoe pitch where George Bush Sr tested the aim of Boris Yeltsin, the Russian president, the putting green installed by Dwight Eisenhower, the swimming pool built by Gerald Ford and Bill Clinton’s jogging track.
The puppy is due to arrive imminently after Obama promised on Jay Leno’s television chat show that the girls would finally get one after he returned from last week’s Nato summit.
They have already waited for five months since election night.


“This is Washington. That was a campaign promise. I’m teasing,” their father joked.
It will arrive “soon, so soon”, said Michelle, as she planted the first fruit and vegetable seedlings in the 1,100 sq ft garden with children from a local school.


The White House grounds will be overrun again for a day of fun tomorrow with up to 2,000 children attending the traditional Easter Monday “egg roll” – including 100 whose tickets were set aside for lesbian and gay families.
The organic garden will be tended at public expense by White House staff, with help from the first family, but it is “real inexpensive”, Michelle said. “We can produce enough fruits and vegetables to feed us for years to come just for a couple of hundred dollars.”
“It is a wonderful example of how you can use the role of first lady,” said Ann Stock, Hillary Clinton’s White House social secretary.


“She brought in a school class to plant the vegetables and brought in the television cameras, so millions of people heard about it. How many people planted gardens or filled pots with seeds as a result?”
The Obamas will pay for many of the White House improvements themselves after the president earned $2.5m (£1.7m) last year alone in royalties from the sale of his books, including the memoir Dreams from My Father.


They will redecorate their private quarters out of their own purse – turning down $100,000 of taxpayers’ money allocated by Congress.


“The Obamas have determined now is not the time to use taxpayer funds,” said Camille Johnston, Michelle’s communications director.
Stock said the Obamas were wise to pay for their own interior decorating: “It’s a very smart decision, given where we are now with the taxpayer and the state of the economy.”
The White House Historical Association pays for the redecoration of official rooms, she pointed out: “But this is where they actually live.


The White House, first and foremost, is a home and it’s got to be comfortable, particularly as they’ve got young girls. It’s where they eat breakfast, lunch and dinner and sleep in their beds.”
Where the dog will sleep has yet to be decided.

Bo, le chien d'Obama


C'était le secret le mieux gardé de Washington :
l'identité du chien de la famille Obama.
Il s'appelle "Bo".
C'est un chien d'eau portugais de six mois,
cadeau du sénateur Ted Kennedy.
"Bo" a été dressé pour ne pas mordiller
les meubles de la Maison blanche et pour ne pas faire ses besoins sur les tapis du bureau ovale.
President Obama chooses the
First Dog, with help from the
Kennedy clan .

The secret was among the most closely
guarded in Washington.

Clandestine meetings were arranged to
make sure the decision was correct and
America’s most venerable senator lobbied
intensely.

A training camp was established at an undisclosed location and President Obama agonised over whether he was breaking an election promise.
Then, inevitably, came the leak.

Two days before an announcement was due, the tidal wave of speculation that had been surging around the White House for more than two months finally overwhelmed the last lines of resistance.

It was, of course, about a dog.

Mr Obama’s daughters at last had the new pet promised to them by their father in his victory speech in November: a six-month-old Portuguese water dog named Bo.
Related Links

The First Dog is a gift from Senator Edward Kennedy, who has three “PWDs” of his own and had been busy extolling the virtues of this breed to Mr Obama and his family over recent weeks.
Bo has, apparently, been receiving obedience lessons from the senator’s dog trainers at a facility outside Washington so that he does not chew up or soil the White House carpets when he arrives tomorrow.

Over the weekend the internet had been frenetic with rumours about the choice. One website even had pictures which, though dismissed by the White House as “bogus”, were remarkably similar to those officially issued of Bo yesterday — including his distinctive markings.

The Washington Post, claiming to have been promised the world exclusive on the story, published a long front-page article that did little to conceal how miffed it felt at being scooped.
According to the newspaper, Bo had made a secret White House visit, known portentously as “The Meeting”, a few weeks ago to get to know — and to ensure that he would fit into — the First Family.
Sasha, the President’s youngest daughter, was said to be excited. Malia, who had had done “extensive research” on the choice, was focused on “responsibility issues” surrounding his care and training.
The name was chosen because the girls’ cousins have a cat also called Bo and Michelle Obama’s father was nicknamed “Diddley” after the blues musician.

They may have failed to notice that B.O. are the initial letters of Barack Obama, as well as — appropriately for a dog — body odour.
Having indicated in recent interviews that he would find a dog at an animal rescue shelter, the President has tried to cover himself from accusations of broken promises by making a donation to the District of Columbia Humane Society.

Aides have also pointed out that Bo had previously lived with another family, who decided they did not want him, before he was bought by Mr Kennedy.

Mr Obama’s problem, it seems, is that Portuguese water dogs are among the very few to which Malia would not be allergic and such expensive pure-breeds rarely end up in shelters.
The intense interest over the choice of dog reflects how a level of obsession about the First Family has endured through some difficult initial months in the White House.

Previous issues that have attracted similar focus include the colour of Mr Obama’s hair and the size of his wife’s biceps.

POWERFUL, NATURALLY

The breed: Portuguese water dog
Appearance: Robust, with a rectangular outline, and strong shoulders. A hard, penetrating and attentive expression. Coat can be black, white, brown, or combination of those colours
Temperament: Loyal and obedient to owners.

Their pleasant disposition makes them good companions
Characteristics: Intelligent, brave and energetic.

Exceptional swimming and diving ability, assisted by developed muscles and powerful tail, used as a rudder
History:

The breed is traced back to the Portuguese Algarve coast, where fishermen taught them to retrieve tackle and drive fish into nets. The first written reference, by a monk in 1297, relates how one dog pulled a dying sailor from the sea. Introduced to America in 1968, with the arrival of a bitch named Chenze
Sources: http://www.thekennelclub.org.uk/ , the Portuguese Water Dog club of America

domenica 12 aprile 2009

Buona Pasqua by Armani


Le uova di Pasqua Armani Dolci sono disponibili al cioccolato extra fondente o al latte.

In alternativa, si può optare anche per le delicate uova di cioccolato bianco.

N.B. All’interno contengono tutte una sorpresa Armani Casa!

Blender Bugatti Vela, la classe italienne


Les Italiens sont attachés à la gastronomie,
c'est sans doute pour cette raison que Bugatti
La qualité des lames ne laisse aucune chance
aux glaçons et fait des merveilles pour réaliser
smoothies, milk shakes ou margarithas!

Twitter è il Facebook delle star di Hollywood


E' il social network Twitter la nuova dipendenza delle star hollywoodiane.


Tutti lo usano, si lasciano scappare indiscrezioni, fanno dichiarazioni e anche qualche gaffe! Avevamo già raccontato della mania di John Mayer, che pare abbia causato la sua rottura definitiva con Jennifer Aniston, ma Twitter conta tanti altri affezionati celebri.

Cominciamo da Demi Moore e Ashton Kutcher, che vivono e “twittano” felici e contenti; recentemente il giovane Ashton ha pubblicato una foto della mogliettina in lingerie, lei invece si dichiara addicted, aggiorna costantemente il suo profilo e lo usa addirittura a fin di bene.

È proprio di qualche giorno fa, infatti, la notizia del “salvataggio” di un’aspirante suicida, che prima di compiere il folle gesto aveva inviato un messaggio in Rete, colto prontamente da Demi. Quanto a Lindsay Lohan e alla sua ex Samantha Ronson litigano e si lasciano online: la giovane attrice americana ha prima accusato la sua ragazza di tradirla e poi l’ha scaricata pubblicamente. Ashlee Simpson – giovane sorella della bionda Jessica – delizia invece gli amici con le foto del figlio Bronx (5 mesi), che ovviamente non è ancora in grado di esprimere la sua opinione in merito.


E su Twitter scrivono anche star del calibro di Hugh Jackman, che però ha commesso una piccola gaffe, riferendosi all’Opera House – emblema della sua Sydney – chiamandola Opera Center.

giovedì 9 aprile 2009

Le Doga?


New York Times (Etats-Unis)

"Bonding with their downward-facing humans"

Le Doga est une tendance qui fait fureur aux Etats-Unis.

Le mot est une contraction des mots Dog (chien en anglais) et Yoga.

Il se pratique de plus en plus un peu partout dans le pays.

Il intègre parfaitement le concept du yoga : vivre en harmonie avec les êtres et les animaux. Là, l’animal de compagnie participe aux séances de yoga de se son maître, s’allongeant sur son ventre ou se mettant autour de son cou.

Il faut compter 15 à 25 dollars la séance.

mercoledì 8 aprile 2009

Anni 60 : da Roma a Londra


Una mostra sugli anni '60: anni di grandi sconvolgimenti sociali, economici, demografici, di morale e di costume.

Gli anni Sessanta erano appena cominciati e gli inglesi già li etichettavano come anni al "sapore di miele".
Così almeno cantavano i Beatles(A Taste of Honey) non ancora entrati nella leggenda, ancora quattro ragazzotti di Liverpool che l’anno prima, il 1962, avevano inciso un 45 giri di buon successo, Love me do.
Per gli italiani, invece, erano anni al “sapore di sale”, almeno se si deve dare credito a Gino Paoli, alle varie rotonde sul mare e alle melodie dedicate alle spiagge che imperversavano allora.
Di certo c’è che erano anni di grandi sconvolgimenti sociali, economici, demografici, di morale e di costume.
La prima vittima illustre di quei mutamenti fu la famiglia. Ed è proprio il racconto sfaccettato di quest’entità sociologicamente immateriale che va in mostra a Roma e Londra.
Nella capitale inglese è l’artista di origine turca Kutlug Ataman a esporre alla galleria Thomas Dane - sotto il titolo “"fff"che sta per "found family footage", ovvero: filmati di famiglia ritrovati - una selezione di immagini liberamente tratte e rimontate da filmini casalinghi degli anni 50 e 60, girati in 8 millimetri, provenienti dagli archivi di due famiglie inglesi, i Fryers e gli Howards.
A Roma, al Complesso del Vittoriano, è esposta invece una selezione di oltre diecimila fotografie e qualche centinaio di filmini amatoriali, raccolti grazie a un certosino lavoro di vaglio in cui sono stati coinvolti studenti delle scuole superiori di una sessantina di comuni delle province laziali, iniziato tre anni fa e appena concluso.
Sono immagini che raccontano un altro Novecento, un paese fatto di lavoro, migrazioni, gioia e sacrifici. Un paese ancora in bianco e nero capace di scandalizzarsi per un campione del ciclismo come Fausto Coppi che lasciava moglie e figlia per un’altra donna, anche lei sposata con figli, ma impegnato a scoprire una nuova libertà sociale grazie a vespe e lambrette.
Un paese che linguisticamente si stava unificando con la trasmissione televisiva a canale unico del padre dell’insegnamento a distanza, il mitico maestro Manzi di Non è mai troppo tardi; che si entusiasmava per Lascia o Raddoppia? e le gaffe memorabili del signor Mike.
Sono immagini che, fondamentalmente, sollevano ragionevoli dubbi sull'esistenza in Italia di un nucleo familiare in stile "Mulino Bianco".
Forse è esistita più in stile Famiglia Benvenuti, serie televisiva italiana degli anni 60, madre di tutte le moderne fiction - che pur narrando le vicende e i buoni sentimenti di una famiglia italiana della media borghesia, covava simbolicamente al proprio interno, come avveniva nella società reale, i germi degli anni di piombo che sarebbero sbocciati di lì a poco.
Già perché nel cast degli interpreti, oltre a mostri sacri come Enrico Maria Salerno, Valeria Valeri, Claudio Gora, recitava un giovane Valerio Fioravanti, futuro terrorista.
Ma questa è tutta un’altra storia.

Sulle tracce di Raffaello a Urbino


Dal 4 aprile una mostra straordinaria celebra il Maestro rinascimentale.

E il suo amore per il Montefeltro.

Da scoprire fra arte, sapori, spa nel verde


Quando il padre Giovanni Santi, pittore dei duchi e letterato, muore nel 1494, il giovanissimo Raffaello – aveva solo undici anni – eredita una bottega fiorentissima in uno dei centri della cultura rinascimentale, Urbino.

Proprio il rapporto tra il pittore e la sua città natale è il tema della grande esposizione che si apre il 4 aprile nel salone del trono e nell’appartamento della duchessa a Palazzo Ducale, sede della Galleria Nazionale delle Marche.


La raffinata rassegna è l'occasione per riscoprire l’antica capitale del Montefeltro, che restituisce ancora oggi gli spazi in cui si è formato Raffaello.

A cominciare proprio dal Palazzo Ducale, cuore e simbolo della città, fino agli edifici signorili, le chiese, gli oratori che custodiscono straordinari capolavori d’arte.


E l'itinerario può proseguire anche oltre le mura, nel territorio dell'antico Ducato, tra morbide colline, dolci vallate, boschi e piccoli borghi rurali sapientemente ristrutturati e trasformati in templi dell’ospitalità dove è piacevole rilassarsi.

Come l’Urbino Resort Santi Giacomo e Filippo, che in occasione della mostra propone il pacchetto Speciale Raffaello: due notti in doppia b&b, percorso benessere olistico a 200 € a persona. Ospitato in un'azienda agricola di 360 ettari a coltivazione biologica, il resort occupa le vecchie case coloniche, ristrutturate e arredate con pezzi della tradizione ed elementi di design.

Ci sono anche una piccola abbazia di stampo trecentesco e un centro benessere nel vecchio fienile con magnifica vista sulle colline (via San Giacomo in Foglia 7, loc. Pantiere-Urbino, tel. 0722.58.03.05, www.urbinoresort.com, doppia b&b da 144 €).


All’interno della tenuta, ma aperto a tutti, c’è il ristorante San Giacomo di Urbino, tra laghetti e querce secolari dove si gustano le raffinate specialità di Massimo Emiliozzi: tortelli di cardi alla parmigiana, ciabattoni alle canocchie, anice e guanciale croccante (tel. 0722.58.06.46, menu da 40 E).

In città, invece, il ristorante Vecchia Urbino è un indirizzo storico per le ricette locali e gli ingredienti bio.

Da non perdere i tagliolini con guanciale e Pecorino di Fossa, la braciola all’Urbinate (via dei Vasari 3/5, tel. 0722.44.47, menu da 30 €).


La riscoperta degli anni giovanili di Raffaello conduce a Cagli, borgo gioiello dell’Appennino. Nella Chiesa di San Domenico si ammira l’affresco della Cappella Tiranni, recentemente restaurato e considerato il capolavoro di Giovanni Santi, nonché il punto di contatto con la pittura del figlio Raffaello.

Dall’1 al 3 maggio gli splendidi palazzi rinascimentali del centro storico diventeranno il palcoscenico di Distinti Salumi.

Rassegna Nazionale del Salume (tel. 0721.78.07.50), che offrirà degustazioni, laboratori del gusto e il meglio della norcineria italiana e marchigiana, come il lonzetto di fico, il ciauscolo, il prosciutto di Carpegna.

Tutte prelibatezze del territorio, da acquistare nella bottega con enoteca Alimentare (via Leopardi 18, tel. 0721.78.19.50). Nelle vicinanze, ottima carne alla brace alla Taverna della Rocca, nelle ex stalle del castello di Frontone, con vista spettacolare sulla vallata (via Leopardi 20, tel. 0721.78.62.18, menu da 25 e).

Per la notte ci si rifugia ai 2 Campanili Relais, a Montemaggiore al Metauro. Anche qui, in occasione della mostra, si può approfittare del pacchetto Raffaello: 2 notti in mezza pensione e ingresso a Palazzo Ducale, da 200 € a persona.

martedì 7 aprile 2009

Tragedia dell'Aquila:Pastori tedeschi e compagnia: salvano le vite!








Molte le persone recuperate grazie al fiuto di questi cani pronti a tutto!
In campo in Abruzzo anche una cinquantina di unità cinofile arrivate da tutta Italia.

Si infilano senza timore negli anfratti e nelle fessure più strette, passando fra una trave e un cumulo di macerie. E con il loro fiuto sono in grado di indicare con precisione il punto in cui vi sono persone sepolte che devono essere tratte in salvo.
Le drammatiche immagini del terremoto in Abruzzo hanno portato in evidenza anche loro, gli «angeli» a quattro zampe, i cani da catastrofe che in queste situazioni si rivelano più utili di qualunque strumento di rilevazione elettronica.

SQUADRE MOBILITATE -

Sono molti, i cittadini di L'Aquila e dei piccoli comuni devastati dal sisma, che probabilmente devono la loro vita a Yuri, Laka, Athos e alle decine di altri cani che in queste ore hanno affiancato i soccorritori nell'opera di salvataggio.
Fin dalle ore immediatamente successive ai crolli, sono state una sessantina le unità cinofile impegnate sul campo, dislocate tra il capoluogo e gli altri centri dove sono stati registrati crolli di edifici.
La protezione civile e le altre organizzazioni scese immediatamente in campo - dalla Forestale alla Croce Rossa, passando per carabinieri, polizia, guardia di finanza e corpi militari - hanno mobilitato le proprie squadre di ricerca, ben sapendo che la rapidità in questi casi è fondamentale nel decretare le possibilità di successo.
E' proprio in questi frangenti che l'uomo ha bisogno di affidarsi al suo più fedele amico, capace di arrivare dove lui mai non potrebbe, e di percepire segnali, suoni e odori che diversamente non sarebbero colti.

CONNUBIO UOMO-CANE -

Le unità cinofile impiegate in Abruzzo provengono dalla Lombardia, dal Lazio, dalla Toscana dal Veneto e da diverse altre regioni e sono organizzate perlopiù dall'Ucis (Unità cinofile italiane da soccorso), l'organizzazione che raccoglie i diversi gruppi istituzionali e di volontari sparsi sul territorio nazionale.
Ogni unità è composta da un cane e dal suo conduttore, che formano un connubio inscindibile, basato soprattutto sulla fiducia reciproca e su una certa capacità di confidenza e di intesa.
E' da questa specialissima relazione a due che scaturisce quella sincronia che si rivela spesso determinante nelle situazioni più difficili, quelle in cui si lotta contro il tempo.
NON SERVE IL PEDIGREE -
Le razze che vengono utilizzate sono le più diverse:
pastori tedeschi, labrador e golden retriever, collie, pastori del Belgio.
Per particolari situazioni, come le ricerche in caso di valanghe o in acqua, vengono impiegati anche cani di grossa stazza, come i San Bernardo o i terranova.
Ma nelle situazioni in cui il cane affianca l'uomo nelle ricerche, non è indispensabile avere un pedigree: sono diversi i casi di cani impiegati dalle forze dell'ordine che si sono rivelati validi «agenti» pur essendo dei meticci e, in alcuni casi, degli ex trovatelli adottati in un canile o recuperati nel corso di operazioni contro il traffico di cuccioli.
UN GIOCO CHE SALVA VITE -

Ed è proprio quando gli animali sono cuccioli che inizia l'addestramento.
Come se fosse un gioco: i cani vengono abituati a trovare oggetti, a muoversi su terreni impervi, a utilizzare l'olfatto. Ogni volta che un esercizio viene compiuto nel migliore dei modi, l'animale viene gratificato.
E così è indotto a ripeterlo e a farlo sempre meglio. Il gioco diventa via via più difficile e più specializzato.
Fino a che l'addestramento - che può durare tra un anno e mezzo e i due anni - sarà completato e il cane, ormai diventato adulto, sarà da quel momento un valido alleato nell'aiuto alle popolazioni in difficoltà.

Gwyneth pubblica una guida di Londra


La bella attrice di Hollywood si dà all’editoria.

Gwyneth Paltrow – ora al cinema con Two Lovers – dopo aver dichiarato di essere impegnata nella realizzazione di un libro di ricette dedicato al padre, è pronta per un nuovo lavoro su carta stampata.

Questa volta si tratta di una guida di Londra by night e non solo, completa di indirizzi e nomi dei locali, ristoranti e posti da vivere piacevolmente. Sono ormai cinque anni che Gwyneth vive nella capitale inglese con il marito Chris Martin e i loro figli Apple (4 anni) e Moses (2 anni), e non ha mai rinunciato alla movida locale, muovendosi su e giù per la città come una London girl doc! Attenzione però prima di acquistare il libro: è vietato ai possessori di un sostanzioso conto in banca.

La selezione di locali, hotel e affini, infatti, non è proprio low cost.

Grande Nek!!


Ha scelto il teatro Smeraldo di Milano per la quinta data del suo tour Filippo Neviani, per amici & fan NEK.

Il fascinoso emiliano dagli occhi di ghiaccio ha offerto al variegato pubblico milanese e non, una serata caleidoscopica – e non solo per la scenografia – spaziando da pezzi classici di delicato pop melodico a suoni elettronici più in linea con la nuova maturità artistica acquisita.

Il concerto si è aperto in modo soft con pezzi acustici intensi, giusto il primo assaggio per le giovanissime e innamoratissime teenager, arrivate a branchi vistosamente truccate, in mise provocanti con l’intento di attirare l’attenzione del loro idolo, esaltate e chiassosissime fin sotto il palco, sfidando l’ira funesta della security.
“Filippo il Bello” ha la capacità di trasformare lo Smeraldo in una pista da ballo sotto le stelle, sfondando le pareti di broccato con la potenza ritmica e travolgente di Se non avessi te, e di straziare mente e cuore con pezzi forti di vita vissuta come Per non morire mai e Nella stanza 26.

Il tutto con l’accompagnamento di una band di tutto rispetto e una scenografia da big fatta di luci psichedeliche, videoclip e immagini tridimensionali di cieli, mari, universi e metropoli, ambienti fisici ma forse anche mentali nei quali prendono vita i pezzi del frontman.

Linee guida e filo di Arianna dei labirintici virtuosismi vocali di NEK sono sempre i temi sociali e d’amore che ritroviamo nei suoi pezzi.

Forse è proprio questo il segreto del duraturo successo del nostro beniamino, ovvero saper raccontare in musica ciò che tutti noi non sappiamo esprimere a parole, o forse non abbiamo il coraggio di dichiarare perché facciamo parte della schiera di chi “non rischia mai, chi per non avere guai pensa ai fatti suoi”.
Conquista tutti il pezzo La voglia che non vorrei, malinconica litania rock, e la storica Lascia che io sia, e su quest’onda di emozione quasi non ci si accorge di essere già ai bis che fortunatamente diventano tris con L'inquietudine, poi con un classico intramontabile come Laura non c’è e, infine il saluto con Almeno stavolta che fa alzare tutti – ma davvero tutti – dalle comode poltroncine imbottite per dare libero sfogo a scrosci di mani e battiti di piedi a ritmo di rock.

Grande Nek, hai deliziato occhi (davvero “fisicato” questo splendido 37enne!) e udito di un’insaziabile pubblico. Per chi non fosse ancora soddisfatto domani c'è un'altra imperdibile serata al teatro Augusteo di Napoli. Buon divertimento e buon viaggio al centro dell’anima!

Guiness compie 250 anni!



Happy birthday Guinness!
La più famosa Irish stout compie 250 anni
La data per gli irlandesi è di quelle storiche: la Guinness compie 250 anni.
E allora via non solo ai festeggiamenti, ma anche ai dovuti tributi in onore di quello che non è più un semplice prodotto tipico, ma è diventato un simbolo dell’Irlanda intera, almeno quanto quel trifoglio che gli osti irlandesi disegnano su ogni pinta prima di servirla.


Creata da Athur Guinness nel 1759, la birra Guinness è divenuta ben presto famosa in tutto il mondo, tanto da meritare adesso una mostra che ne ripercorre la storia e che è stata allestita al settimo piano della antica fabbrica si St.James Gate, la Guinness SotreHouse, meta turistica di almeno un milione di persone all’anno.

History of stout” - questo il titolo della mostra - presenta cartelloni pubblicitari, filmati, documenti e antiche macchine per la produzione, la conservazione e il trasporto della Guinness.
L’ultimo piano della fabbrica - gioiello dell’architettura industriale - offre inoltre un meraviglioso panorama di Dublino, da osservare gustando quella che gli irlandesi stessi descrivono come la migliore pinta di Guinness del pianeta.

Il trench




Torna la primavera e tornano i trench, eleganti o ironici a seconda dei modelli e degli abbinamenti.




Immortalato in tanti film, il trench è legato, in una delle sue tante declinazioni, alla figura dell’investigatore, ma non è al tenente Colombo che dovete ispirarvi per questa primavera! Sono diverse ed interessanti le proposte che stanno comparendo nelle vetrine, e vanno dai colori tenui ai più accesi, spaziando anche fra diverse lunghezze, più o meno bottoni ed una lunga serie di altre varianti… ad ognuno il suo!
Il trench per antonomasia, in ogni caso, resta quello di Burberry, il primo brand a scommettere su questo capo ed a farlo uscire dal guardaroba maschile per diventare un evergreen (pur con mille rivisitazioni) anche nell’armadio femminile.
Burberry :
Burberry è una casa di moda di lusso britannica che realizza vestiti, accessori e cosmetici. Caratteristico è il motivo che è spesso presente sui suoi prodotti e che è divenuto il suo simbolo più riconosciuto e imitato.
L’azienda possiede negozi propri e in franchising in tutto il mondo, ma vende anche attraverso concessioni in negozi terzi.
Sia Elisabetta II che il Principe Carlo hanno concesso all’azienda la Royal Warrant.
Storia

Burberry clothing fu fondata nel 1856 dal ventunenne Thomas Burberry, che aprì un negozio a Basingstoke, Hampshire.
Consolidato il successo già dal 1870 e ottenuti alcuni brevetti, nel 1891 Thomas Burberry aprì un emporio in the Haymarket, Londra, che ospita ancora la sede dell’azienda. La compagnia fu successivamente incaricata di creare una nuova uniforme di servizio per gli ufficiali britannici e divenne fornitrice della spedizione antartica di Roald Amundsen nel 1911 e di Ernest Shackleton nel 1914. Divenuta popolare nel secondo dopoguerra, Burberry fu acquistata nel 1955 da Great Universal Stores (poi GUS plc), che possedeva i negozi londinesi di Argos (Negozi) e Homebase, scivolando in un lento declino. Solo nel 2000 l’azienda fu ristrutturata e promossa, rivitalizzando il suo successo e le sue vendite anche in nuovi settori di mercato.
I due tipi

Ci sono due tipi di Burberry, ovvero due collezioni diverse.
La prima è Burberry, conosciuta per il classico stile tartan.
La seconda collezione è “Burberry Prorsum”, creata dallo stilista Christopher Bailey, che ha un tocco meno classico, più glamourous: è la collezione che sfila sulla passerelle interpretata dalle più celebri supermodelle come Coco Rocha, Eva Riccobono, Lily Donaldson, Mariacarla Boscono solo per fare qualche nome e che cambia ogni anno, non continuativa come invece l’altra (anche se a volte il motivo tartan si ritrova anche nella collezione Prorsum).
Ad esempio il must del Trench Burberry è stato proposto anche nella collezione Prorsum ma rivisitato: da semplice è diventato borchiato.
Il logo

Il logo del cavaliere equestre compare nel 1901, con questo fa apparizione anche la parola latina Prorsum che accompagnerà il nome Burberry.
Il classico check Burberry, ovvero il motivo a linee orizzontali e verticali incrociate appare per la prima volta nei cappotti nel 1920, diverrà in seguito il motivo di riconoscimento dei capi Burberry.
Possiamo trovare due tipi di etichette: Burberry o Burberrys of London.
La prima denominazione appartiene ai capi prodotti a partire dal 1999, in quanto in quella data l’azienda ha deciso di cambiare la propria denominazione da Burberrys of London a Burberry.