domenica 23 novembre 2008

Maria Sharapova, la più bella



























Maria Sharapova è probabilmente la tennista più bella del mondo, sicuramente la più glamour e quella che cura con più attenzione anche la sua immagine fuori dal campo.

Ma questo non vuol dire che valga poco nelle competizioni ad altissimo livello. Anzi.

Il 2008 lo chiude in nona posizione.
Inoltre la Sharapova è stata la prima tennista della storia a vincere a Winmbledon e a raggiungere la prima posizione nella classifica del WTA.






la buona musica per fare l'amore?


Dipende dal momento..
Anche voi avete una
compilation pronta all'uso in caso di serata a due con probabili
risvolti piccanti?
Una compilation adatta a creare
l'atmosfera migliore,a seconda dei gusti in materia, non solo musicale, per una lista di canzoni adatte a riscaldare l'ambiente.
Nel commercio, l'ultimo tentativo di compilation "da letto", é quello di una star del cinema hard, Rocco Siffredi, con la sua Sexy, Personal Selection, scaletta di canzoni pop pescate dagli ultimi vent'anni di musica, pubblicate da una major del disco e giudicate adatte all'uso dal "critico musicale" in prestito dal cinema.
Tra le tante selezionate, Sweet Harmony dei Beloved, Horny 98 di Mousse T, passando per Donna Summer, Lil' Louis e altri personaggi e brani più o meno azzeccati, a seconda delle preferenze.
Ma si sa, non per tutti la canzone giusta nel momento giusto, può essere la stessa.
Per un amplesso fugace,Justify My Love (Madonna)
Era nel pieno del momento più conturbate della sua carriera, quella Madonna in versione latex, pizzi e mascherina, piglio ambiguo e parole sussurrate da far rabbrividire, non dalla paura, s’intende. È la "fase sex" di lady Ciccone, la stessa che fa capolino nell’album Erotica e nel libro fotografico Sex. Il video della canzone è stato censurato in ogni dove. GUARDA IL VIDEO

Per un amplesso Hi Tech : Sex Object (Kraftwerk)“I don't want to be your sex object”, dicono gli ultra-tecnologici Kraftwerk, con la loro elettronica sofisticata, tra atmosfere industriali, sintetizzatori, ritmi meccanici e continui e quant’altro.
Ma l’avranno pensata veramente così? O piuttosto, il messaggio nel titolo avrà avuto diverse interpretazioni possibili. Agli sperimentatori, la risposta.

Per un amplesso dark : Rid Of Me (PJ Harvey) “Lick my legs, I'm on fire, Lick my legs of desire… I'll tie your legs , keep you against my chest”, grida la misteriosa, quanto diretta e parecchio furiosa PJ Harvey, nel suo microfono, sulle note scandite e simmetriche di Rid Of Me. Magari non saranno note adatte per i romantici-a tutti i costi, ma si sa, non sempre la canzone giusta è quella più “pulita”. GUARDA IL VIDEO
Per l'amplesso democratico : Everybody Here Wants You (Jeff Buckley)
Questo nome può mettere d’accordo tradizionalisti e sperimentatori, romantici incalliti e rocker-lovers.
Jeff Buckley è praticamente una garanzia. Che si tratti di Everybody Here Wants You, ballatona da luci soffuse per sua natura dall’inizio alla fine, o della più elettrica So Real, con i suoi cambiamenti d’umore e finale in crescendo, l’atmosfera è assicurata in entrambi i casi.
Per l'amplesso sanguigno : I Feel You (Depeche Mode)
In una compilation a tema che si rispetti, un posto assicurato anche per i Depeche Mode, con le loro atmosfere rarefatte, scure, ritmiche contagiose in puro formato decibel. I Feel You. “I feel you, your precious soul, I feel you and I am whole, I feel you, your rising sun, my kingdom comes”. E se lo dice Dave Gahan… perché non dargli credito?GUARDA IL VIDEO
E per l'amplesso trasgressivo : Roxanne (George Michael)
La cantavano i Police, poi George Michael ne ha fatto una cover jazzy e l’atmosfera si è fatta decisamente più calda.
La storia non è delle più felici, ma se in certe situazioni, l’atmosfera conta più delle parole, la cover può fare la sua bella figura.GUARDA IL VIDEO
Io scelgo Madonna, Depeche Mode e George Michael..e voi?

mercoledì 19 novembre 2008

Una canzone inedita dei Beatles!


Paul McCartney vorrebbe lanciare un brano inedito registrato
in passato dai Beatles.
Durante un’intervista rilasciata alla BBC Radio 4,
Paul ha rivelato di voler pubblicare una canzone
dei Beatles sconosciuta al pubblico,
informa la rivista RollingStone.
Carnaval of Light è un brano musicale
che dura 14 minuti, improvvisato e registrato
dalla band nel 1967, una canzone messa in disparte
durante la realizzazione dell’album Anthology,
perché ritenuta troppo sconsiderata.
Secondo Paul adesso è venuto il momento di rendere pubblico questo brano, il cantante ha quindi l’intenzione di chiedere il permesso a Ringo Starr e alle mogli di John Lennon e di George Harrison, per poter concretizzare questo suo progetto.
Il musicista ha dichiarato: «Amo questo pezzo perché si tratta di un momento in cui i Beatles si sentivano liberi.»

Dior a Pechino


Christian Dior
sbarca a Pechino:
è iniziata infatti l’esposizione
Christian Dior & Chinese Artists,
in mostra all
fino al 15 gennaio 2009.

L’obiettivo?
Stabilire un contatto fra due universi poliedrici e affascinanti come l’arte contemporanea e la moda francese rappresentata da Dior, che in quest’occasione diventa fonte d’ispirazione per le opere di celebri artisti cinesi.
Così, più di venti quadri verranno esposti con i relativi disegni e modelli di Monsieur Dior, John Galliano, Kris Van Assche per Dior Homme e Victoire de Castellane per la Haute Joaillerie.

Poco dopo il suo sessantesimo anniversario, questa Maison storica mostra così la sua capacità di reinventarsi nella contemporaneità di un’altra cultura.

Buon compleanno Hello Kitty!


お誕生日おめでとう -
Otanjoubi omedetou:
Buon Compleanno Hello Kitty!

Sembra un cucciolo, ma la micina
più trendy del pianeta è già una
donna: questo mese spegnerà
33 candeline! Inizialmente
battezzata Kitty White,
alias uno dei gatti del libro
Attraverso lo specchio e quel
che Alice vi trovò di
Lewis Carroll,
si converte presto nel più
smart Hello Kitty.
Questa è la traduzione non letterale
di maneki neko,
il gatto del benvenuto (sì, proprio
quello che vedi fare “ciao ciao”
con la zampina accanto
ai registratori di cassa del tuo sushi bar preferito!), personaggio che ne fu principale fonte di ispirazione.

Capostipite dello stile kawaii, la cultura pop made in Japan tutta-faccette-e-occhi-da-bambi, Hello Kitty è l'icona dello stile kidult e non solo, nonché (colpo di scena!) per ben due volte ambasciatrice Unicef.


Novembre 1975: Shintaro Tsuji, presidente della Sanrio co. Ltd, azienda giapponese leader nella creazione di personaggi per la tv e la relativa commercializzazione, incarica i suoi collaboratori di dare vita a un nuovo character.
Nasce così, dalla mano di Yuko Yamaguch, Hello Kitty.

venerdì 14 novembre 2008

Lee Miller, la fotografa dai mille volti


Lee Miller a Parigi
Più di 140 opere allo Jeu de Paume dal 21 ottobre 2008 al 4 gennaio 2009 per tracciare il profilo di Lee Miller.


Lee Miller (1907-1977) è stata molte donne in una vita sola.

Americana, da giovanissima posa come modella prima per suo padre e dal 1927 per l'ambitissimo Vogue, diventando simbolo della liberazione della donna e musa di fotografi come Steichen, Man Ray, Horst P. Horst, and Hoyningen-Huene.

È proprio Steichen che la ispira a iniziare una carriera dietro l'obiettivo e che la raccomanda a Man Ray.

Nel 1929 Lee Miller si trasferisce a Parigi, dove diventa sua assistente, modella e compagna e si innamora della città e della fotografia.

Entra nel circolo dei grandi artisti: Max Ernst, Pablo Ricasso, Jean Cocteau, Paul Eluard, René Magritte, Joan Mirò.

Lasciato Man Ray, torna a New York dove fonda con suo fratello il Lee Miller Studio.

Si trasferisce in Cairo nel 1934 in seguito al matrimonio con Aziz Eloui Bey, facoltoso egiziano.

Nel 1939 lo lascia e ritorna a Parigi, dove inizia una relazione con il pittore inglese surrealista Roland Penrose, che seguirà a Londra.

È ormai nota fotografa e pubblica su Vogue America, Inghilterra e Francia.

Nel 1942 diventa corrispondente di guerra per l'esercito degli Stati Uniti per Vogue Inghilterra. Documenta la liberazione di Parigi, la battaglia di Saint-Malo, la caduta del Terzo Reich, la liberazione dai campi di concentramento.

La mostra al Jeu de Paume, che comprende 140 immagini, disegni, collage e uno spezzone di Le Sang du poète (1931) di Jean Cocteau, racconta in fondo la vita di questa grandissima artista che ancor prima che fotografa è stata donna d'avanguardia.

The Art of Lee Miller 21 Ottobre 2008-4 Gennaio 2009 Museo Jeu de Paume, sede Concorde, Parigi http://www.jeudepaume.org/

martedì 4 novembre 2008

Turismo sessuale in repubblica Cecoslovacca


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Un petit village déclare la guerre au tourisme sexuel
La prostitution est légale en Allemagne, mais certains hommes préfèrent traverser la frontière pour aller en République tchèque où les filles sont bon marché.

Les autorités locales ont décidé de s’attaquer à ce tourisme sexuel.


Chaque soir, les voitures en provenance de Bavière et de Saxe avancent lentement le long de la rue principale de Komotau, une petite ville tchèque située à quelques kilomètres de la frontière avec l'Allemagne.

Le long de la route, des dizaines de femmes et de jeunes filles qui attendent le client dès la nuit tombée et offrent leur service à des prix défiant toute concurrence. Dans cette région frontalière, 80% des touristes sexuels sont des Allemands qui font l'aller-retour entre les deux pays pour se payer un cinq à sept avec une prostituée.Mais la passe de l'autre côté de la frontière, en toute discrétion, c'est du passé.

Du moins à Komotau.

La municipalité a installé des caméras de surveillance dans le centre-ville et publie depuis une semaine les photos des véhicules qui embarquent des prostituées sur son site internet.

Sur les clichés, les plaques d'immatriculation sont floutées, mais un tirage est également envoyé à l'adresse allemande des conducteurs.

L'adjoint au maire de Komotau, Jan Rehak, espère que cette mesure aura un effet dissuasif, même si l'anonymat du client est préservé.Depuis la chute du Mur en 1989, le problème de la prostitution frontalière ne fait qu'augmenter. Et avec elle, la traite des femmes.

La majorité des prostituées qui font le tapin à Komotau et dans les autres villages de la région sont originaires de Moldavie, d'Ukraine ou du Brésil. Attirées en République tchèque par la promesse d'un emploi, elles y sont réduites à l'état d'esclaves sexuelles.

La nonna di Obama é morta


La grand-mère maternelle de Barack Obama est décédée d'un cancer à l'âge de 86 ans à Hawaï, a annoncé lundi le candidat démocrate à l'élection présidentielle américaine.

Dans un communiqué publié avec sa sœur, Maya Soetoro-Ng, le sénateur de l'Illinois annonce: "C'est avec une grande tristesse que nous annonçons la mort de notre grand-mère, Madelyn Dunham, qui s'est éteinte paisiblement au terme d'un combat contre un cancer.

"Elle était la clé de voûte de notre famille ainsi qu'une femme d'une force, d'une exemplarité et d'une humilité extraordinaires".

Obama, né d'un père kényan et d'une Américaine blanche, avait interrompu les 22 et 23 octobre sa campagne électorale pour se rendre par avion au chevet de sa grand-mère à Hawaï.

Cette dernière avait élevé le jeune Barack à partir de l'âge de dix ans lorsque sa mère était partie travailler en Indonésie.

"Notre famille souhaite remercier tous ceux qui ont envoyé des fleurs, des cartes de voeux et des prières pendant cette période difficile. (...) Notre grand-mère était quelqu'un de réservé et nous respecterons son voeu d'organiser une petite cérémonie privée à une date ultérieure", a ajouté le candidat démocrate dans son communiqué.

Madelyn Dunham, qu'Obama appelait affectueusement "Toot" (diminutif de "tutu", qui veut dire "grand-mère" en hawaïen), avait suivi la candidature de son petit-fils avec beaucoup d'intérêt.


"Sacrifiée pour moi"

Elle s'était fracturée la hanche en octobre et à l'époque, Obama avait expliqué qu'il ne voulait pas répéter l'erreur qu'il avait faite avec sa mère, décédée d'un cancer avant qu'il ait pu venir à son chevet.
En se rendant sur l'île de son enfance, il avait ainsi dévoilé un aspect de sa vie privée qui ne le desservira pas forcément après avoir été attaqué sans relâche par le camp républicain sur son patriotisme, sa religion ou son parcours.

Le sénateur métis de l'Illinois évoque souvent dans ses discours ses deux grands-parents maternels.

Le grand-père avait combattu lors de la Seconde Guerre mondiale pendant que sa grand-mère travaillait sur une chaîne de fabrication d'obus.
Après avoir donné naissance à la mère d'Obama au Kansas, le couple s'était installé à Hawaï, où Madelyn Dunham était devenue vice-présidente d'une banque.
"C'est elle qui m'a appris à travailler dur", avait lancé Obama à la tribune de la convention démocrate de Denver, en acceptant sa nomination comme candidat. "Elle est celle qui a remis à plus tard l'achat d'une nouvelle voiture ou d'une nouvelle robe pour que j'aie une meilleure vie."

Mais Obama avait aussi évoqué sa grand-mère blanche de façon plus crue, après la controverse provoquée en mars par les discours enflammés de son ancien pasteur, le révérend noir Jeremiah Wright, contre les Blancs américains.

"Je ne peux pas le désavouer tout comme je ne peux pas désavouer ma grand-mère blanche, une femme qui m'a élevé, une femme qui s'est sacrifiée jour après jour pour moi, une femme qui m'aime plus que tout au monde, mais une femme qui m'a avoué un jour sa peur des hommes noirs qui passaient dans la rue devant chez elle, et qui en plusieurs occasions a exprimé des préjugés racistes ou ethniques qui m'ont fait honte."

Chicago, patria di Obama


Obama a lancé sa carrière politique à Chicago, une ville qui ne fait pas de cadeaux aux nouveaux venus.

Mais s’il a été adopté par l’élite démocrate, le système politique corrompu de la ville pourrait jeter une ombre sur le candidat.

C'est en 1991 que Barack Obama, alors âgé de 30 ans, fit de Chicago sa ville de résidence.

Après trois décennies de pérégrinations à travers le pays - entre Hawaï, New York, Chicago et Boston - après une enfance en Indonésie, ce fils d'une mère native du Kansas et d'un père kenyan posa ses bagages dans la célèbre “Windy City”, la ville balayée par les vents.

Située sur la rive sud-ouest du lac Michigan dans l'Etat de l'Illinois, Chicago a accueilli de nombreuses vagues d'immigrants, des Afro-Américains fuyant le sud rural aux Irlandais fuyant la famine, sans parler des Polonais, Allemands, Grecs, suivis par les Mexicains, Chinois et immigrés d'Asie du Sud-Est - pour en énumérer brièvement quelques-uns.

Au recensement de l'an 2000, presque 3% des deux millions de résidents de Chicago répondaient qu'ils étaient d'origine multiethnique, se trouvant des ancêtres issus de deux ou trois origines différentes.

Pour un jeune home ambitieux, métis, cherchant à prendre racine quelque part, Chicago semblait être le lieu idéal.

Cette métropole où la classe moyenne est majoritaire est la ville où Obama a forgé son identité personnelle et politique. C'est la ville où il a rencontré son épouse, Michelle, où il a élevé ses deux filles et où il a lancé sa fulgurante carrière politique depuis les quartiers sensibles du sud de la ville.

Et en y regardant de près, Chicago est fière d'être la patrie du premier candidat noir à l'élection présidentielle américaine. Quelques jours avant l'élection du 4 novembre, cette ville gigantesque, connue pour son architecture iconoclaste et monumentale, s'est transformée en un véritable sanctuaire en l'honneur d'Obama.

Bienvenue à "la machine"

Dans les rues, les voitures aux pare-chocs couverts d'autocollants Obama 08 slaloment dans le trafic, passant en trombe devant les magasins de sport vendant des t-shirts Obama et devant les maisons pavillonnaires bordées de leur jardin coquet planté d'affichettes Obama-Biden.

Si Chicago a été reconnaissante envers Obama, le candidat démocrate, d'une certaine façon, a également fait preuve de reconnaissance envers Chicago.

Dans cette course à la Maison Blanche où tous les records d'audience ont été battus, le candidat démocrate a progressivement fait glisser le centre nerveux du comité national démocrate de Washington à Chicago. Le quartier général de sa campagne se trouve au Loop, quartier d'affaires du centre-ville de Chicago. Et le 4 novembre, le résident le plus célèbre de Chicago achèvera sa campagne présidentielle historique à Grant Park, le gigantesque parc de la ville, bordé par le lac Michigan et les légendaires tours qui barrent l'horizon.

Mais Chicago a également des côtés cachés qui ont failli mettre à mal l'image présidentielle d'Obama. Aux Etats-Unis, on l’appelle simplement "la machine de Chicago". Dans cette ville traditionnellement démocrate, le terme renvoie à un système politique corrompu basé sur le népotisme et le clientélisme. La "machine" fait référence à un groupe de travailleurs du parti sur lesquels on pouvait compter pour apporter des voix à l'homme fort ou le "boss".

C'est ce côté obscur de la vie politique de Chicago que le rival d'Obama, John McCain, a tenté d'exploiter il y a quelques semaines quand son équipe de campagne a diffusé une publicité télévisée faisant le lien entre Obama et la machine démocrate de Chicago.

Cette vidéo de 30 secondes accuse le sénateur de l'Illinois d'avoir été "enfanté par la machine corruptrice de Chicago" avant de poser des questions sur ses liens avec quatre personnalités douteuses de Chicago, dont Tony Rezko, un ancien collecteur de fonds qui a déjà été condamné par la justice. "Avec des amis comme ceux-là, conclut la publicité, Obama n'est pas prêt à diriger le pays."


Le conte des deux Daley

Chicago n'est pas la seule ville aux Etats-Unis qui possède de telles "machines politiques". A la fin du XIXe et au début du XXe siècle, la plupart des villes américaines étaient sous la coupe de machines politiques.

Mais sous le règne du maire démocrate Richard J. Daley - ou "Daley Senior", comme il est appelé - la ville balayée par les vents a donné plus de poids à cette machine politique.

Décrit comme "le dernier des grands parrains", Daley Senior a contrôlé la vie politique de la ville, dominée par le parti démocrate, de 1955 jusqu'à sa mort en 1976.Aujourd'hui, des contrôles électoraux plus étroits ainsi que le poids des médias ont mis un point final à cette histoire de la machine. Les experts remarquent que les candidats ne peuvent plus se fier uniquement à la loyauté systématique au Parti. Ils doivent relancer directement les électeurs - via les médias.

Mais bien que la période du vieux système de la machine soit achevée, quelques experts de la vie politique de Chicago pensent que ce vieux système politique s'est paré d'un nouveau costume plus chic. Dans la ville, ils l'appellent "le clientélisme bobo"."Actuellement, nous avons un nouveau maire Daley à Chicago" dit Dick Simpson, chef du département des sciences politiques de l'université de l'Illinois, Chicago, faisant référence à l'actuel maire Richard M. Daley, le fils le plus âgé de Daley Senior.Daley Junior - surnom de l'actuel maire - a été réélu cinq fois depuis 1989, longévité remarquable qui va le mener à surpasser le record de son père en tant que maire ayant le plus longtemps servi à la tête de la ville.Mais, bien que reconnaissant que le "nouveau Daley" ne tire pas les ficelles de la machine politique traditionnelle, Simpson remarque que l'actuel maire de Chicago "utilise les contributions des milieux économiques en contrepartie desquelles des contrats lucratifs du gouvernement et autres faveurs économiques sont donnés à des sociétés et supporters de sa campagne".La ville des rivalités politiquesLes habitants de Chicago sont au courant de la réputation sulfureuse de leur ville. La "ville aux larges épaules" - comme elle a été appelée parfois - a été, après tout, la ville d'Al Capone. Elle a également inspiré la comédie musicale "Chicago", une des plus féroces satires sur le crime, la corruption, et les "criminels vedettes".Ce qu'ils ont du mal à croire, c'est qu'Obama ait été impliqué dans la machine de Chicago. "Obama n'a jamais fait partie de cette machine démocrate", souligne Eric Klinenberg, un professeur de sociologie à l'université de New York et auteur du livre "Vague de chaleur : autopsie sociale d'un désastre à Chicago". "Et de le cataloguer comme un membre de la machine démocrate est un jugement erroné sur les capacités d'Obama."

Simpson remarque que lors des primaires démocrates pour la nomination à la course au Sénat, le maire Daley n'avait pas soutenu Obama. Malgré cela, ce dernier est parvenu à gagner les primaires ainsi que l'élection générale de novembre 2004, faisant de lui l'un des deux sénateurs de l'Illinois.

En outre, Simpson souligne que les racines politiques d'Obama s'enfoncent dans les sillons creusés par les "Indépendants", un groupe de politiciens, activistes et intellectuels opposés à l'hégémonie des Daley.

En tant que membre éminent des Indépendants, qui a travaillé sous deux mandats au sein de l'administration de la ville, Simpson remarque qu'Obama n’a guère reçu le soutien de l'oligarchie politique de la ville au début de sa carrière.

Mais il reconnaît tout de même que la vieille garde a fini par adopter le sénateur charismatique des quartiers sud.

Ce parcours d’outsider rehausse la réussite spectaculaire d'Obama, dans une ville qui n'a pas été traditionnellement généreuse aux débutants en politique.

"Chicago est une ville très difficile à infiltrer pour un politicien, dit Klinenberg. Le fait qu'Obama, qui n'a pas grandi dans ces quartiers, a été capable de se construire une carrière ici, est quelque chose de tout simplement remarquable."

mercoledì 29 ottobre 2008

Cosimo Sponziello é morto


Grande Maestro..e mio professore a Brera.
Non sapevo che era tanto talentuoso, era semplice, si metteva dietro le mie spalle dicendomi:
"Ben risolto questo braccio, Daniela. Che energia nel tratto!" e io lo ascoltavo distrattamente..

quando si ha 17 anni, ci si sente aldisopra di tutto!
Ero convinta di essere una grande artista..

E oggi trovo un articlo : Cosimo Sponziello é morto.

Era già anziano , dunque é normale, la vita non é eterna.
Ma ecco cosa dice un suo allievo:

COSIMO SPONZIELLO POETA DELLA LUCE
Cosimo Sponziello, un artista, un maestro , forse l’ultimo grande maestro salentino dopo Ciardo e Soppressa , un impressionista- simbolista , un poeta della luce , sia nei suoi quadri che nelle sue fotografie.
Nato a Tuglie quasi novant’anni fa, aveva insegnato per 24 anni all’accademia di Brera ( la madre era lombarda e per moltissimi anni ha vissuto a Milano, dov’era conosciuto e molto stimato sia come insegnante che come artista).
Era tornato nel suo salento , a San Simone, in una casetta tra gli ulivi della località Grumosi, dopo la morte della moglie , ma non aveva più trovato i vecchi compagni di cordata, scrittori come Vittorio Bodini, Vittorio Pagano, pittori come Lino Soppressa, Nino Della Notte, Aldo Calò, Luigi Gabrieli, con i quali aveva dato vita ad un vero e proprio movimento talentino che nel secondo dopoguerra tentò di rinnovare le arti e le lettere, provincializzandole e insrendole a pieno titolo nel contesto nazionale; ma Sponziello era ben inserito anche nell’ambiente intellettuale milanese, dove frequentava Carrà, Tosi, Cantatore, Treccani, Cascella e scrittori come Buzzati, Borghese, critici d’arte come Ronchie De Grada che lo definì “un romantico del post- impressionismo vibrante di Ciardo e insieme del fauvismo delicato e signorile di Gino Moro”. L’impressione che fece a me fu quella di un poeta delicatissimo, sia nei paesaggi che nei ritratti, che fa piovere la luce in un certo modo , una luce di sogno.
Non a caso aveva come titolo I SOGNI DELLA LUCE , e non a caso Luigi Scorrano parla della sua pittura come sottile e raffinata arte in cui in ogni quadro gioca un ruolo determinante l’emozione che il colore suggerisce ed interpreta.

Una tavolozza rosa e di grigi madreperlacei , la luce che piove sulle cose e nei trai riflessi argentei; l’inesauribile immaginazione della natura è volta dal pittore in elementi di povera apparenza ma di straordinaria ricchezza; tutto contribuisce a comporre una visione della realtà non percepibile nella superficie spianata e più facilmente visibile ma intuita nelle sue complesse stratificazioni. L’arte del sottrarre, in cui l’oggetto è ridotto alla sua nuda essenzialità.
Non servono abbellimenti .
Più si sottrae , più si potenzia la capacità di suggerire, di far indovinare, in un felice processo di intensificazione del segno –colore.

Dipingere non la cosa ma l’effetto che essa produce, come diceva Mallarmè.
Tutto ciò è frutto di una rigorosa autodisciplina , di una carica emozionale che giace nel profondo, nel cuore che sente e nella mente che dispone , e farne fonte di gioia anche per chi guarda: per noi, che di quel risultato siamo i destinatari.

Bettina Rheims a Milano, Spazio Forma
















“I kissed a girl, and I liked it!”.
Bettina Rheims, la donna che amava le donne, porta a Milano tutta la sensualità dell'universo muliebre.
E chi dice che la solidarietà femminile non esiste, non dovrebbe mancare all'appuntamento...

“Us girls we are so magical / Soft skin, red lips, so kissable / Hard to resist, so touchable / Too good to deny it”: quante volte l'abbiamo sentito, ultimamente, dalla voce di Katy Perry? Esattamente trent'anni prima dell'ascesa nelle classififche pop mondiali di una canzone che racconta la meraviglia di un bacio saffico, Bettina Rheims (Parigi, 1952) lasciava la sua carriera da modella per passare dietro la macchina fotografica.
Era il ‘78, e la spinta per il cambiamento di rotta era arrivato dalla conoscenza d’un gruppo di spogliarelliste, primo soggetto immortalato dall'affascinante fotografa.
Da allora, gli scatti della francese sono stati migliaia, artistici e commerciali, patinati e underground, sensuali e hardcore; che siano pubblicità, servizi di moda od opere d'arte, Rheims riesce a fare di ogni fotografia una vera e propria donna.
Complessa, affascinante, sensuale, tentatrice e pericolosa, proprio come l'artefice. In mostra da Forma sono 94, muse più o meno conosciute, ma eccezionalmente donne, quando giocano con una parrucca bionda e la propria androginia, come Kristin Scott-Thomas; quando esaltano il loro lato follemente infantile, posando in pigiama rosa e stringendo un orsacchiotto, come Jennifer Jason-Leigh; quando siedono in cucina, come Monica Bellucci; o quando si fondono in baci carnali e proibiti, mostrando le proprie floride forme.
Milagros, che accoglie i visitatori, è l'emblema del femminino sacro, della Maria Maddalena, dai lunghi capelli rossi e dallo sguardo sincero e ingenuo, la coppa del Santo Graal che tanto ricorda la giuntura delle gambe muliebri; Charlotte Rampling torna a vestire le sue bretelle fatali, ma questa volta una camicia di seta nera crea un gioco sensuale di vedo-e-non-vedo sotto l'accessorio maschile, in vernice rossa, ancora più carnale; si sconfina nella pornografia quando le lacrime di Salma Hayek sembrano gocce di sperma.
E poi le geishe, che si perdono nella difficile ars amatoria giapponese, fatta di orchidee allusive e sguardi sottratti e ricordano le donne di Nobuyoshi Araki: si mostrano impudiche all'obiettivo, svelandosi, svestendosi, consapevoli della loro forza, maschie.

Baccanali, Salomè, Madonne e Maddalene, icone d'altri tempi, come nei bianchi e neri che sembrano scatti rubati agli anni ‘20 e al loro erotismo fatto di perle, piume e capelli ondulati. Quello che le donne non dicono, Bettina Rheims lo fotografa.
Sono avvisati gli uomini: le loro compagne, all'uscita dalla mostra, potrebbero sentirsi diverse. It's girls' power!articoli correlatiBettina Rheims ai Chiostri di San Domenico di Reggio Emilia
dal 23 settembre al 23 novembre 2008
Bettina Rheims - Puoi trovare la felicità a cura di Philippe Dagen
Spazio Forma - Centro Internazionale di Fotografia Piazza Tito Lucrezio Caro, 1 (zona Bocconi) - 20136 Milano
Orari: da martedì a domenica ore 10-20; giovedì e venerdì ore 10-22
Ingresso: intero € 7,50; ridotto € 6Catalogo Contrasto, € 40Info: tel. +39 0258118067; info@formafoto.it; http://www.formafoto/




martedì 28 ottobre 2008

Albert Besnard


Dans ses « Impressions des Salons », publiés dans
Le Mensuel de mai 1891, enthousiaste devant les envois d' Albert Besnard, Marcel Proust écrit : « [il personnifie] le mouvement, les couleurs éclatantes, la vie dans tout son épanouissement, la nature grandie, je dirais idéalisée, si le mot n’était pris trop souvent dans un sens banal.
Je ne connais pas de portrait plus séduisant que celui de ces deux sœurs se donnant le bras, fines, malicieuses, à la peau nacrée, simplement mises de tulle vert retenu à la taille d’un ruban blanc, l’une se renversant légèrement en arrière d’un mouvement fier, mais pas hautain, l’autre se penchant pour cueillir une fleur, cela sans effort, sans mièvrerie. Elles se détachent sur le fond d’une serre aux sombres feuillages, d’un bleu vigoureux, profond, onctueux.
Cela a l’éclat des beaux Rubens, avec la grâce, la délicatesse en plus.
C’est l’image de la jeunesse joyeuse, du printemps. Besnard expose un autre portrait d’une égale importance, mais évoquant un sentiment tout différent : la note est plus intime, plus enveloppée ; il est aussi plus sobre de tons ; puis trois petites toiles : une Annonciation conçue comme un primitif avec un ange gozzolien qui s’envole dans un paysage délicieux ; un effet curieux de soleil couchant et un intérieur, un couvert mis (quelle nature morte !) près d’une fenêtre ouvrant sur un fond de falaise.
N’oublions pas ses cartons (projets de vitraux), d’une si belle couleur, d’un si large dessin, rappelant, sans les imiter le moins du monde, les compositions japonaises, parce que, comme les Japonais, Besnard sait regarder et a l’amour profond du maître des maîtres, la nature. »

Dans cette chronique où peinture devient littérature, l’auteur de la Recherche…rend compte de façon éclatante de l’admiration éprouvée envers Besnard dans cette ultime décennie du XIXe siècle.
Prix de Rome (1874), portraitiste recherché de la grande bourgeoisie française, auteur de nombreuses commandes officielles : le décor du hall de l’Ecole nationale supérieure de Pharmacie à Paris (1874), le décor de la salle des mariages de la Mairie du 1er arrondissement (1887-1888) ou celui de l’amphithéâtre de chimie à la Sorbonne (1896)… chevalier de la Légion d’Honneur, Besnard est, en cette fin de XIXe siècle, l’exemple du peintre arrivé qui, suivant le cursus honorum des artistes d’autrefois, s’est imposé et a imposé son œuvre.

L’éclat de cette reconnaissance va le conduire à des hautes responsabilités institutionnelles. Directeur de la Villa Médicis (1913-1921) où il succède à Carolus-Duran, directeur de l’Ecole nationale supérieure des beaux-arts (1922-1932), élu à l’Académie française au fauteuil de Pierre Loti (1924).
Se confondant presque avec ce monde institutionnel, l’Etat lui accorde des funérailles nationales : il est le premier peintre dont la mémoire a été ainsi honorée (ill. 1).
Cependant, Albert Besnard resta longtemps, jusqu'assez récemment encore, tantôt méconnu, tantôt méprisé.

Le scepticisme, l’ironie ou la réserve contenus dans l’épithète académique, le qualificatif dédaigneux de cher maître, dont les critiques affublèrent, un peu trop à la hâte, l’œuvre et son auteur, après sa disparition, ont jeté sa création dans les abîmes d’un purgatoire non mérité. La réévaluation récente de cette si riche et si contrastée vie artistique de la Belle Epoque n’a pas profité au peintre. Même si ses œuvres sont très prisées par les collectionneurs de peinture et les amateurs d’estampes, il reste peu présent sur les cimaises des musées.
Le Musée d’Orsay ne montre qu’une seule peinture dans la salle dédiée aux portraitistes mondains et aucune exposition ne lui avait été consacrée depuis celle de 1949 commémorant, à la Bibliothèque nationale de France, le centenaire de sa naissance.
Il était donc grand temps que Besnard sorte de cette ombre.
Grâce à l’activité soutenue de l’association « Le Temps d’Albert Besnard », qui publie chaque année, depuis 2004, un très intéressant bulletin analysant les divers aspects de l’activité de l’artiste, et à la passion de Madame Chantal Beauvalot, animatrice de l’association et auteur d’une thèse sur ses décors1, Besnard resurgit.
Son parcours est classique et sans grande surprise.

Fils d’un « bon élève d’Ingres »2, Louis-Adolphe Besnard, qui quitte le domicile juste après la naissance de son fils, et d’une miniaturiste assez remarquée, Louise-Pauline Vaillant, Albert prend ses premières leçons de dessin avec sa mère.
Entré en 1866, à 17 ans, à l’Ecole des Beaux-Arts, il suit les cours d’Alexandre Cabanel, puis de Sébastien-Melchior Cornu.
Reçu au Salon en 1868, il remporte le Grand prix de Rome en 1874 avec La Mort de Timophane, tyran de Corinthe (Paris, ENSBA), sujet antique, un genre qu’il n’abordera plus par la suite, mais qui montre déjà un clair-obscur très accentué et un réalisme dramatisé. A Rome il fréquente les salons de la marquise de Roccagiovine et de la comtesse Primoli, fait la connaissance de sa future femme, le sculpteur Charlotte Dubray, et surtout approfondit sa culture artistique. De 1880 à 1883 il s’installe à Londres.
Il rencontre deux expatriés français, Félix Bracquemond et Alphonse Legros, qui lui redonnent le goût de l’eau-forte.
Cependant son art s’enrichit considérablement au contact de celui des préraphaélites, même si leur influence ne fut que passagère, et surtout grâce à la fascination qu’exerce sur lui la sonorité de la palette des grands portraitistes anglais du XVIIIe siècle : Reynolds, Gainsborough et Lawrence.
Ses audaces chromatiques, qui ont souvent irrité ou déconcerté critiques et amateurs d’art, joueront à partir de cette date un rôle primordial dans sa création.
L’exposition ouverte au Musée Eugène Boudin de Honfleur tente de présenter, à travers 80 œuvres (peintures, pastels et gravures) provenant de plusieurs musées et de collections particulières françaises, le riche parcours de Besnard.

Pari ambitieux, car son œuvre est très considérable quantitativement et très varié techniquement, allant de la modeste et réduite eau-forte aux compositions décoratives de très grandes dimensions.
Le choix ne fut sans doute pas facile, car cette production, qu’on estime à plusieurs milliers de tableaux, à l’exception des grands projets décoratifs et de leurs esquisses répertoriées par Madame Beauvalot, reste en grande partie dans des collections particulières.
Cependant le pari est gagné.
Le choix des œuvres présentées donne une image assez claire de l’évolution de la carrière de Besnard.
De la Jeune Florentine (Paris, collection particulière) de ses années d’études en passant par le Portrait de Madeleine Gorges enfant (1872, Paris, musée d’Orsay), très redevable à la manière de Jules Lefebvre, jusqu’au portrait de Madame Roger Jourdain (toile de tout premier ordre (exposée dans la superbe salle de la chapelle) qui marqua la carrière du peintre en raison de l’originalité de ses effets d’éclairage et du scandale fait autour d’elle, et à celui de la Comtesse Pillet-Will, (vers 1900-1905, Paris, collection particulière) au visage impassible, toutes ces huiles prouvent bien la place de Besnard parmi les portraitistes les plus importants de son temps. Intéressé surtout par la couleur et la lumière, même si on décèle quelques hardiesses dans le dessin, Besnard croque avec tendresse ses enfants, comme dans le Portrait de Germaine (1890, collection particulière) ou ose des compositions chromatiques proches de celles des Fauves comme dans la Jeune fille peignant ses cheveux.
Parmi les paysages exposés on remarque le Port d’Alger au crépuscule (1893, Paris, musée d’Orsay), le Ciel d’orage à Berck-sur-Mer proche de Manet, et plusieurs aquarelles sur l’Inde que Besnard réalisa lors de son voyage (octobre 1910 – avril 1911).
On voit aussi deux grandes toiles indiennes terminées en France. Ses travaux indiens furent exposées par la galerie Georges Petit en 1912 et reçurent un accueil triomphal. Les décors sont évoqués par plusieurs esquisses peintes (toujours in situ) provenant des collections du musée de Petit Palais à Paris et destinées à orner le Salon des sciences de l’Hôtel de Ville, les mairies des Ier et XIXe arrondissements, ainsi que la coupole d’entrée du Petit Palais
Un choix d'estampes peu connues du grand public, puisées dans son œuvre gravé, démontre le talent expressif et l’élégante aisance de la technique de Besnard aquafortiste

Au plaisir de la redécouverte de ce peintre, s’ajoute un excellent travail scientifique, agréable et facile à lire.
Le catalogue qui accompagne l’exposition, richement illustré avec des œuvres qui ne sont pas présentes dans l’exposition, ainsi que des photographies à caractère documentaire, contient quatre remarquables études consacrées à la carrière de Besnard : Chantal Beauvalot, « Paul-Albert Besnard (1849-1934), un glorieux méconnu », Christine Gouzi, « Albert Besnard ou La Tentation du XVIIIe siècle », Isabelle Collet, « Besnard, décorateur : un excitateur d’idées », Dominique Lobstein, « La réception critique d’Albert Besnard : une difficile conquête » ainsi qu’une « Chronologie » et une liste des œuvres exposées accompagnée de brèves notices explicatives. Sans doute une étude sur les gravures de Besnard aurait été aussi souhaitable. Si le maquettiste a fait un beau travail, rendant le livre clair et facile à manipuler et les couleurs des reproductions respectant, la plupart du temps, celles des originaux, on déplore les dimensions trop petites de certaines images à caractère documentaire, réduites parfois aux dimensions de timbres poste.

lunedì 27 ottobre 2008

Colpo di fulmine dal dentista




Sono andata dal dentista.
Niente di grave, la solita visita annuale, ho dei denti sanissimi!
Dunque, entro nello studio dentistico.

Il mio dentista, un ragazzo davvero molto simpatico, mi dice fieramente, con un bel sorriso da dentista :
" Ha visto come tutto é cambiato? "

Infatti tutto é nuovo di zecca, il divano dalle forme design é in cuio verde pallido, e tutti gli apparecchi fanno pensare a un vascello spaziale.
Alle pareti bianche, sono appesi due quadri nei toni marron, nero, grigio, con una luminosità eccezionale.
Colpo di fulmine!
Guardo la firma : Fremond.
Chi lo conosce?
Si chiama Denis Fremond , dunque é francese.. da' pero' l'impressione d'essere un giovane allievo
di Edward Hopper.
So soltanto che é nato nel 1950, che i suoi temi preferiti sono degli interiori a New York.

Mi piacerebbe conoscerlo, ma preferisco immaginarlo, mi ricordo ancora la delusione nel scoprire il ritratto di Prevert, il mio poeta preferito..
lo immaginavo giovane, etereo, con una bellezza malinconica e invece..!L'avete visto? (Jacques Prevert, nella foto in bianco e nero)

venerdì 24 ottobre 2008

petite histoire des italiens à Besançon

Les Italiens, dont l'arrivée à Besançon remonte au début du siècle, représentent un cas complexe où, comme il a été vu précédemment, s'additionnent plusieurs flux.
De 1936 à 1968, ils étaient la communauté étrangère numériquement la plus importante à Besançon.

En 1975, ils passaient au second rang, derrière les Algériens et, en 1982, ils se situeraient probablement au quatrième rang (1188 Italiens à Besançon), après les Portugais, les Algériens, les Marocains.

Une tentative d'explication de ce déclin peut être le processus d’intégration qui contribue à réduire l’importance d’une population. Les décès peuvent également expliquer ce déclin.
Dans la photo : Communauté italienne de Battant - 1959 - Cette photo a été transmise par Julien ORSINI
Dans la réalité, le mouvement est encore plus complexe que les chiffres ne le laissent paraître. Le Père Pietro DUCOLI, responsable de la mission italienne de Besançon jusqu'en 1980, estimait que dès les années 1960 les retours au pays l'emportaient sur les arrivées et que la progression apparente n'était due qu'à l'apport des naissances.
Jusqu'à dix huit ans les enfants sont considérés comme Italiens, ce qui masque, pendant une dizaine d'années, la diminution du nombre des adultes.

Il faudrait, pour pouvoir interpréter les fluctuations de la population italienne, tenir compte à la fois des vagues successives d'arrivées, des mouvements de retour, faire intervenir les naissances, les décès et les intégrations dans la communauté française par naturalisation.
Il faudrait faire une recherche en comptant année par année et, les départs n'étant pas enregistrés, presque famille par famille.
D'autre part, les chiffres n'expliquent pas tout.
Selon le Père DUCOLI, les Italiens qui "entrent" en France viennent du Sud de la péninsule et de la Sicile.
Ceux qui "partent" vont s'installer en Italie du Nord.
Il en résulte, en fait, un mouvement migratoire interne à l'Italie, après un détour par la France. Quoiqu'il en soit, l'immigration italienne est aujourd'hui tarie et on ne voit guère quel boom économique pourrait changer le cours de l'évolution.

l'Orchestre de Besançon au Théâtre





Le 24 Octobre 2008
s'ouvre la saison musicale à
l'Opéra Théâtre de Besançon, sous la direction de Peter Csaba.




Cette saison encore, l'Orchestre de Besançon Franche-Comté propose un programme varié allant du classique à la musique contemporaine privilégiant les oeuvres du grand répertoire des différentes musiques à découvrir et à connaître.
De grands interprètes de la vie musicale française et internationale viendront se joindre à l'orchestre pour des moments musicaux d'exception.
Les collaborations avec les forces musicales de la région Conservatoire à rayonnement régional, Ensemble vocal Contraste, choeurs d'enfants du Grand Besançon et du Doubs, Festival international de musique se poursuivront.
L'Orchestre de Besançon Franche-Comté propose des concerts sur le territoire du Grand Besançon et de la Région Franche-Comté, et poursuit ses actions pédagogiques en direction des enfants des écoles de la région et des publics empêchés.
Le Chef D'Orchestre:
Peter Csaba est né en 1952 en Transylvanie (Roumanie) dans une famille de musiciens hongrois. Il étudie le violon, la composition et la direction d’orchestre à Bucarest.

Il est lauréat de nombreux concours nationaux et internationaux, notamment le Concours Niccolo Paganini à Gênes, Italie.
Il s’installe en France en 1983 et devient professeur au CNSM de Lyon en 1984.
D’abord super-soliste à l’Opéra de Lyon et à l’Orchestre national de Lyon, il choisit ensuite de se consacrer principalement à la direction d’orchestre.
Entre 1993 et 2002, Peter Csaba a été directeur artistique et chef permanent, en Suède, de l’Orchestre « Musica Vitæ». Il est aujourd’hui directeur et chef titulaire de l’Orchestre symphonique de Besançon et directeur artistique de l’Orchestre de chambre « Virtuosi de Kuhmo » en Finlande.
Depuis septembre 1996, il a en charge la direction de la classe d'orchestre du Conservatoire national supérieur de musique de Lyon.
Entre 1993 et 2000, Peter Csaba a été également directeur artistique du Festival « Lappland Festspiel » à Arjeplog, en Suède puis de l'édition 2000 du Festival de Kuhmo en Finlande. Il est directeur de l'Académie Maurice Ravel de Saint-Jean de Luz et depuis 2002,
de « Encuentro de Musica y Academia de Santander » en Espagne.
En 1995, pour son travail artistique de qualité à la tête de l'orchestre suédois « Musica Vitæ», il a reçu le prix le plus prestigieux en Scandinavie, le «Spelmanen Prize».
En 2002, il devient membre de l'Académie royale de Suède. Invité privilégié des « Folles journées de Nantes », Peter Csaba a dirigé l'Orchestre symphonique de Varsovie en 2004 lors d'un concert retransmis en direct sur Arte.
Peter Csaba a réalisé de nombreux enregistrements pour Ondin, Caprice, Praga, Harmonia Mundi et Hungaroton.
Brève historique du Théâtre Opéra De Besançon
Besançon, comme toutes les villes de France , n'avait jadis que des comédiens ambulants.
Ce ne fut que plusieurs années après son rattachement à la France que Besançon eut enfin un spectacle régulier.
Les comédiens faisaient au départ leurs représentations dans une salle du Palais Granvelle.
Le Théâtre a été construit sur les plans et sous la direction de Claude Nicolas Ledoux de 1778 à 1784. (Besançon )
Faisant de fréquents séjours en Franche-Comté en raison de ses fonctions, Ledoux fut choisi pour construire le théâtre de Besançon. Les salles de spectacles publiques étaient encore peu nombreuses en France.
Jusqu'alors, l'usage était que les nobles seuls étaient assis, le peuple restant debout.
Mais cet état de fait suscitait des critiques auxquelles Ledoux, qui concevait le théâtre comme une communion de tous les spectateurs, à caractère quasi-religieux, souhaita répondre.
Il trouva dans l'intendant de Franche-Comté, Charles André de La Coré, un esprit éclairé qui consentit à le suivre. Ainsi le théâtre de Besançon se trouva-t-il être le premier dont le parterre fut garni de fauteuils destinés aux abonnés.
Les officiers s'installèrent au premier balcon, la noblesse occupa les premières loges et la bourgeoisie les secondes, tandis que le peuple eut des places assises dans l'amphithéâtre : ainsi le théâtre put-il être à la fois le lieu de la communion et celui d'une stricte hiérarchie des classes.
Avec l'aide du machiniste Dard de Bosco, élève de Servandoni, Ledoux dota la cage de scène, à laquelle il donna un grand volume, de tous les perfectionnements.
Il fut le premier à dissimuler les musiciens dans une fosse d'orchestre.
L'édifice fut inauguré en 1784 et reçut des éloges.
La façade présente un péristyle de six colonnes d'ordre ionique, et de trois portes.
Aux deux extrémités, on trouve les escaliers qui conduisent dans les différentes parties de la salle.
On trouve à l'intérieur du théâtre, quatre rangs de loges en amphithéâtre.
La sculpture, la dorure, les différents ornements qui le composent respire l'élégance et la gaieté. Sa forme est en demi-cercle et l'avant scène étant très ouverte, il n'y a pas une place d'où l'on ne puisse apercevoir les comédiens.
Plusieurs modifications ont été apportées récemment au théâtre, tel que le plafond, restauré par M. Delestre.