domenica 27 marzo 2011
Lo stabile della Rinascente di Milano cambia mano
La vendita del palazzo della Rinascente é un'operazione da 472 milioni di euros !
Una tale cifra é un assoluto record per Milano.
Con sollievo, a parte la proprietà, alla Rinascente non cambia nulla e dunque gli amanti dello shopping possono essere tranquilli.
I candidati e le offerte sono state numerose.
«Ma ha prevalso la qualità». I
Il fondo Retail Entertainment, gestito da Prelios sgr, alla fine ha deciso e venduto il palazzo della Rinascente di piazza del Duomo al Fondo Ippocrate gestito da First Atlantic Re sgr (le cui quote sono state sottoscritte dalla cassa previdenziale dei medici, l'Enpam).
Ornella Muti debutta al teatro!
L'attrice sul palco in «L'ebreo» di Clementi: «una Lady Macbeth de noantri vestita alla Grace Kelly» al teatro Nuovo dal 29 marzo al 3 aprile.
Ci voleva il fascino di Ornella Muti, al suo debutto in palcoscenico, per motivare una delle penne più interessanti della drammaturgia italiana contemporanea.
E' Gianni Clementi, romano, classe 1956, autore di tanti testi teatrali che ha vinto prestigiosi premi e spesso, soprattutto in area capitolina, le numerose messinscene dei suoi testi fanno il tutto esaurito.
Il suo è un teatro popolare che, con la mediazione della comicità e del grottesco, affronta temi come la diversità, la compassione e l’avidità.
Usa come lingua il romanesco (ma più che comprensibile) e i protagonisti delle sue pièce sono solitamente antieroi del popolino alle prese con ambizioni di ricchezza o di riscatto destinate a tingersi di risvolti drammatici.
Così è anche per questo «L’ebreo», vincitore nel 2007 del Premio Siae-Agis-Eti, per cui il regista Enrico Maria Lamanna evoca con entusiasmo i numi tutelari di Monicelli, Risi, Age e Scarpelli.
La vicenda è ambientata a Roma tra gli anni 40 e metà degli anni 50.
Con l’entrata in vigore delle leggi razziali molti ebrei decisero di mettere al sicuro i loro beni affidandoli a prestanomi «ariani».
Marcello Consalvi, un oscuro ragioniere, si trova così improvvisamente a beneficiare delle ricchezze del suo padrone ebreo nel frattempo deportato.
Lui e l’avida moglie, definita dal regista «una Lady Macbeth de noantri vestita alla Grace Kelly», abitano ormai in un sontuoso appartamento nel Ghetto e fanno la bella vita.
Ma 13 anni dopo, il vecchio proprietario ritorna inaspettatamente. Panico.
Nessuno dei due coniugi vuole rinunciare allo status acquisito e così decidono di far fuori l’ebreo.
Il finale, però, assume i colori del thriller grottesco e drammatico. Era veramente l’ebreo a bussare alla loro porta?
In scena anche Duccio Camerini e Mimmo Mancini.
L’ebreo. Teatro Nuovo.
Ore 20.45. Dom. Ore 16. P.zza San Babila.
Tel. 02.79.40.26. Euro 36-18.
Dal 29 marzo al 3 aprile
domenica 20 marzo 2011
La Ca' Bianca di Seregno
Un aspetto della tragedia della Shoah a Milano ed in Brianza.
Di fronte all'ospedale, oltre una strada di traffico costante, la Ca' Bianca è un complesso edificio, un serbatoio di memorie.
Cascina a due cortili chiusi, casa popolare e casa di ringhiera, una torre settecentesca sul fianco dentro la quale studiava il cielo l'astronomo Carlini.
Restaurata, trasformata, la Ca' Bianca conserva la sua struttura originaria, con il voltone e l'andito d'entrata e il voltone che unisce alla prima la seconda corte.
La lapide alla sinistra dell'entrata sulla strada ricorda la deportazione della famiglia Gani.
È l'agosto del 1944.
Regina Gani ha trovata rifugio con la famiglia a Seregno.
Milano è ormai sottoposta quotidianamente ai bombardamenti. I Gani fuggono dalle bombe e dalla polizia repubblichina. in un primo tempo sono ospitati dalla famiglia Mazza, in alcuni locali sopra uno stabilimento, poi, per misura prudenziale vengono trasferiti alla Ca' Bianca.
Alla Ca' Bianca abitano la madre Speranza, la sorella minore Ester e il fratellino Alberto.
Li ospita la famiglia Casati, braccianti e piccolissimi contadini brianzoli.
Poveri, antifascisti, forse socialisti.
Una famiglia contadina numerosa, padre, madre, cinque figlie e due figli.
La casa dei Casati occupa uno spazio del secondo cortile della Ca' Bianca talmente piccolo che il padre di Regina, Giuseppe, dorme da un'altra parte.
Questo dormire da un'altra parte gli darà occasione di una fuga breve, di una sola notte.
I Gani, madre e tre figli, vengono arrestati versa sera e condotti nelle carceri di Seregno. Ciò che rimane di quelle carceri è ancora visibile.
Con loro saranno arrestate anche tre figlie dei Casati.
Da Seregno a San Vittore, il carcere di Milano, nel reparto speciale per detenuti ebrei, poi Auschwitz.
Alberto di 10 anni, Ester di 16, Regina di quasi 18, il padre Giuseppe e la madre Speranza, tutti moriranno nei lager.
Pietro Arienti, storico della vicenda dice, parlando della prima residenza seregnese dei Gani: "Qualche seregnese coetaneo di Alberto Gani e tuttora abitante vicino all'ex-stabilimento, ricorda benissimo il bambino per averci giocato più volte assieme." C'è una testimone dell'arresto dei Gani, Fernanda Casati, 20 anni nel 1944, figlia del bracciante Luigi che li ospitava nella sua povera casa-cascina.
La parabola dei Gani si chiude qui, nel cortile interno - quello dei braccianti - della Ca' Bianca.
Si chiude nella casa di poverissimi contadini, gli ultimi e forse gli unici che li vollero ospitare nei mesi della repubblica di Salò, nell'epilogo tragico e sanguinoso del fascismo italiano.
Una storia di perseguitati e di umile gente che li aiuta con determinazione.
Poi, come sempre, la figura del delatore.
"È sicuro che ci sia stato un delatore - scrive Arienti - la soffiata è arrivata ai fascisti da un abitante di Seregno." Da dove, da chi è arrivata la spiata? Tempi di violenza, tempi di empietà.
Piero Del Giudice
Seregno, 1 maggio 2003
voglia di sandali blu..
L'expo Tournages à la Cinemathèque Française
Deux cent photographies rares et anciennes pour découvrir l’univers légendaire des studios et plateaux de tournage à une époque où Paris, Berlin et Hollywood étaient les trois capitales les plus importantes du cinéma.
A l’origine de l’exposition, il y a deux collections : celle de la Cinémathèque française (une photothèque de quelque 500 000 clichés) et celle d’un grand cinéphile, malheureusement disparu, Gabriel Depierre. En 1951, Depierre rencontra le grand photographe de plateau Roger Corbeau, dont il devint l’assistant.
Fasciné par les actrices du cinéma muet, Corbeau avait déjà constitué une collection personnelle aujourd’hui conservée, comme ses propres oeuvres, par la Médiathèque de l’Architecture et du Patrimoine, déterminée à poursuivre ses missions d’inventaires et d’expositions.
Ensemble, Corbeau et Depierre augmentèrent leur collection respective qui devint ensuite commune.
Elle était composée d’environ 150 000 clichés et d’une importante bibliothèque de cinéma dont les revues, documents et périodiques furent acquis en 2008 par la Cinémathèque française.
Gabriel Depierre avait collectionné les photos de tournage parmi d’autres, en estimant cependant que quelque chose d’unique traversait ces clichés où l’on voyait ensembles cinéaste et appareils, acteurs et machines. A sa mort, la collection de photos revint à son amie Isabelle Champion, historienne du cinéma, à qui il incombe désormais le soin de faire connaître la richesse de ce fonds.
Les premiers clichés représentant un tournage datent du milieu des années 1890, avant même l’avènement officiel du Cinématographe Lumière.
Des images nous montrent en effet Etienne-Jules Marey dirigeant ses sujets à partir de 1889, devant sa caméra chronophotographique et l’écran noir de la Station physiologique du bois de Boulogne.
Aux Etats-Unis, en 1894, des acteurs posent pour la postérité devant la caméra d’Edison, à l’intérieur de la célèbre « Black Maria », cet extraordinaire studio monté sur rails installé dans le New Jersey.
Curieusement, nous n’avons qu’une seule photographie de la première époque de Louis Lumière cinéaste : on le voit en train de filmer Jules Janssen en conversation avec le maire de Neuville-sur-Saône (juin 1895).
La grande expansion du spectacle cinématographique durant les années 1900 donne naissance à une industrie gigantesque : usines de fabrication de la pellicule, laboratoires, studios, cinémas surgissent presque partout dans le monde.
De nouveaux métiers apparaissent.
Parmi eux, le photographe de studio.
Parmi les millions d’images de studio produites depuis les débuts du cinéma, il existe un genre moins abondant, plus intime et réservé : la photographie de tournage, c’est-à-dire les clichés, posés ou parfois pris en pleine action, montrant le cinéma en train de se faire, l’envers du cinéma, ses coulisses, la création de l’oeuvre, en quelque sorte, avec ses mystères, ses trucs.
Rien n’est plus émouvant, mais aussi rien n’est plus instructif, que de voir l’équipe de Stroheim dans le désert, souffrir sous le soleil, pendant le tournage des Rapaces ou de pénétrer sur le plateau de Metropolis de Lang afin de comprendre le génie de ce cinéaste qui a joué, avec une virtuosité presque inégalée, sur la perspective, la lumière et la caméra mobile.
Dès les années vingt, les Allemands et les Français sont courtisés par Hollywoodqui, après des débuts hésitants, constitue le point de rassemblement des grandes « usines à rêves ».
Le star system fait des acteurs — Mary Pickford, Douglas Fairbanks, Gloria Swanson, Charles Chaplin, etc. — de véritables icônes vivantes.
Des cinéastes comme Abel Gance, Fritz Lang, F.W. Murnau, D.W. Griffith ou Erich von Stroheim rénovent en profondeur le regard cinématographique.
Grâce à des moyens considérables, aux décorateurs, aux opérateurs, aux matériels, l’Art muet, cet « Infirme supérieur » selon les mots d’Eluard, atteint son apogée.
C’est bien connu, les événements politiques en Europe ont favorisé les migrations entre Paris, Berlin et Hollywood. La montée au pouvoir du nazisme envoie cinéastes, techniciens et acteurs allemands de renom vers Hollywood, en passant parfois par la France.
Les héritiers de l’expressionnisme allemand et les capitalistes d’Hollywood produisent, en une symbiose inattendue, des oeuvres bouleversantes.
Ces images présentées dans l’exposition sont enfin de précieux témoins sur les relations privilégiées qui ont existé entre cinéastes et techniciens (Griffith et Billy Bitzer, Fritz Lang et Karl Freund, Murnau et Karl Struss, Stroheim et Hal Mohr, Chaplin et Rollie Totheroh, Gance, Burel et Kruger, etc.) et la façon dont un réalisateur régnait sur le plateau.
Fidèle à sa légende, Cecil B. DeMille pose avec ses bottes, tandis que Stroheim semble diriger en maître ses tournages, mais plus pour très longtemps...
Le plateau où travaille René Clair semble minuscule, mais favorise une ambiance pleine de ferveur.
Les photos exceptionnelles prises pendant le tournage de La Roue d’Abel Gance révèlent une atmosphère de créativité intense et joyeuse.
Un homme au bras coupé apparaît de temps en temps, mégot aux lèvres : c’est le poète Blaise Cendrars. Quant à Ernst Lubitsch, avec ses stars sublimes à ses côtés, il a l’air de bien s’amuser.
Grâce aux photographes, on a ainsi la sensation de pénétrer au coeur même des studios, ces fabriques d’images, à une époque où la caméra était considérée, avec un émerveillement réel, comme une « machine intelligente », selon l’expression de Jean
Epstein.
LA CINEMATHEQUE FRANCAISE
51, rue de Bercy
Paris XIIe
M° Bercy, lignes 6 et 14, Bus n° 24, 64, 87
HORAIRES
Du lundi au samedi de 12 h à 19 h.
Dimanche de 10 h à 20 h.
Fermeture le mardi et le 1er mai.
Informations au 01 71 19 33 33
TARIFS EXPOSITION / MUSEE
Billet Exposition + musée plein tarif : 5€
Tarif réduit : 4€
Moins de 18 ans : 2,50€
Forfait expo + Musée + film : 7€
Pour le musée, audioguides en cinq langues (français, anglais, espagnol, allemand, italien), disponibles gratuitement avec le billet d’entrée.
Dimanche matin de 10 h à 13 h : entrée libre (audioguide 3 €).
"Aux Merveilleux de Fred", une boutique dediée à la meringue
Photo : Merveilleux, Incroyable, Impensable, à partir de 2,85 €.
Dans les attirantes vitrines des pâisseries Aux Merveilleux de Fred
il n'y a pas d’éclair ni d’opéra mais uniquement des boules de meringue parfumées qui, après avoir rendus accros les Lillois, investissent la capitale.
C’est la pâtisserie de mamie revue au goût du jour : des meringues étonnantes de légèreté, enrobées de crème fouettée (parfumée au cacao, au spéculoos ou au café) et roulées dans des copeaux de chocolat noir ou blanc.
Elles s’appellent Merveilleux, Incroyable ou Impensable et se dégustent seul ou en famille dans leur version robe de mariée XXL à partager.
La recette magique, c’est Frédéric Vaucamp, ancien de l’École Lenôtre, qui l’a mise au point et rodée depuis plus de quinze ans, à Lille.
Chaque week-end, il n’est pas rare de voir les gourmands attendre patiemment sur le trottoir que les petites mains pâtissières finissent de garnir de crème les "Merveilleux".
Après l’ouverture, il y a dix-huit mois, de la première boutique parisienne dans le 15e arrondissement, c’est au tour du 16e d’accueillir cette etonnante pâtisserie decorée avec l’histoire des Merveilleuses et des Incroyables sur les murs de son magasin.
(Les "Merveilleuses" étaient ces branchés du Directoire aux tenues défrayant la chronique).
Aux Merveilleux de Fred,
129 bis, rue Saint-Charles, 75015 Paris.
Tél. : 01 45 79 72 47.
29, rue de l'Annonciation, 75016 Paris.
Tél. : 01 45 20 13 82.
Points de vente à Lille sur www.auxmerveilleux.com.
La nouvelle boutique de Sergio Rossi
Un nouveau ecrin parisien pour les chaussures de rêve du bottier des stars Sergio Rossi.
Ouverte en 1999 rue du Faubourg-Saint-Honoré, la boutique du chausseur italien s’est offert un petit lifting imaginé par Francesco Russo, directeur de la création de la maison.
Conçu comme un plateau de cinéma, le décor s’ouvre, d’un côté, sur « la scène », tout en laiton poli, spots et jeux de miroirs et, de l’autre, sur « les coulisses », sombres, intimes et feutrées.
Un contraste sexy dans lequel s’immisce parfaitement la collection capsule Chevron, en édition limitée, et l’escarpin fétiche de Sergio Rossi, le Pump, retravaillé pour l’occasion.
11, rue du Faubourg-Saint-Honoré, 75008 Paris.
Tél. : 01 40 07 10 89.
sabato 19 marzo 2011
Le foto private di Eva Braun
Rivelate le fotografie confiscate nel 1945 dall'esercito americano e scoperte recentemente dal collezionista Reinhard Schulz, raccontano Eva Braun, l'amante di Adolfo Hitler.
Nelle foto appare il lato intimo della vita del Führer, i momenti di vita famigliare che rendono il personaggio "umano".
In certe foto prese da Eva Braun si intuisce l'amore dell'amante per il suo uomo che con un bambino sulle ginocchia o accarezzando un cagnolino ci appare stranamente comune...
Moet et Chandon e la bellissima Scarlett..
Quando uno Champagne di prestigio si offre una pubblicità il minimo é che il testimonial sia all'altezza del prodotto.
E Moët et Chandon ha fatto forte !
E' riuscito à trovare un personaggio completamente identifiabile alla sensualità, al lusso, addirittura al colore della bevanda.
Bella, sexy , bionda, sensuale con classe Scarlett Johanson é la perfetta testimonial!
venerdì 18 marzo 2011
Une bague 100% Paris !
C'est la bague "Paris sous la neige" de Sigomonta
La maison joaillère lance "Paris", une collection de bagues inspirées par la Capitale.
On y découvre notamment ce bijou baptisé "Paris sous la neige" composé d'un dôme en verre soufflé transparent, protégeant une Tour Eiffel en or 18 carats et sa neige de diamants en mouvement...
Prix : 7 500 euros
Site : www.sigomonta.com
martedì 8 marzo 2011
Scarlett testimonial per Mango
Mentre i siti di gossip e i giornali parlano del suo flirt con Sean Penn, per la quarta volta Scarlett Johanson fa da testimonial alla nuova campagna di Mango per la primavera-estate 2011.
L’attrice è stata immortalata dal fotografo Mario Sorrenti e la location dove sono ambientate le immagini è Casa la Ricarda, una bellissima dimora modernista nel Prat de Llobregat, in Spagna.
La nuova collezione dello stilista iberico è stata battezzata Modernist Resort e punta su un look pulito e moderno, dove domina il colore rosso.
mercoledì 2 marzo 2011
Trieste e il Liberty in una mostra
Una mostra allestita negli spazi della ex Pescheria - Salone degli Incanti che fa il punto sulle caratteristiche dello stile secessionista, mescolato ad altre influenze, nella città.
Oltre 250 gli edifici censiti, testimonianza del rinnovamento artistico e architettonico di inizio Novecento
5 marzo 2011 - 19 giugno 2011
In una città che all’alba del Novecento, gli anni dell’esplosione della modernità, è al crocevia culturale, artistico ed economico tra l’Impero asburgico, a cui era soggetta, e l’Italia, da cui si sente fortemente attratta, la forte crescita demografica ha come conseguenza la costruzione di nuovi edifici abitativi, commerciali e di rappresentanza, in parte connotati dal tradizionale stile storico, di sapore classicista, ancora imperante, in parte aggiornati sulle novità di uno stile nuovo e moderno: il Liberty.
Quello che rende assolutamente unico il “caso Trieste” è la coesistenza, non sempre facile, delle più diverse declinazioni del Liberty, che nell’architettura locale vede convivere lo stile floreale “all’italiana” con presenze della Secessione austriaca e del tedesco Jugendstil, e che si apre nel contempo al manifestarsi di un’anima “protorazionale”, anticipatrice di nuove espressioni.
Il nuovo stile non si limita, come accade altrove, a diffondersi nell’area di un preciso quartiere, in ambiti circoscritti, ma permea la città intera: è proprio questo carattere diffuso all’interno del tessuto cittadino a renderlo forse più difficile da cogliere ma sicuramente più affascinante da scoprire.
Di qui una mostra – allestita nell’ex Pescheria - Salone degli Incanti dal 5 marzo al 19 giugno – frutto di un’ampia ricognizione (sono stati censiti quasi 250 edifici), che intende fare il punto sul Liberty a Trieste, come paradigma, punto di riferimento e confronto con ciò che negli stessi anni accade in altre città italiane e europee.
La mostra si propone di indagare i modelli culturali che si sono affermati in città all’i nizio del XX secolo e sulle modalità con cui sono stati importati, scegliendo come filo conduttore il tema del costruire e dell’abitare, illustrato attraverso una vasta serie di preziosi documenti d’archivio – disegni e progetti, fotografie d’epoca, plastici – utili a descrivere non solo il percorso progettuale ma anche quello formativo di professionisti e maestranze.
Al sottile confine fra arte e decorazione, tra progetto architettonico e manufatto artigianale si colloca l’arredamento degli interni abitativi: la mostra è arricchita da una sezione che, attraverso mobili, progetti, disegni di artigiani triestini e album di modelli e di esposizioni europei, aiuta a visualizzare gli spazi in cui si muoveva la vita quotidiana di inizio Novecento.
Ad emergere sono innanzitutto le vicende intellettuali: storie di architetti di matrice culturale italiana o centro-europea che in città esprimono, con convinzione, idee diversissime.
Sono anche gli anni in cui i nuovi materiali, e in primis la pietra artificiale, consentono di modellare facilmente ciò che fino a quel momento richiedeva l’attività di scultori e lapicidi e tempi molto più lunghi e quindi costi infinitamente maggiori.
Accanto al bianco e al grigio degli austeri edifici del potere si assiste all’esplosione di tinte pastello e di apparati decorativi tendenti ad animare le facciate degli edifici, creati per i ceti imprenditoriali e professionali, con effetti disegnativi che soppiantano le tradizionali strutture classicheggianti.
È comunque un “nuovo” mediato dalle istituzioni preposte ad autorizzare la costruzione di nuovi edifici – le Commissioni delle fabbriche e dell’ornato – che spesso si mostrano prudenti, se non passatiste.
Lo stile secessionista, per le sue caratteristiche di rottura, è infatti guardato con diffidenza dai poteri costituiti.
Di conseguenza, per gli edifici a carattere pubblico e istituzionale – come le stazioni ferroviarie e le sedi delle istituzioni, collocati nel centro della città – vengono chiamati gli architetti più fedeli e vicini alla volontà auto-celebrativa dell’impero asburgico.
Quindi è nel progetto della casa di abitazione che si reperiscono le espressioni più aperte alla sperimentazione formale e materica e che si assiste a una maggiore libertà compositiva, aperta ai nuovi linguaggi.
Vengono importati i modelli moderni degli edifici a carattere commerciale, con grandi vetrine e ampie superfici espositive, ma si definisce anche una tipologia della casa d’affitto, che si diffonde in molte parti della città riprendendo i canoni compositivi del Mietshaus centro-europeo.
I protagonisti di questo rinnovamento sono alcuni nomi celebri: Max Fabiani e Josip Costaperaria, allievi e collaboratori del noto architetto viennese Otto Wagner, il milanese Giuseppe Sommaruga, esponente di peso dello stile floreale italiano, i triestini di formazione viennese Giorgio Zaninovich, Romeo Depaoli e Giacomo Zammattio.
Ad essi si affiancano numerosi progettisti triestini, meno noti al grande pubblico ma non per questo di minore spessore, come Umberto Fonda, Giovanni Maria Mosco, Nicolò Drioli, Augusto Bachschmidt, Giovanni Widmer, Luigi Dompieri.
Grazie a questa compresenza di idee e di atteggiamenti progettuali il Liberty triestino risulta così un coacervo di accezioni che sembrano rispecchiare tutte le contraddizioni storico-politiche vissute dalla città all’alba del Novecento, connotandone un lato ancora poco conosciuto del suo ricco patrimonio artistico.
martedì 1 marzo 2011
Superfesta per la moda al Museo del Novecento di Milano.Lo show room di Valeria Marini era strapieno di super VIP!
Cornice da favola: il Museo del Novecento di Milano.
Un lussuoso party ha riunito personaggi della società civile, della finanza, della politica.
Qualche nome: Francesco Micheli, Elio Fiorucci, Giorgio Forattini, Adriano Teso con la moglie Laura, Arturo Artom, Claudia Buccellati, Beppe Modenese.
E gli stilisti, dalla famiglia Ferragamo ai Missoni, da Guglielmo Miani a Luisa Beccaria al duo Aquilano-Rimondi.
Star per Giorgio Armani : Tina Turner, Raul Bova, Teo Teocoli, Margherita Bu) e per Roberto Cavalli : la cantante Kelly Roland, una delle fondatrici delle Destiny's Child .
Eventi : dal libro di Fratelli Rossetti alla biciclettata per Belstaff ; cocktail nel nuovo showroom di Valeria Marini.
Presenti con eleganza il sindaco Letizia Moratti (in abito nero Costume National) e il presidente della Camera della Moda, Mario Boselli, che hanno condiviso la manifestazione con piu' di 300 invitati.
domenica 27 febbraio 2011
Upgrade é tutta Made in Italy !
Upgrade è una poltroncina dalle forme armoniche, adatta per ogni luogo della casa ma anche per l’outdoor.
Disegnata da Alberto Barsaglia e Natalia Rota Nodari e prodotta da Diemmebi, Upgrade diventa una scaletta con tre gradini.
Seduta confortevole ma anche una scaletta sicura che permette di raggiungere i punti più alti di casa.
Ma non solo : in cucina come sedia jolly, in camera da letto come appoggio per i vestiti, in bagno come sgabello o in balcone per leggere il giornale.
Upgrade è ottenuta grazie alla tecnologia rotazionale, è in materiale plastico completamente riciclabile, può reggere 130kg e non ha nessun meccanismo o movimento per trasformasi da seduta a scaletta, è inoltre tutta Made in Italy.
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La Duchesse D'Albe se marie.. a 85 ans !
Le marié, Alfonso Diez, est de 25 ans son cadet !!
C'est la plus grande propriétaire terrienne d'Espagne et elle possède plus de titres aristocratiques que la Reine d'Angleterre, qui devrait donc s'incliner devant elle, selon le protocole.
La duchesse d'Albe est aussi l'une des figures les plus populaires en Espagne.
Et elle est richissime, rebelle et elle a 85 ans.
Cayetana, « María del Rosario Cayetana Paloma Alfonsa Victoria Eugenia Fernanda Teresa Francisca de Paula Lourdes Antonia Josefa Fausta Rita Castor Dorotea Santa Esperanza Fitz-James Stuart y de Silva Falcó y Gurtubay », cinq fois duchesse, dix-huit fois marquise, vingt fois comtesse et quatorze fois Grande d'Espagne (ouf), est tout simplement « divine en maillot à Ibiza », une « duchesse hippie » toujours aussi « exquise », « cultivée » et « rebelle ».
C'est le credo de la presse people espagnole, la fameuse « prensa del corazón », mais aussi, plus curieusement, d'Espagnols d'ordinaires allergiques aux « famosos ». Ramon, 36 ans, d'habitude plus enclin à commenter les enjeux de politique internationale, souligne :
« C'est la descendante de la “Maja nue” (le tableau “osé” peint par Goya pourrait représenter la duchesse d'Albe) et elle partage cette attitude anti-conformiste.
Toute sa vie, elle a fait ce qu'elle voulait et c'est pour ça qu'elle est autant appréciée. A 85 ans, encore une fois, elle décide de n'en faire qu'à sa tête avec son fiancé. »
Depuis trois ans, et au grand dam de ses six enfants et héritiers, la duchesse d'Albe file en effet le parfait amour avec Alfonso Díez, fonctionnaire de province, hidalgo élégant de 25 ans son cadet.
Oubliés, William et Kate ! Le mariage qui préoccupe la presse people espagnole depuis des mois, c'est le leur.
La reine d'Espagne elle-même a dû intervenir pour tempérer la guerre ouverte entre les enfants et le fiancé et tâcher de refroidir les envies de mariage de la célèbre duchesse.
Mais la dame est têtue, et les plans de table sont à nouveau ressortis en février.
Un peu comme la fille de Liliane Bettencourt qui a finalement retiré sa plainte, la progéniture ducale semble parvenue à un accord avec le prétendant.
« Le mari renoncera devant un notaire à tous les droits et bénéfices qui lui reviendraient en tant que duc », expliquait El Periódico début février, ce qui ouvre la voie au mariage, qui pourrait se célébrer d'ici 2012.
« Un vrai CV de duchesse libertine »
« C'est vrai que nous, les médias, sommes plutôt indulgents avec elle », reconnait une journaliste depuis la rédaction d'un grand magazine people, qui s'en explique :
« Elle est cultivée, polyglotte, nous donne de nombreuses interviews et nous traite toujours bien. »
Et pourquoi un tel intérêt de la part des lecteurs ?
« Elle n'est pas du tout “ prout-prout ” et se fiche du qu'en-dira-t-on : elle affiche un vrai CV de duchesse libertine ».
(Elle est quand même moins patiente avec les paparazzis, comme le montre cette vidéo où elle critique au passage l'interdiction de la corrida en Catalogne : « Ça c'est encore une merde des Catalans. »)
Ce que le novice ne saisit donc apparemment pas, c'est un côté bohème et bon vivant qui a fait d'elle la chouchoute des Espagnols en quête de contes de fée.
Très Andalouse, elle chérit Séville et dansait encore récemment le flamenco jusqu'à l'aube lors de sa grande « fería de abril ».
En plus de ses deux maris et de son fiancé, on lui attribue quantité d'amants, artistes et toréros.
« C'était une vraie beauté », confirme la journaliste.
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