lunedì 16 febbraio 2009

Cafonal


Già da qualche anno il sito Dagospia è fra i più cliccati in Italia: gossip cattivo, commento politico e scoop sempre in anteprima sono gli elementi del successo del sito creato da Roberto D’Agostino.
E poi c’è una rubrica, quella che ha sempre fatto più accessi e più successo delle altre: Cafonal.
In queste pagine sono sempre state ospitate le foto di Umberto Pizzi, storico fotografo dei potenti italiani, possibilmente non in posa.
Anzi, possibilmente nella peggior posa possibile.
Di D’Agostino si sa tutto o quasi - compreso il memorabile schiaffo a Vittorio Sgarbi (ovvero: altri tempi, se ci si scandalizzava per uno schiaffo in tivvù) - ma per chi non si ricordasse qualche dettaglio, ecco il riassunto biografico di tpi-back:
Un uomo di successo e molto apprezzato per la feroce ironìa con cui giornalmente, oramai da più di 8 anni, mette alla berlina i “supercafonal” sul suo sito Dagospia.
E’ pacifico che sto parlando di Roberto D’Agostino, 60enne dal look paragiovanile (o paraculistico), ricordato negli anni che furono per le sue lezioni da tuttologo nel programma di RENZO ARBORE “Quelli della Notte”.
Mentre per quel che riguarda Umberto Pizzi affidiamoci a una sua dichiarazione estratta dall’intervista rilasciata al Corriere della Sera (che offre anche una fotogallery dal libro):
«Io sono un lupo solitario. Mi piace cacciare da solo. Esco di casa al tramonto, con la mia vecchia Nikon sotto alla giacca, e torno all’alba.I fotografi che si muovono in branco non li ho mai capiti». Questo fa di te il paparazzo più… «Beh, paparazzo…».
Non ti piace essere definito così? «Capisco che è una categoria, io preferirei essere chiamato fotoreporter, comunque va bene anche “paparazzo”.
Purché non si pensi a quelli che Fellini descrisse nel film “La dolce vita”.Fellini ci ha danneggiato. Perché noi, è vero, siamo feroci: però certe regole le rispettiamo. Noi, un’anima, ce l’abbiamo
».
E ora le sue foto, accompagnate dalle taglienti chiose di D’Agostino sono state raccolte e sono diventate un libro, in cui, come spiega Pourfemme.it:
tutti i potenti finiscono nel mirino della premiata ditta Dago-Pizzi, che sta per Umberto Pizzi, celebre fotografo dei vip. Ecco Cafonal, ovvero un truce ritratto della zoticaggine dei potenti e delle loro cadute di stile.Ci sono proprio tutti in Cafonal, da Silvana Pampanini che afferra con le mani una fetta di prosciutto, a Giulia Bongiorno in braccio al giornalista Antonio Calabrò, passando per Miriam Tomponzi sdraiata su un marciapiede di Via Veneto a Roma e tante altre celebrità immortalate in debolezze o gesti di dubbio gusto. [...] Le vittime illustri scendono dal gradino più alto della casta perdendo l’aurea di perfezione, per apparire con i loro umani vizi, ma la discesa è così inbasso da divenire disastrosa.
Photofinish presenta così il volume uscito per Mondadori:
Tra le irriverenti immagini di personaggi che amano dedicarsi alla vita mondana - una relatà parallela fatta di feste esagerate e a volte veramente di cattivo gusto - possiamo trovare molti volti noti (sia politici che appartenenti al mondo dello spettacolo) ma anche semplici signore della buona società. Il risultato è una parata di vip e non, beccati in momenti imbarazzanti o in pose poco probabili e molte volte ai limiti del grottesco. Il libro si avvale naturalmente dei commenti al vetriolo di D’Agostino che, insieme alle impietose immagini, disegnano uno spaccato di una Italia esagerata e intenta ad una spensieratezza artificiosa e artificiale proprio come certi davanzali di prosperose signore in là con gli anni.
Ecco anche l’opinione di Non leggere questo blog!:
è uscito un volume che raccoglie le “peggiori” fotografie scattate da Dagospia.
D’Agostino, tanto Tamarro nello Stile quanto inimitabile nel saper ritrarre la “Cafoneria” del Potere Italico (le vittime di “Cafonal”).
E’ quando la Superficialità ed il Gossip raggiungono livelli estremi, che si fanno interessanti, che mutano in Costume.
E Dago sa come si fa. Si passa da Fassini inguardabili a Donnone fatte di Botox e Prosciutto, da Sgarbi Introiati e Prodi Dormienti … insomma, ci sono tutti i Vizi Capitali. Della Capitale
.
Il Giornalieri propone invece un bell’articolo di commento a Cafonal scritto da Michela Tamburrino e uscito su La Stampa:
Il titolo «Cafonal» la dice lunga, i due autori, D’Agostino-Pizzi, fanno il resto.
«Impazza la Brutta Époque in questo cafonalismo trash-endente», il libro a sfogliarlo sembra un trattato di sociologia, meglio, di antropologia culturale, scritto con le facce, i corpi debordanti, le tette rifatte, le labbra a canotto, il potere esibito nelle mani forchettate.
Perché è la grande abbuffata il filo conduttore che unisce i «morti di fama».
Ci si rimpinza a bocca piena e a gambe larghe (per tenere il piatto in equilibrio), ci si ingozza come se fosse l’ultimo buffet, l’ultimo bucatino prima del deliquio
.
Crazy marketing svela l’origine del titolo del volume e si concentra sull’aspetto di marketing editoriale della sua uscita:
Dagospia ha fatto centro con la pubblicazione del libro “CAFONAL”, parodia del termine “CAPITAL” degli anni ‘80, dove giovani ragazzi imitavano Montezemolo, Agnelli…; CAFONAL rappresenta la situazione attuale, un mondo di persone che vogliono essere altro, un’evasione dalla sfrenata realtà quotidiana. Un libro, feroce, inquietante definito da D’agostino “barbaro”. “CAFONAL. GLI ITALIONI NEL MIRINO DI DAGOSPIA”, (Edizioni Mondadori ) un libro che raccoglie le fotografie realizzate dal Paparazzo dei nostri giorni Umberto Pizzi in otto anni di febbrile attività tra crazy party, presentazioni decisamente non convenzionali e mondanità di vario genere.Un esempio eclatante che quando l’editoria si avvicina al “crazy” il risultato è eccellente!
E sembra proprio aver ragione se, come segnala Gossipmania, la prima edizione del libro è andata esaurita in pochissimo tempo:
caccia a “cafonal” – va a ruba! seconda ristampa del ‘vizionario’ di pizzi & dago – ‘riformista’: è tutta carne da paparazzo - ossequio e paura a milano – stasera gad lerner su la7 scodella un servizio sulle presentazioni del libro.
Già, se ne è occupato pure Gad Lerner in una puntata de L’infedele, e questo è il commento che ne ha dato Freddy Nietzsche:
Poi si parla di Dagospia, l’esempio più chiaro dell’incrocio perverso tra rete e giornalismo italiano. Perché è uscito il libro CAFONAL, che raccoglie le foto di Umberto Pizzi con politici, giornalisti, finanzieri che mangiano babbà, si baciano storti, ballano male, sudati, tristi in grisaglia, volgari, fighe truccate con la cazzuola.

Quello lo conoscono benissimo tutti, molto meglio di Chi o Amici. Lerner ha il fegato di dire che considera Dagospia uno strumento fondamentale. Ed è l’unico che non tentenna (chapeau, ma minga tropp). Certo, se racconti i giornalisti, i finanzieri e i politici più di ogni altra categoria sociale, be’ allora sì, è fondamentale.
Rimane un ultimo lapidario commento, riferito più ai personaggi ritratti che al lavoro in sé, quello di Armiamoci di coraggio:
Meglio un film dell’ horror di quelli crudi che ste orribili dame del soldino che s’incontrano alle feste danarose.

il carnevale di Venezia



Il Carnevale di Venezia e' la piu' importante e chiassosa delle feste veneziane.

Un evento imperdibile, che coniuga tradizione, spettacolo, storia e divertimento in una citta' unica.

a Roma, serata Boccioni in libreria


Il 19 febbraio, la libreria-galleria "il museo del louvre" organizza una serata futurista in via della Reginella e in Piazza Mattei, a partire dalle ore 18, in occasione del centenario della pubblicazione del primo manifesto futurista.
Via della Reginella si anima in una notte di eventi, aspettando la mezzanotte del 20 febbraio, data ufficiale della celebrazione.

Musica, teatro, danza e performance si susseguiranno in pieno spirito futurista, e inoltre esposizioni, installazioni e videoarte ricorderanno il Futurismo romano.

Una “Futurmappa” realizzata da Giuseppe Casetti e Valerio M. Trapasso segnala i luoghi d’elezione più importanti del movimento a Roma, e proprio in questi luoghi il collettivo Art-cock interverrà con dei lavori grafici.

Sempre ad Art-cock è affidata la trasformazione di via della Reginella da ambiente passatista a spazio futurista.
nella foto : "Il pugno" di Boccioni

La storia della Scala




"Il Teatro alla Scala"
Il Teatro alla Scala venne fondato, per volontà dell'imperatrice Maria Teresa d'Austria, in seguito all'incendio che il 26 febbraio 1776 aveva distrutto il Teatro Regio Ducale, antica sede delle rappresentazioni liriche a Milano.
Le spese della costruzione furono sostenute dai palchettisti del Ducale, in cambio della concessione del terreno dove sorgeva la Chiesa di Santa Maria alla Scala (da cui il suo nome) e del rinnovo della proprietà dei palchi. Opera del grande architetto neoclassico Giuseppe Piermarini, il Teatro venne inaugurato il 3 agosto 1778 con l'opera di Antonio Salieri, L'Europa riconosciuta, su libretto di Mattia Verazi.
Il primo periodo della sua storia artistica è legato alla tradizione dell'opera buffa "napoletana", i cui maggiori esponenti sono stati Giovanni Paisiello (1740-1816) e Domenico Cimarosa (1749-1801).
Fra le numerose opere rappresentate, vanno ricordate La Frascatana (1780), Il barbiere di Siviglia (1786) e Nina, ossia pazza per amore (1804) di Paisiello, L'italiana in Londra (1780) e Il matrimonio segreto (1793) di Cimarosa.
Il rinnovamento del repertorio viene avviato fra il 1793 e il 1798 con L'oro fa tutto di Ferdinando Paër (1771-1839) e Un pazzo ne fa cento di Giovanni Simone Mayr (1763-1845).
La Scala si apriva così al gusto neoclassico di ascendenza francese e alla successiva, più radicale evoluzione del teatro musicale.
Paër e Mayr, infatti, costituiranno storicamente il punto di collegamento e passaggio dall'opera buffa all'opera romantica di Gioachino Rossini (1792-1868).

Con l'avvento nel 1812 di Rossini (La pietra del paragone), la Scala diventerà il luogo deputato del melodramma italiano: della sua storia lungo oltre un secolo e poi della sua tradizione fino ai nostri giorni.
Il catalogo rossiniano rappresentato fino al 1825 comprende: Il turco in Italia, La Cenerentola, Il barbiere di Siviglia, La donna del lago, Otello, Tancredi, Semiramide, Mosé. Negli stessi anni, le coreografie di Salvatore Viganò (1769-1821) e di Carlo Blasis (1795-1878) estendevano il primato artistico del Teatro anche al balletto.
Per quanto riguarda il repertorio straniero, spiccano gli allestimenti nel 1816 del Flauto magico, una delle opere di Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791) rappresentate nel corso dell'Ottocento, e nel 1822 della Vestale di Gaspare Spontini (1774-1851).
Nel 1806 Alessandro Sanquirico (1777-1849) assume la direzione della scenografia e rinnova la concezione degli allestimenti adeguandoli alla nuova sensibilità romantica.
Nel 1814 si accresce la profondità del palcoscenico, occupando parte dell'area di un convento demolito nella contrada di San Giuseppe (l'attuale via Verdi).
Nel 1821 l'illuminazione a candele viene sostituita da una grande lumiera centrale a lampade di sicurezza ("argants"), rimaste in funzione fino all'impianto a gas che sarà adottato nel 1860.

Una nuova, straordinaria stagione del melodramma si apre fra il 1822 e il 1825 con Chiara e Serafina di Gaetano Donizetti (1797-1848) e Il pirata di Vincenzo Bellini (1801-1835).
Le opere successive di Donizetti alla Scala saranno (fino al 1850) Anna Bolena, Lucrezia Borgia, Torquato Tasso, La figlia del reggimento, La favorita, Linda di Chamounix, Don Pasquale e Poliuto. Di Bellini seguiranno (fino al 1836) I Capuleti e i Montecchi, Norma, La sonnambula, Beatrice di Tenda e I puritani.
Fra i massimi interpreti del repertorio di Rossini, Donizetti e Bellini si ricordano i soprani Isabella Colbran (1785-1845), Maria Teresa Belloc-Giorgi (1784-1855), Giuditta Pasta (1797-1865), il mezzosoprano Maria Malibran (1808-1836), il tenore Luigi Pacini (1767-1837), i sopranisti Gasparo Pacchiarotti (1740-1821) e Giovanni Battista Velluti (1780-1861).
Si affermano nella danza tre delle più grandi dive della storia scaligera, Maria Taglioni (1804-1884), Fanny Cerrito (1817-1909) e l'austriaca Fanny Elsler (1810-1884), quest'ultima costretta nel '48 a lasciare il Teatro perché ritenuta un'informatrice della polizia.
Insieme a loro si ricorda il francese Marius Petipa (1818-1910), rimasto celebre anche per aver creato a San Pietroburgo La Bella addormentata nel bosco e Il lago dei cigni di Čajkovskij.

Nel 1839 Oberto, conte di San Bonifacio inaugura il ciclo delle opere di Giuseppe Verdi (1813-1901), il compositore che più di ogni altro è legato alla storia del Teatro.
Dopo il clamoroso insuccesso di Un giorno di regno, nel 1842 va in scena Nabucco, il primo e decisivo trionfo per la sua ascesa.
Al tempo stesso, il forte sentimento patriottico suscitato da Nabucco, fonda la "popolarità" del melodramma e identifica la sua immagine con la Scala.
Ancora due opere (I Lombardi alla prima crociata e Giovanna d'Arco) e nel 1846 la collaborazione si rompe bruscamente.
Per lunghi anni le nuove opere di Verdi nasceranno lontano dalla Scala.
La riconciliazione avverrà gradualmente a partire dal 1869, con l'allestimento della nuova versione della Forza del destino.
Nel 1872 si tiene la "prima" europea di Aida, nel 1874 Verdi vi dirige il suo Requiem, nel 1881 presenta la revisione di Simon Boccanegra.
Nel 1887 e nel 1893, la Scala mette in scena Otello e Falstaff, i due ultimi capolavori nati dalla collaborazione con Arrigo Boito (1842-1918).

Fra i più grandi interpreti storici del teatro verdiano alla Scala, si ricordano il soprano Giuseppina Strepponi (1815-1897, sposa del Maestro), Adelina Patti (1843-1919), Teresa Stolz (1834-1902, prima interprete del Requiem), Francesco Tamagno (1850-1905, primo interprete di Otello), il baritono Victor Maurel (1848-1923, primo Falstaff).
Nel 1881 Luigi Manzotti (1835-1905) e Romualdo Marenco (1841-1907) creano il ballo Excelsior, uno dei capolavori della coreografia alla Scala, rimasto ancor oggi in repertorio.
Nel 1883 l'illuminazione della sala e del palcoscenico viene interamente elettrificata.

Nel 1898 le difficoltà economiche del Teatro danno origine al primo esperimento di modernizzazione della gestione, attuato dal duca Guido Visconti di Modrone, da Arrigo Boito e da Giulio Gatti Casazza, al quale viene affidata la direzione generale (il ruolo del futuro sovrintendente).
Arturo Toscanini (1867-1957) assume la direzione artistica e promuove una radicale riforma del Teatro sia negli aspetti organizzativi sia nei rapporti con il pubblico.
Toscanini, uno dei grandi direttori di sempre, raccoglie l'eredità musicale di Verdi, inaugurando una tradizione interpretativa che sarà ininterrottamente continuata e rinnovata durante il Novecento.
A lui si devono inoltre la rivalutazione e la regolare esecuzione alla Scala delle opere di Richard Wagner (in precedenza tardiva e manchevole) e la stabile estensione del repertorio orchestrale alla musica sinfonica.
Giacomo Puccini (1858-1924) appare alla Scala nel 1885 con Le Villi cui seguiranno, fra le altre, Manon Lescaut, Madama Butterfly, La fanciulla del West.
Nel 1926, con la direzione di Toscanini, si tiene la "prima" di Turandot, l'opera considerata conclusiva della storia del melodramma italiano.

Nel 1921 la proprietà dei palchi viene trasferita dai privati al Comune di Milano.
La misura si è resa necessaria per risolvere una nuova crisi economica, aggravata nel 1917 dalle difficoltà della prima guerra mondiale.
La Scala si trasforma in un Ente Autonomo comunale, sotto il controllo dello Stato che assicura il finanziamento annuale dell'attività.
Si realizzano un importante ampliamento del palcoscenico e il completo rinnovo degli impianti tecnici.

Il periodo fra le due guerre è caratterizzato dall'avvicendamento alla Scala dei più grandi interpreti del tempo, fra i quali Fëdor Saljapin, Magda Olivero, Giacomo Lauri Volpi, Titta Ruffo, Gino Bechi, Beniamino Gigli, Mafalda Favero, Toti Dal Monte, Gilda Dalla Rizza, Aureliano Pertile.
Sono inoltre significative le innovazioni nei criteri di allestimento promosse da Nicola Benois.
Nel 1943 la Scala viene gravemente danneggiata da un bombardamento.
Riaperto l'11 maggio 1946 da uno storico concerto di Toscanini, il Teatro torna rapidamente, sotto la sovrintendenza di Antonio Ghiringhelli, ai più alti livelli produttivi e artistici.
Ritorna alla direzione del Coro Vittore Veneziani, allontanato nel 1938 per le leggi razziali.
Nel 1948 esordisce il maestro Guido Cantelli (1920-1956) che si affermerà fra i maggiori direttori del dopoguerra.
Numerosi allestimenti d'opera (il ciclo wagneriano diretto nel 1950 da Wilhelm Furtwängler, il repertorio verdiano di Victor de Sabata ecc.), concerti (Herbert von Karajan, Dimitri Mitropoulos, Bruno Walter ecc.), interpreti (Maria Callas, Renata Tebaldi, Giuseppe Di Stefano, Mario Del Monaco ecc.), spettacoli di ballo (Margot Fonteyn, Serge Lifar, Maja Plissetskaja, Rudolf Nureyev), regie (Luchino Visconti, Giorgio Strehler) restano non solo nella storia della Scala, ma della musica e del teatro nel dopoguerra.

Nel 1954 Norberto Mola assume la direzione del Coro.
Nel 1955 esordisce Carla Fracci. Per quanto riguarda il repertorio contemporaneo, tra il 1947 e il 1960 e in particolare durante la direzione artistica di Francesco Siciliani, vengono eseguite opere o musiche, fra gli altri, di Sergej Prokof'ev, Benjamin Britten, Alban Berg (Wozzeck, 1952), George Gershwin, Francis Poulenc (Dialoghi delle Carmelitane, 1957), Ferruccio Busoni. Importante anche il bilancio del decennio successivo che comprende, fra altri, Arnold Schönberg (Mosè e Aronne, 1961), Dmitrij Sostakovič (Katerina Ismailova, 1964), Luigi Dallapiccola (Volo di notte, 1963), Kurt Weill (Ascesa e caduta della città di Mahagonny, 1964), Paul Hindemith (Cardillac, 1964).
Nel 1965 debuttano alla Scala Liliana Cosi e Luciana Savignano.
Nel 1963 esordiscono alla Scala Luciano Berio, come direttore e compositore (Passaggio), e Bruno Maderna (1920-1973) come direttore; nel 1965 con Atomtod esordiscono Giacomo Manzoni e Claudio Abbado; nel 1968 il compositore Franco Donatoni (1927-2000) e nel 1969 Maurizio Pollini.
Le creazioni di Roland Petit e Maurice Béjart rinnovano la coreografia.
Semiramide (1962) e Guglielmo Tell (1965) di Rossini, assenti da molti anni alla Scala, avviano la rivalutazione del suo repertorio melodrammatico, conosciuta come "Rossini-Renaissance". Un ruolo preminente nella vita musicale del Teatro è esercitato da direttori come Gianandrea Gavazzeni e Antonino Votto (maestro del Coro, dal 1963, Roberto Benaglio).
Nel 1970 Riccardo Muti debutta alla Scala come direttore sinfonico.
Nel 1972 Claudio Abbado assume la direzione dell'Orchestra.
Fino al 1986 esegue fra l'altro Il barbiere di Siviglia, La Cenerentola, L'italiana in Algeri di Rossini, Simon Boccanegra, Macbeth, Don Carlo di Verdi, la novità assoluta Al gran sole carico d'amore di Luigi Nono, Pelléas et Mélisande di Claude Debussy. Svolge inoltre un'intensa attività concertistica. Maestro del Coro è Romano Gandolfi.
Nel 1975 esordio alla Scala di Oriella Dorella.
Nel 1978 una grande mostra al Palazzo Reale di Milano celebra il Bicentenario del Teatro. Nel 1981 Riccardo Muti debutta alla Scala come direttore d'opera (Mozart, Le nozze di Figaro). Giulio Bertola assume la direzione del Coro.
Nel 1982 nasce l'Orchestra Filarmonica della Scala.
Fra gli altri autori contemporanei, sono eseguiti fino al 1986 Luciano Berio (La vera storia), Franco Donatoni (Atem) e Karlheinz Stockhausen (Samstag aus Licht). Nel 1985 debutta alla Scala Alessandra Ferri.
Nel 1986 Riccardo Muti assume la direzione musicale.
Dal 1989 al 1998 riporta in scena le opere più amate (Rigoletto, La traviata, Macbeth, La forza del destino) e numerosi altri titoli di Verdi, tra cui Falstaff e Don Carlo.
Affronta la trilogia italiana di Mozart-Da Ponte, dirigendo inoltre Idomeneo e La clemenza di Tito. Il suo repertorio alla Scala comprende Parsifal di Wagner e le edizioni del Ring e del Ciclo sinfonico di Beethoven, Fidelio, quattro opere di Christoph W. Gluck (fra cui Armide, 1996), Lodoïska di Luigi Cherubini, La donna del lago di Rossini, Pagliacci di Leoncavallo, Nina, ossia la pazza per amore di Paisiello, Tosca di Puccini, Dialogues des Carmélites di Poulenc.
Fra gli altri autori contemporanei, sono eseguiti fino al 1999 Luciano Berio (Outis), Hans Werner Henze (Lo sdegno del mare, Undine), Giacomo Manzoni (Doktor Faustus), Fabio Vacchi (La station thermale), Salvatore Sciarrino (Perseo e Andromeda), Aldo Clementi (Carillon), Leonard Bernstein (West Side Story).
Nel 1991 Roberto Gabbiani assume la direzione del Coro.
Nel 1997 la Scala si trasforma in una Fondazione con soci privati, aprendo una decisiva fase di modernizzazione. Nel 2000 Bruno Casoni è nominato nuovo direttore del Coro.
Il 7 dicembre 2001 un nuovo allestimento di Otello, con la direzione di Muti, conclude l'Anno verdiano e le rappresentazioni nell'edificio del Piermarini, sottoposto dal gennaio 2002 a importanti lavori di restauro e modernizzazione.
Il 19 gennaio 2002 si inaugura, con La traviata, diretta da Muti, il nuovo Teatro degli Arcimboldi, sorto nell'area industriale dismessa della Pirelli-Bicocca.
Il 23 maggio si apre la sede del Museo Teatrale a Palazzo Busca. Il Consiglio comunale di Milano approva il progetto architettonico di Mario Botta e il progetto di restauro conservativo di Elisabetta Fabbri per il Teatro alla Scala. Nel mese di settembre 2003 si svolge un'altra tournée a Tokyo.
Il 7 dicembre 2004, con Europa riconosciuta di Antonio Salieri, diretta da Riccardo Muti si inaugura la Scala restaurata. Nell'edificio del Piermarini ritorna anche il Museo Teatrale alla Scala, in un nuovo allestimento di Pier Luigi Pizzi.

Nella primavera del 2005 Riccardo Muti lascia dopo diciannove anni la direzione musicale del Teatro. La stagione 2005-06, dedicata al duecentocinquantenario della nascita di Mozart, è inaugurata da Idomeneo, con la direzione di Daniel Harding.
La Stagione 2006/07 vede il ritorno, il 7 dicembre, di un’opera di Verdi, Aida diretta da Riccardo Chailly, e l’inizio delle Celebrazioni per il 50° anniversario della scomparsa di Arturo Toscanini.
Il 7 dicembre 2007 una nuova produzione di Tristan und Isolde di Wagner, diretta da Daniel Barenboim e con la regia di Patrice Chéreau, ha aperto la Stagione 2007/08.
Con questa produzione ha avuto inizio una più stretta collaborazione tra il Teatro alla Scala e il Maestro argentino-israeliano.

Le beauceron, un chien très attachant





Le beauceron ou berger de Beauce se montre plein d'énergie.

Utilisé pour garder et mener le bétail, il est travailleur et intelligent.
Athlétique et robuste, le beauceron est joueur et aime se dépenser.

Son poil est court, dur et épais, sa robe noire et feu ou arlequin.
Taille : de 61 à 70 cm
Poids : de 30 à 45kg
Son maître idéal : Le maître du beauceron doit être actif et donner à son chien l'exercice, le jeu et l'éducation dont il a besoin pour s'épanouir.
Dans les photos :
Vicky (dans la neige) cocktail de beauceron et berger allemand et
Tosca (assise), "vrai" beauceron









domenica 15 febbraio 2009

La brutta sorpresa del web

Una storia per riflettere e non trovare pubblicata la storia della propria vita..
Le Tigre, una piccola rivista bimestrale francese, ha condotto un interessante esperimento raccogliendo tracce sul web; si tratta della dettagliata ricostruzione della vita di un ignaro trentenne francese, Marc, messa a nudo in un articolo pubblicato dalla rivista stessa.
Questa sorta di biografia è stata realizzata basandosi sui post e sulle foto che l’inconsapevole protagonista aveva caricato in Rete; in effetti aveva pubblicato su Flickr (il servizio di Image sharing di Yahoo) ben diciassettemila fotografie nel giro di due anni e, navigando su Facebook, è stato facile per la rivista trovare i particolari sulla sua vita privata.
Marc, scoperto l’articolo tramite un collega di lavoro, ha tentato inutilmente di adire le vie legali; tutte le informazione pubblicate su di lui erano di dominio pubblico e non ha potuto fare altro che limitare l'accesso ai suoi dati alle sole persone del suo entourage.
Il direttore della rivista, Raphaël Meltz, ha tentato di venire incontro ai reclami del giovane cambiando ad esempio i nomi propri nel testo, ma è rimasto convinto della provocatoria iniziativa per dimostrare che rendere pubblica la vita su internet, senza adottare le giuste precauzioni, può essere pericoloso.

Hotel per amanti a Parigi

Parigi vedra' a giugno l'apertura dell'Heart Break Hotel, che affittera' camere ad ore per l'amore ed il sesso in un'atmosfera sublime.
Il progetto è firmato dagli architetti Laurent e Cyrille Berger, parigini di 35 e 33 anni, i quali si sono ispirati ai famosi "love hotel" giapponesi.
Non si trattera' di un hotel qualsiasi, ma di uno spazio concettuale per la fusione del sesso con l'arte.

Il design del luogo, infatti, e' parte integrante del piacere.
E a questo si aggiunge la chimica:«Abbiamo sviluppato tessuti che emettono sostanze euforizzanti all’entrata - spiegano gli architetti Berger -, che è anche il luogo dell'approccio. Nella stanza dove si consuma l’atto sono diffusi feromoni che aumenterebbero l’eccitazione. Nel terzo settore, quello del post-coitum, si crea uno spazio di conforto grazie alla diffusione di antidepressivi e ansiolitici. Abbiamo anche optato per il colore bianco, un colore verginale, che cancella codici e tabù».

L’Heart Break Hotel sorgerà al 104, il centro di creazione d’arte contemporanea nato in autunno nella capitale francese, su una superficie complessiva di circa 50 metri quadrati, e resterà aperto per cinque anni.

Prenotazioni e pagamenti si faranno online, scavalcando così la biglietteria ufficiale, per garantire la riservatezza dei clienti.

David LaChapelle s'expose

Une vaste rétrospective du travail du photographe américain David LaChapelle a ouvert ses portes à la Monnaie de Paris, le 6 février dernier.
Près de 200 œuvres y seront exposées, jusqu’au 31 mai 2009, ainsi que sa toute nouvelle série, en exclusivité : "Présage d’innocence".

Une invitée surprise s’est également glissée dans le programme : la marque Passionata y présentera sa nouvelle collection 2009.

Il faut dire que cette dernière avait fait appel à David LaChapelle lui-même pour mettre au point sa nouvelle campagne publicitaire l’année dernière.

Bio de David LaChapelle :

Né en 1963 à Fairfield dans le Connecticut, David LaChapelle est l’un des plus grands
photographes de mode de ces dernières années.
Son premier cliché serait une photographie de sa mère, Helga LaChapelle en bikini et
un verre de Martini à la main, sur un balcon de Puerto Rico. Ce fut le déclenchement de
sa passion.
En 1977, il s’inscrit à l’École des arts de Caroline du Nord avec l’idée de devenir peintre
ou illustrateur.
Mais la photo l’a déjà imprégné et son choix s’affirme en photographiant
ses camarades d’école. L’année suivante, il tente sa chance à New York.
A son arrivée, David LaChapelle s’inscrit dans l’association des étudiants d’arts et à l’École des arts visuels.
Parallèlement, il est serveur au mythique Studio 54, vit dans une auberge de
jeunesse, fréquente les paumés, les drogués.
Dès 1982, Andy Warhol, alors rédacteur en chef du magazine branché Interview, publie ses premières photos de nus anonymes.
Iln’a alors que 19 ans.
Warhol et le pop art vont profondément le marquer.
Aujourd’hui,il a photographié les plus grandes icônes, stars, vip (Pamela Anderson, Marilyn Manson, Hillary Clinton, Leonardo DiCaprio, Naomi Campbell, David Bowie, Smashing Pumpkins, Red Hot Chili Peppers, Tupac Shakur, Elton John, Jeff Koons, Paris Hilton, Tori Amos,
Jude Law, Gael Garcia Bernal, Alicia Keys, Bjork, Cher, Elizabeth Taylor, Uma Thurman,
Muhammad Ali, David Beckham, Madonna, Eminem,… et la transexuelle Amanda
Lepore qu’il présente comme sa muse ), a fait les couvertures des plus grands magazines
(Rolling Stone, Vanity Fair,…), réalisé des clips (pour Joss Stone, Christina Aguilera, Amy
Winehouse, Britney Spears, Norah Jones,…), des films documentaires (Rize), des publicités
(H&M, Burger King’s, Desperate Housewives).
Ses photos se distinguent essentiellement par la vivacité de leurs couleurs (qui est obtenue
au tirage, par l’utilisation de négatifs couleurs), des décors bariolés, par des mises
en scène très soignées et pouvant être très importantes : un musée inondé, des maisons
détruites, des carambolages de voitures, des ours,… LaChapelle utilise très peu de trucages
numériques :
« C’est beaucoup plus drôle, si on veut photographier une fille assise sur un champignon
de fabriquer le champignon et de l’asseoir dessus, que de le faire à l’ordinateur.
De même si on veut mettre une fille nue et un singe en plein Time Square... ».
Ses influences vont de la peinture baroque au pop art, en passant par le porno chic
(abondance de corps nus).
De ses années de galère, au début des années 80, il a extrait son style : monter des situations, rendre la vie artificielle, soigner ses décors dans les moindres détails.
Tout cela vise à mettre à distance une réalité trop lourde à porter.
Car s’il fait poser ses modèles dans des endroits pas toujours idylliques, immeubles délabrés,
fast-food, salle d’accouchement, bureau, étal de viande… l’objectif est unique : exalter
la beauté et le glamour.
David LaChapelle fait parti des 10 plus grands noms de la photographie de mode classés
par le magazine américain American Photo.

L'Egg Chair


Depuis 1958, l'"Egg chair", designé par Arne Jacobsen, n'a cessé d'accroître sa popularité.
Il a traversé les époques pour entrer dans le panthéon du design. Pour son cinquantième anniversaire, l'artiste israélo-danois Tal R
lui offre un petit relooking, à la demande de Fritz Hansen, éditeur historique du célèbre fauteuil.
Le résultat est surprenant : 50 "Egg chairs", déclinés en une série de patchworks colorés.
Des pièces uniques et non conventionnelles qui sont exposées à la galerie de l'Entretemps du Bon Marché Rive Gauche après avoir été dévoilées en Italie à la Furniture Fair puis à la Galerie Carla Sozzani à Milan en 2008.

Le site du Bon Marché : http://www.treeslbm.com/#

Le site de Fritz Hansen (en anglais) : http://www.fritzhansen.com/

Rupture assistée









en retard,
voilà un site anti St.Valentin..





http://www.rupturetranquille.com/

qui dit:
Soyez les bienvenus sur le site qui se joue de la rupture amoureuse et en fait une matière de rire ! Cette semaine, nous lançons les festivités pour la future Saint Va Lointain, fête de la rupture !!
Les cinq articles les plus récents :
CONSEILS : Just ruptured, signes extérieurs de rupture
RUPTURE ASSISTEE : GPS, Global Partiring System
RECIT : A la St Valentin, un tango et tout va bien !
TENDANCE : La Saint Va Lointain
SPEED ROMPING : Planning de rupture Les cinq articles les plus consultés :
TENDANCE : La Saint Va Lointain
METHODE : Soldez votre moitié !
AVANT : Hipposteak
APRES : Actimec, mon mec quotidien
PARTIER et+ : L'Homo Ruptus


Merci de nous rester fidèles ou de nous quitter tranquillement !

Bonne rupture!

sabato 14 febbraio 2009

Applaudir..Hydrogen Jukebox




Beatnik attitude...
Fin 1940, au sortir de la guerre nucléaire qui a entraîné l'Europe exsangue, fait basculer l'ordre planétaire, et saisit les intellectuels en un trauma qui a révélé la chute de la civilisation, trois écrivains américains se retrouvent à l'Université de Columbia et expriment chacun à leur façon le choc éprouvé: Williams Burroughs publie Le Festin nu (1959), Allen Ginsberg, Howl (1955), et Jack Kerouac, auteur de Sur la route (1957), formalise leur engagement et leur prise de conscience et se désignant désormais comme la Beat géneration, par référence aux vagabonds adeptes des trains de marchandises, nouvelle espèce de bohèmes émigrés, traversant un monde désormais éclaté...
Contre cette expérience du désenchantement, les intellectuels proclament l'ivresse des sens, la fin des règles étriquées de la bourgeoisie bien pensante.
Il faut jouir de la vie et choisir la démence de vivre.

A San Francisco, le groupuscule se fédère au cours des années 1950: toute une pensée libertaire inspire les beatniks, futurs hippies, anticipant la génération de mai 1968.

La genèse de Hydrogen Jukebox commence lorsque pour répondre à une commande de vétérans du Viet Nâm, exprimée en 1988, Philip Glass, né en 1937, part à la recherche d'Allen Ginsberg (1926-1997) qu'il a connu en Inde.

Le poète dans le sillon d'Henri Michaux livre sa conscience aux drogues exploratrices d'un nouvel état sensible, plus apte à décrire et éprouver les mondes parallèles, comme à critiquer violemment l'impasse de l'Amérique puritaine d'Eisenhower.

Son poème Howl suscite ce titre un beau scandale: jugeant son oeuvre particulièrement obscène, le FBI classe son auteur au nombre des libertaires dangereux, ennemis de l'ordre intérieur. Comme le free-jazz est constitué de courtes scénettes, le poète expérimente dans Reality sandwiches, une écriture fugace, dessinant en épisodes, des tranches de vie et des carnets de voyage.

Ginsberg et Glass composent ainsi le texte nourri des poèmes beatnik qui est à la source d'Hydrogen Jukebox. Il s'agit d'un vaste tableau en 15 scènes, foisonnant et kaléidoscopique dont la charge critique, ironique et lyrique fustige les travers de l'Amérique du nord des années 1950 à 1980.Philip GlassAuteur prolixe, ardent représentant de la musique répétitive, Philip Glass est né à Baltimore, il y a 71 ans.

Passionné par la photographie de Muybridge qui décompose le mouvement, le musicien s'engage aussi à transcrire la musique indienne de Ravi Shankar: l'élève de Nadia Boulanger ne tarde pas à imposer sa propre écriture.
On lui doit nombre d'opéras (une vingtaine à ce jour, depuis Einstein on the Beach, créé en 1976 avec le concours de Bob Wilson et de la chorégraphe Lucinda Child). Aux côtés de Bob Wilson, Philip Glass a aussi travaillé avec David Bowie et Brian Eno. En hommage à Allen Ginsberg décédé en 1997, le compositeur écrit une nouvelle partition engagée d'après son poème Ode au plutonium.

En avril 2008, Philip Glass a créé son dernier opéra au Metropolitan de New Yok, Satyagraha, avant d'inspirer Bartabas et de faire jouer l'une des ses oeuvres, à Paris au Grand Palais, en juin 2008 dans le cadre de l'exposition Monumenta de Richard Serra.Hydrogen: penser le monde...

Hydrogen Jukebox composé avec le poète Allen Ginsberg en 1990, est ainsi créé en France en janvier 2009, du 12 janvier au 5 mars 2009, d'Angers et Nantes à Caen, soit 13 dates événements et 7 villes d'accueil pour une tournée mémorable.

« Lorsque je créais des pièces musicales à caractère social, j’utilisais souvent des langages inusités, voire obscurs, comme le sanskrit pour Satyagraha, l’égyptien ancien pour Akhnaten, le latin pour The Civil Wars ou juste quelques syllabes et nombres pour Einstein on The Beach. Avec Jukebox, j’ai travaillé avec le langage vernaculaire que nous pratiquons tous. Et la poésie d’Allen semble faite pour cela, car il puise dans les sons et les rythmes qui nous entourent pour façonner son langage poétique, un langage américain qui est logique, sensuel parfois abstrait mais toujours expressif. Fondre langage et musique ensemble apporte un sentiment de puissance, de plénitude sensorielle au sens propre, comme seul l’opéra en procure. » précise Philip Glass à propos de Hydrogen Jukebox.
Pour Allen Grinsberg, l'ouvrage pointe du doigt les éléments qui menacent notre civilisation.

En décrivant tout ce qui complote contre la survie de notre monde, l'opéra délivre en effet un oxygène salvateur: un baume pour maintenir l'humanité hors d'atteinte de ses faiblesses destructrices? : « En définitive, l’objet d’Hydrogen Jukebox, ses fondements, son message secret, est de soulager la souffrance humaine par une prise de conscience aigue des obsessions, névroses et problèmes que nous rencontrons en cette fin de millénaire.

Ainsi ce “mélodrame” est un aperçu millénariste de ce qui se passe, de ce que nous pensons, des nouvelles percutantes des Etats-Unis et du monde. En construisant cette pièce, nous pensions au déclin de l’empire, la chute de l’Amérique en tant qu’empire et même à la destruction de la planète dans les prochains siècles. Nous avons dressé la liste des choses que nous voulions couvrir – Philip et moi ainsi que Jerome Serlin le scénariste, quelques sujets communs.
Il y avait, bien sûr, le Bouddhisme, la méditation, le sexe, la révolution sexuelle. Il y avait la notion de corruption en politique, à la tête de l’état.

On y trouvait aussi des thématiques sur l’art, le voyage, les rapports Orient Occident ainsi que l’écologie, dont tout le monde parlait. Et, bien entendu, la guerre, la paix et le pacifisme. Hydrogen Jukebox serait-il un manifeste ultime préapocalyptique, déroulé en un appel du dernier recours, avant que l'humanité n'implose, avant cette fin du monde qui pourrait bien être son but inéluctable?


Le titre Hydrogen Jukebox vient d’un vers du poème Howl : …listening to the crack of doom on the hydrogen jukebox… (...tout en écoutant le crash apocalyptique d'un jukebox à hydrogène). Cela renvoie à un état de technologie hypertrophiée, un état psychologique dans lequel les gens sont à la limite de leur apport sensoriel face à la civilisation de jukeboxes militaires, face au puissant grondement industriel ou face à une musique qui vous secoue les os et pénètre votre système nerveux, comme le ferait un jour un bombe à hydrogène, en annonçant l’apocalypse », annonce Allen Ginsberg.

Philip Glass et son Opéra de Chambre Hydrogen Jukebox



Génial!!

Hydrogen Jukebox de Philip Glass et Allen Ginsberg
Exercice de spéléologie au coeur de la Beat Generation..
A Nantes, la création française de l’opéra de chambre Hydrogen Jukebox, neuvième opus lyrique du compositeur américain Philip Glass tient de l’expédition spéléologique : née en 1998 d’une rencontre de Glass avec le poète Allen Ginsberg, créé en 1990 au Spoleto Music Festival de Charleston, l’oeuvre plonge dans un passé pas si lointain mais qui se referme sur une génération qui a marqué et fait son temps : la Beat Generation, cette vague de rébellion sociale et poétique qui secoua l’Amérique des années cinquante à quatre vingt et fit des ondes sur les jeunesses du monde.
Jack Kerouac fut le premier à en déclencher les marées avec son emblématique Sur la route, bientôt suivi par Ginsberg et William Burroughs dont The Howl et Le Festin nu imprégnèrent les esprits et les révoltes.
C’est l’Amérique des Happy Fifties bientôt rattrapée par ses guerres, au Vietnam et ailleurs, par la rage de liberté tous azimuts, par le sexe sans tabou et la drogue comme accessoire d’évasion. Aux paroles proférées par le poète répondirent les sons d’un nouveau type baptisés « minimalistes » ou « répétitifs » initiés par des compositeurs comme LaMonte Young, Steve Reich, Terry Riley et Philip Glass.

La découverte au Festival d’Avignon 1976 de son premier opéra Einstein on the Beach mis en scène par Bob Wilson et chorégraphié par Lucinda Childs fit l’effet d’un électrochoc qu’aucune autre œuvre postérieure renouvela.
20 chants pour 7 musiciens, 6 chanteurs et un narrateur
Pour la production française de Hydrogen Jukebox, Philippe Nahon et son ensemble Ars Nova, côté musique, Joël Jouanneau à la mise en scène et Jacques Gabel pour la scénographie se sont emparés des traces laissées par ces temps-là et ont tenté de leur redonner vie.

L’œuvre, articulée autour de vingt chants pour sept musiciens, six chanteurs et un narrateur, a presque 20 ans d’âge.

Son titre est extrait de Howl (cri, hurlement), le poème quasi identitaire de Ginsberg : « listening to the crack of doom on the Hydrogen Jukebox (en écoutant le crack d’apocalypse d’un jukebox à hydrogène) ».
La scénographie de Gabel s’appuie sur les données de la célèbre Factory chère à Andy Warhol, tables de maquillage aux miroirs encadrés de lampes, murs gris et écrans mobiles auxquels s’ajoutent un tuyau accroché aux cintres crachant du sable sur des restes d’uniformes, et, à l’avant-scène le bureau et la machine à écrire de Ginsberg.

Un Ginsberg qu’incarne le comédien Eric Génovèse, prêté par la Comédie Française dont il est sociétaire. Jouant les Frégolis, acteur et danseur d’une multitude d’autres personnages il dit et profère les textes en flamme de Ginsberg.

Le programme les reproduit en langue originale et dans leur traduction : belle initiative qui pointe du bout des mots la difficulté de traduire un langage principalement axé sur le souffle et la mélodie des syllabes.
Quand le cheval de fer fonce vers la guerre
Déguisé en oncle Sam - haut de forme et couleurs de bannière étoilée -, Philippe Nahon dirige ses ouailles musiciennes comme s’il était lui aussi un personnage à part entière.

Côté jardin les vents, flûte (Pierre-Simon Chevry), clarinette (Eric Lamberger) et le saxophone de Jacques Charles qui se livre à un étourdissant solo de jazz.

Côté cour, percussions et synthétiseurs, les instruments clés de cette musique, sont manipulés par Isabelle Cornélis, Elisa Humanes, Michel Maurer et André Dos Santos.

A ces excellents instrumentistes se joignent les voix des sopranos Mia Delmaë et Céleste Lazarenko, de la mezzo Aurore Ugolin, du ténor Michaël Bennett, des barytons et barytons basses Jeremy Huw-Williams et Jean-Loup Pagésy qui figurent tour à tour le chœur et les diverses silhouettes qui traversent les temps et les paysages : des plaines d’Oklahoma aux rives du Gange, de Chicago à Calcutta, quand « le cheval de guerre fonce vers la guerre », que meurent « les soldats venus de nulle part pour aller où on les envoie » et que dans ce marasme il faut invoquer Yahvé, Allah et Bouddha.
D’Eisenhower à Bush père, les présidents défilent et les événements liés à leurs mandats : par flashs, par fragments, par états de névroses.

Il n’y pas d’histoire, il y a l’Histoire et ses convulsions, les battements sourds de la musique de Glass, ses répétitions en boucle qui créent une sorte d’hypnose.
Ni véritable opéra, ni véritable oratorio, c’est un voyage dans des mondes en tourmente qui n’ont pas fini de nous interpeller.


Hydrogen Jukebox de Philip Glass, livret d’Allen Ginsberg, ensemble instrumental Ars Nova, direction Philippe Nahon, mise en scène Joël Jouanneau, décor Jacques Gabel, costumes Claire Sternberg, lumières Franck Thévenon, réalisation sonore Pablo Bergel.Avec Eric Génovèse, Mia Delmaë, Céleste Lazarenko, Aurore Ugolin, Michael Bennett, Jeremy Huw-Williams, Jean-Loup Pagésy.
Nantes – Théâtre Graslin, les 12,13,14,22,24 & 26 janvier
Angers – Grand Théâtre, les 28 & 29 janvier
Orléans – Théâtre – le 16 janvier
Dijon – Opéra – le 1er février
Besançon – Théâtre Musical – le 13 février
Poitiers – TAP – le 19 février
Caen – Théâtre – le 5 mars

Per San Valentino, mangiamo dei cioccolatini!




Non sono fan della festa del 14 febbraio,(come per la festa della mamma, della nonna, del papà..tutto é prestesto al commercio.)..ma in questo caso si tratta di cioccolatini, e dunque il pretesto é buono, anzi buonissimo !
La proposta golosa per San Valentino di quest'anno é ..T'a - Sentimento Italiano, il nuovo brand di lusso del cioccolato hand made dei fratelli Alemagna!
Per l’occasione la scatola del purissimo cioccolato T’a - Sentimento Italiano è accompagnata da 4 biglietti con speciali messaggi d'amore da scegliere in base alle sfumature del proprio sentimento d’amore: quattro eleganti cartoncini di colore rosso intenso per dire


T’Amo…T’Adoro…T’Abbraccio...o anche semplicemente T’Anti auguri!

Un’idea regalo originale ed elegante, ben diversa dalla solita scatola di cioccolatini!
T'a - Sentimento Italiano, confezione S.Valentino da 9 cioccolatini € 15,50

mercoledì 11 febbraio 2009

Guillaume Canet

Il est l'un des acteurs-réalisateurs les plus talentueux du cinéma français. A 35 ans, Guillaume Canet affiche un sacré palmarès, couronné par un César en 2007, celui du meilleur réalisateur pour son film Ne le dis à personne.
Et d'après le Figaro, ses gains 2007 étaient estimés à 1 600 000 euros, ce qui fait de lui le 6e acteur le mieux payé de France. Rien que ça!
C'est une rencontre avec Jean Rochefort, qui a la passion des chevaux comme lui, qui lui donne l'envie de faire de la comédie.
Il commence donc à étudier au cours Florent à Paris, faute d'avoir pu devenir jockey après un accident.

En 1996, il tourne dans son premier film: 17 ans et des poussières de Joël Santoni. Après cette première expérience, il gravira les marches de la gloire quatre à quatre. Acteur, réalisateur, metteur en scène pour le théâtre...
Côté coeurs, le bohneur est aussi au rendez-vous.
Il a été marié cinq ans à l'ancien mannequin allemand devenue actrice, Diane Kruger.
Il lui offre même son premier rôle au cinéma en 2002 dans son premier long-métrage en tant que réalisateur, Mon idole, avant qu'elle ne devienne une vedette internationale grâce au rôle d'Hélène dans le film Troie en 2004.

Et depuis plus d'un an, il file le parfait amour avec Marion Cotillard, rencontrée sur le tournage de Jeux d'Enfants en 2003.

Scarlett en Marilyn pour Dolce & Gabbana








Pour lancer ses cosmétiques, Dolce&Gabbana a assuré ses arrières en réquisitionnant l’une des actrices les plus influentes du moment.

Scarlett Johansson prête donc son image, et ses courbes, à la marque pour une promotion glamourissime.
Pin Up des temps modernes, c’est assurément le nouveau statut de Scarlett Johansson, parfait clone de Marilyn Monroe le temps d’un shooting photo à Londres.

Ce résultat ultra sensuel et very sexy, on le doit au photographe Solve Sundsbo, mais aussi au make-up de l’actrice.
Mise en plis fifties peroxydée, bouche en cœur rouge ardent et seins corsetés beiges rosés… Scarlett est une icône hollywoodienne comme on n’en fait plus.
«Sûre d’elle, magnifique et sympathique, elle est très Dolce&Gabbana» comme dirait le principal intéressé, Stefano Gabbana.
Le teint velouté, la peau de pêche et le regard lointain de la belle charmeront les badauds, tandis que les femmes jalouseront sa taille de guêpe et sa classe candide mais néanmoins fatale qu’elle avait affiché auparavant dans la campagne printemps-été 2007 de Louis Vuitton.