lunedì 6 aprile 2015

Al Capone, Scarface, il nemico pubblico numero uno



Il noto gangster italo-americano Alphonse Gabriel Capone nasce nel quartiere di Brooklyn, a New York (USA) il giorno 17 gennaio del 1899, da genitori emigranti provenienti da Castellammare di Stabia, in Campania.
La madre è Teresa Raiola, sarta, il padre, barbiere, è Gabriele Caponi (il cognome di Al viene modificato presumibilmente per errore dall'anagrafe americana).
Al Capone cresce in un ambiente degradato e prende presto contatto con piccole gang di microcriminalità minorile; tra i suoi compagni di scuola c'è Salvatore Lucania, meglio noto come Lucky Luciano. 
Alphonse viene espulso dalla scuola in seguito alle percosse perpetrate ai danni di un docente: entra in seguito nella banda dei "Five Pointers" di Frankie Yale.
In questo periodo gli viene affibbiato il soprannome di "Scarface" (faccia con cicatrice) a causa di una vistosa cicatrice sulla guancia causata da una coltellata inferitagli da Frank Galluccio.


Lavorando per Frankie Yale, Capone viene arrestato una prima volta per reati minori; in seguito uccide due uomini, ma nessuna accusa viene mossa contro di lui, protetto dall'omertà. Dopo aver gravemente ferito un membro di una banda rivale, nel 1919 Yale lo allontana per far calmare le acque, mandando Capone a Chicago, nell'Illinois. 
Nella sua nuova base operativa, Al Capone si mette al servizio di Johnny Torrio, discepolo di Big Jim Colosimo.
Torrio gli affida la gestione delle scommesse clandestine e Al Capone diventa il suo braccio destro, prendendo la direzione di tutte le attività illegali della banda. 
Ma una lunga tregua tra bande rivali viene violata: Torrio é ferito in un attentato.
Il comando passa ad Al Capone, con il consenso anche della banda rivale di Chicago: il suo soprannome ora è "the big fellow" (il bravo ragazzo).
L'idea innovativa e vincente per Capone è quella di investire parte dei ricavati delle attività illegali, in attività legali, separando la gestione contabile: cio' porta all'organizzazione rilevanti guadagni leciti che coprono quelli illeciti. 

Sono gli anni del proibizionismo: Al Capone può tranquillamente controllare la distribuzione e il commercio degli alcoolici, grazie alla corruzione degli ambienti politici.
Tra i politici pagati c'è anche il primo cittadino, il sindaco William Hale Thompson, Jr. ("Big Bill"). 
Chicago ad un certo momento è sotto i riflettori di tutti gli Stati Uniti per l'alto tasso di criminalità e per l'impudenza ormai leggendaria delle gang. 
Nessuna accusa formale raggiunge Al Capone che viene considerato il personaggio di spicco della malavita organizzata di Chicago.
Una delle pratiche ricorrenti di Capone è quella di ordinare numerosi omicidi (sovente le vittime sono testimoni di altri crimini commessi) che avvengono prendendo in affitto un appartamento di fronte all'abitazione della vittima e facendola colpire con fucili di precisione da abili tiratori scelti.
Sebbene nel frattempo Al Capone si sia trasferito in Florida, è lui il mandante della famigerata "strage di San Valentino": il 14 febbraio 1929 quattro uomini di Capone, travestiti da poliziotti, irrompono in un garage al numero 2212 di North Clark Street, indirizzo del quartier generale di George "Bugs" Moran, il suo principale concorrente nel mercato degli alcolici; i sette presenti vengono allineati lungo un muro, come per un normale controllo di polizia e subito fucilati con colpi alla schiena. L'episodio viene ricordato ancora oggi come uno dei più cruenti regolamenti di conti malavitosi.
Nella storia di questo famigerato criminale c'è anche un gesto che appare caritatevole: durante la gravissima crisi economica del 1929, in cui milioni di americani sono soffrono la fame, Capone ordina che le sue aziende che operano nel campo della ristorazione e dell'abbigliamento, distribuiscano gratuitamente cibi e vestiti ai più bisognosi.
Tuttavia l'espansione dell'impero della Malavita prosegue con violenza arrivando anche a conquistare con le armi nuovi insediamenti: il sobborgo di Forest View viene ribattezzato "Caponeville", un luogo dove gli uomini della banda girano armati per le strade come una forza di polizia. 
Nello stesso luogo, sempre nel 1929, accade che Al Capone venga arrestato per possesso illegale di un'arma da fuoco, ma presto rilasciato.

Nel 1930 Al Capone è nella lista dei maggiori ricercati dell'FBI e viene dichiarato "nemico pubblico numero 1" della città di Chicago. Catturare Capone e incriminarlo per i gravi reati di cui è l'istigatore è impossibile.
Mentre l'America dibatte sulla possibilità di tassare i redditi provenienti da attività illecite una squadra di agenti federali dell'ufficio delle imposte, comandata da Elliot Ness e composta da un pool di super-esperti e incorruttibili funzionari, indaga sulle attività di Al Capone. 
Sono gli  "Intoccabili": la loro storia viene raffigurata nel film "The Untouchables" del 1987 diretto da Brian De Palma (Elliot Ness è interpretato da Kevin Costner; nella squadra ci sono Andy Garcia e Sean Connery, vincitore dell'Oscar come attore non protagonista; Robert De Niro veste i panni di Al Capone).


Al Capone ha ispirato i due "Scarface". A sinistra, Tony Montana, ganster e trafficante di droga di origini cubane intepretato da Al Pacino nel 1983 nella pellicola di Brian de Palma ambientata negli Anni '80. E a destra, Antonio "Tony" Camonte, nel film del 1932 di Howard Hawks, che racconta la vita criminale nella Chicago del proibizionismo.

Gli intoccabili, sempre alle costole di Capone, analizzano ogni più piccolo movimento finanziario sospetto senza arrivare però a nulla: nulla infatti è direttamente intestato a Capone, il quale agisce sempre attraverso prestanome. 
Viene sfruttato un piccolissimo errore, un minuscolo foglietto di carta nel quale compare il nome di Al Capone. 
Il foglio diventa la chiave di volta dell'intera indagine e viene sfruttato per arrivare ad altre prove e alla fine ad un vasto impianto accusatorio. 
Al Capone viene rinviato a giudizio per evasione fiscale, con ben ventitre capi d'accusa.
In ambito processuale gli avvocati difensori propongono un patteggiamento, che tuttavia il giudice rifiuta. 
Capone allora corrompe la giuria popolare però questa all'ultimo istante, la sera prima del processo, viene sostituita completamente. 
La nuova giuria raggiunge un verdetto di colpevolezza solo per una parte dei reati di cui Capone è accusato, sufficiente perché gli venga assegnata una condanna a undici anni di carcere ed una sanzione economica di 80 mila dollari.
Viene inviato ad Atlanta, in Georgia, in uno dei carceri statunitensi più duri. Al Capone grazie alla corruzione  ottiene lussi e privilegi. 
Dal carcere continua a gestire i suoi interessi. 
Viene allora trasferito nel noto carcere di Alcatraz, isola al largo di San Francisco (California): tutti i contatti con l'esterno vengono interrotti e Capone segue dunque le regole di una buona condotta.

Mentre è ad Alcatraz gli vengono diagnosticati i primi segni di una forma di demenza causata dalla sifilide, contratta in precedenza. 
Viene così internato in una struttura ospedaliera carceraria. 
Viene liberato nel 1939 e si ritira in Florida.
In seguito ad un colpo apoplettico e dopo una breve agonia Al Capone muore di arresto cardiaco il  25 gennaio 1947 a Miami.


La rivista Esquire ha riconosciuto il contributo che Capone ha dato alla moda, assegnandogli una terza posizione nella classifica degli uomini più eleganti di sempre.

domenica 5 aprile 2015

Jean Paul Gaultier au Grand Palais de Paris !!!

 
Si cette exposition est une première sur le grand couturier français Jean Paul Gaultier, elle a déjà été visitée par près d’1,5 million de personnes à travers le monde.


Créée en 2011 par le musée des Beaux-Arts à Montréal, elle s’est posée ensuite à Dallas, San Francisco, Madrid, Rotterdam, Stockholm, New York, Londres et jusqu’à Melbourne. 

La version française, réalisée avec la Réunion des musées nationaux - Grand Palais, et l’étroite collaboration de Jean Paul Gaultier lui-même et de sa Maison de couture installée rue Saint-Martin dans le Haut-Marais, a été pour sa 10e étape, spécialement enrichie d’installations spéciales : nouvelles choses et nouvelles envies du créateur, ajouts du back stage, film de Madonna saluant avec lui la collection de 1992 en découvrant ses seins, les muses.

Jean-Paul Gaultier, fier d’être né en banlieue Sud, à Arcueil en 1952, initié par sa grand-mère à la coiffure et au maquillage, est engagé à 18 ans par Pierre Cardin à qui il avait adressé des croquis. 
Il y reviendra après de brefs passages chez Jacques Estérel et Jean Patou, missionné aux Philippines pour dessiner des modèles pour le marché américain.

Il débute avec sa propre marque de prêt-à-porter en 1977 (ou en 1976 ?), les modèles de sa première collection pour femmes réalisés avec des tissus achetés au marché Saint-Pierre, et montrée tout près du Grand Palais, au Palais de la Découverte... avant de fonder sa maison de haute couture en 1997, son rêve d’enfance.
Se qualifiant lui-même d’"enfant terrible de la mode" dès ses premiers défilés à la fin des années 1970, conçus comme des spectacles, Jean-Paul Gaultier est l’un des créateurs marquants de ces dernières décennies, et des plus cités par la presse internationale et le public. 

Sa mode avant-gardiste a saisi très tôt les préoccupations et les enjeux d’une société multiculturelle, bousculant avec humour les codes sociologiques et esthétiques établis.

Aussi cosmopolite que Paul Poiret, qu’il admire, il réhabilitera le corset, mais à ses manières. 

Et puis il y eut la marinière, le large décolleté dans le dos, l’ambiance Smooth Operator, les parfums, et tant d’autres choses...

La première collection Haute Couture Gaultier Paris : Printemps-Eté 1997
Au-delà de la virtuosité technique résultant de l’exceptionnel savoir-faire des différents métiers de la haute couture, d’une imagination débridée et de collaborations artistiques historiques, ce créateur offre une vision ouverte de la société, un monde de folie, de sensibilité, de drôlerie et d’impertinence.

Il y a chez Jean Paul Gaultier une vraie générosité et un message social très fort, sous couvert d’humour, de spontanéité bluffante, et de légèreté. 

Curieux de toutes les cultures et contre-cultures, Jean Paul Gaultier s’empare de l’air du temps, revendique le droit à la différence, concevant ainsi une nouvelle manière de faire et de porter la mode basée sur la tolérance.

 
 William Baker, Kylie Minogue, X Tour 2009, modèle “Immaculata”, robe en filet brodé à grands motifs en lin découpés blancs, collection Les Vierges, Haute couture printemps-été 2007 © Roc Nation / Kylie Minogue
 
Il efface les frontières entre les cultures, mais aussi entre les sexes, créant une nouvelle androgynie.  
Cette rétrospective, que le couturier considère comme une création à part entière, rassemble 175 ensembles accessoirisés, essentiellement de haute couture, mais aussi de prêt-à-porter créées entre 1976 et 2014.

La star de la coiffure Odile Gilbert (Atelier 68) a inventé spécialement pour chaque mannequin des créations en cheveux. 

De nombreux objets et documents d’archives sont également révélés au public pour la première fois.

 
Croquis, costumes de scène, extraits de films, de défilés, de concerts, de vidéoclips, de spectacles de danse, et même d’émissions télévisées illustrent ses collaborations artistiques les plus emblématiques : 
au cinéma, avec Pedro Almodóvar, Peter Greenaway, Luc Besson, Jean-Baptiste Mondino, Marc Caro et Jean-Pierre Jeunet, en danse contemporaine, avec Angelin Preljocaj, Régine Chopinot, Maurice Béjart, sans omettre la variété française (Yvette Horner, Johnny Hallyday, Mylène Farmer...) et la pop internationale (Madonna, Kylie Minogue...).
Une place importante est également accordée à la photographie de mode grâce aux prêts de tirages souvent inédits de photographes et d’artistes contemporains renommés : Andy Warhol, Cindy Sherman, Peter Lindbergh, David LaChapelle, Richard Avedon, Mario Testino, Steven Meisel, Steven Klein, Pierre et Gilles, Paolo Roversi, Robert Doisneau...

 
Cette exposition multimédia célèbre l’audace et l’invention de sa mode avant-gardiste et explore ses sources d’inspiration, aussi éclectiques qu’impertinentes, au travers d’un parcours thématique en sept sections, traçant l’itinéraire imaginaire du couturier qui puise son inspiration depuis le pavé parisien jusqu’à l’univers de la science-fiction :

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Portrait de Jean Paul Gaultier (détail), par Pierre & Gilles
La marinière selon Gaultier : J’aime depuis toujours l’aspect graphique, architectural de la rayure. Ma mère m’habillait déjà avec des pulls marins. Ils vont avec tout, ne se démodent pas et ne se démoderont probablement jamais. Il y a eu aussi d’autres influences : ma grand-mère, Coco Chanel, Jean Genet, Popeye, Tom of Finland, Rainer Werner Fassbinder et son film Querelle, qui était en quelque sorte l’apothéose du marin, un symbole gai hypersexué, un fantasme, une icône, une forme de virilité pouvant devenir ambiguë.

L’exposition bénéficie en outre du talent de nombreux artistes et experts . 

La scénographie originale conçue par l’agence parisienne d’architectes-scénographes Projectiles et adaptée à Paris par Sandra Gagné du musée des Beaux-Arts de Montréal, met en scène les tenues du couturier ainsi que les tirages et extraits audiovisuels illustrant les collaborations artistiques de Jean Paul Gaultier.

La compagnie avant-gardiste théâtrale de Montreal UBU dirigée par Denis Marleau et Stéphanie Jasmin ont collaboré à l’élaboration d’une création audiovisuelle, en animant les visages d’une trentaine de mannequin.



Plusieurs personnalités, dont Jean Paul Gaultier, les mannequins Ève Salvail et Francisco Randez, la chanteuse et réalisatrice Melissa Auf der Maur (Smashing Pumpkins et Hole), la soprano Suzie Leblanc, et Catherine Deneuve, ont accepté de prêter leur visage et parfois leur voix pour cette réalisation et son édition spéciale pour Paris.



 
Robe bénitier Sainte Nitouche. Première robe réalisée par Jean Paul Gaultier, été 1971.

Jean Paul Gaultier. Du 1er avril au 3 août 2015 au Grand Palais, galeries nationales, entrée Clémenceau. Métro Champs-Élysées-Clemenceau ou Franklin-D.-Roosevelt.
Jean Paul Gaultier
01 Avril 2015 - 03 Août 2015
Dimanche et lundi de 10h à 20h
Du mercredi au samedi de 10hà 22h

Fermé le mardi
Fermé le 1er mai

Dernier accès à l'exposition : 45min avant la fermeture des Galeries.
Fermeture des salles : à partir de 15 minutes avant la fermeture des Galeries.

L’exposition participe à la nuit européenne des musées le samedi 16 mai : entrée gratuite de 20h à minuit
En application du Plan Vigipirate niveau « alerte attentat », l’accès au Grand Palais est interdit à toutes les valises, tous les sacs de voyage et les sacs à dos de taille supérieure au format A3. Le service de Sûreté du Grand Palais peut être amené à prendre, sans information préalable, toute disposition qu’il jugera utile.
 
Normal : 13 €
Réduit : 9 € (16-25 ans, demandeurs d’emploi, famille nombreuse).
Gratuit pour les moins de 16 ans (Réservation obligatoire pour tout enfant ou jeune de moins de 16 ans accompagnant un visiteur muni de réservation)
Gratuit pour les bénéficiaires du RSA et du minimum vieillesse.

sabato 28 marzo 2015

Velàzquez et le triomphe de la peinture espagnole au Grand Palais de Paris

Le Grand Palais de Paris présente la première rétrospective du grand peintre espagnol Diego Velázquez du 25 mars au 13 juillet 2015

L’exposition comprend seulement une cinquantaine de toiles, un nombre réduit mais qui constitue déjà un exploit tant ses œuvres sont convoitées.

Aujourd'hui, le Grand Palais lui consacre une rétrospective, la première jamais organisée dans la capitale française. 

Afin de réussir cet événement majeur, le Louvre, en liaison avec le Kunsthistorisches Museum de Vienne, s'est appuyé sur le Prado de Madrid.

Difficile de rassembler les œuvres d’un génie qui a peu peint et que les musées gardent jalousement. 

Le Grand Palais de Paris a pourtant relevé le défi et présente depuis le mercredi 25 mars et jusqu’au 13 juillet 2015 une cinquantaine d’œuvres du maître espagnol, Diego Rodriguez de Siva y Velázquez (1599 – 1660), dans l'exposition "Velázquez et le triomphe de la peinture espagnole".
Entre les œuvres disparues et celles déclassées après avoir été trop facilement attribuées au maître, il ne reste qu’"entre 120 et 130 tableaux", certains faisant encore l'objet de discussions entre experts, explique Guillaume Kientz, 35 ans, le jeune commissaire de l'exposition.



Pour obtenir l'emprunt de certaines œuvres, ce dernier a dû accepter en échange des prêts de la part du Louvre, où il est chargé des collections ibériques. La National Gallery de Londres a par exemple envoyé la mystérieuse "Vénus au miroir", seul nu du peintre, mais recevra en contrepartie "Le Christ" du Greco.



Diego Velázquez :  Portrait du pape Innocent X, 1650. 
Ce portrait est l'une des oeuvres les plus célèbres du peintre. 
Elle inspira quarante variantes à Francis Bacon.
Amministrazione Doria Pamphilj srl/RMNGP

Les visiteurs pourront admirer certaines toiles parmi les plus emblématiques: de La Forge de Vulcain à La Tunique de Joseph, de La Vénus au miroir au célèbre Portrait du pape Innocent X.
Diego Velázquez Portrait de l'infant Baltasar Carlos sur son poney (1634-1635), princes des Asturies (1629-1646), fils de Philippe IV et de sa première épouse, Elisabeth de France.
Madrid, Museo Nacional del Prado/RMNGP
 "Le peintre des peintres." C'est ainsi qu'Édouard Manet qualifiait Diego Velázquez, maître absolu de l'âge d'or du baroque espagnol. 
Longtemps éclipsé, ce Sévillan sera redécouvert par les impressionnistes à la fin du XIXe siècle, puis magnifié comme l'un des plus grands artistes de tous les temps par Picasso, Dali ou encore Bacon.  




Au cours de sa carrière, Velázquez a peint les puissants mais aussi les nains, les bouffons ou d'autres artistes, et, inspiré par leur liberté de ton, il s'est livré à des expérimentations impensables avec l'image des souverains espagnols.
Le peintre a été formé dès l’âge de douze ans dans l'atelier du peintre sévillan Francisco Pacheco, animateur d'une académie réunissant les meilleurs esprits de la ville. 

Lors d’un voyage à Madrid, Velázquez entre en contact avec le caravagisme, venu d'Italie, "qui adoucit son naturalisme très trivial, violent" et rend sa peinture "plus poétique", souligne Guillaume Kientz. 
Devenu peintre du roi à Madrid, il rencontre Rubens qui persuade Philippe IV d'envoyer le jeune artiste en Italie.
Peu de choses sont connues de la vie personnelle de l’artiste. Guillaume Kientz raconte que Velázquez épousa à 19 ans la fille de son maître Francisco Pacheco, qui avait très vite détecté les qualités remarquables de son élève. 
"On sait qu'il aimait les beaux habits, qu'il était très élégant, qu'il avait une bibliothèque fournie", notamment en ouvrages d'architecture et scientifiques. "C'était sans doute un esprit subtil", relève encore le commissaire de l’exposition.
Le roi d'Espagne Felipe et sa femme Letizia, qui ont annulé mardi 24 mars leur première visite d'État en France en raison du crash de l'avion Germanwings, devaient se rendre au Grand Palais afin d'inaugurer l'exposition aux côtés de François Hollande.


Diego Velázquez : Portrait de l'infante Marguerite en bleu (vers 1659), qui sera mariée à son propre oncle maternel, l'empereur Léopold Ier.
Kunsthistorisches Museum, Vienne/RMNGP


Velázquez, jusqu'au 13 juillet, au Grand Palais, galeries nationales, entrée square Jean-Perrin, 75008 Paris. 
Tél. 01 44 13 17 17. 
www.grandpalais.fr

venerdì 27 marzo 2015

Fred Vargas, une reine du polar particulière




"Temps glaciaires" de Fred Vargas vient de sortir en librairie. Après 4 ans d’absence, la romancière des polars à succès remet le couvert avec le commissaire Adamsberg, chez un nouvel éditeur, Flammarion.

Mais qui est Fred Vargas?  

Frédérique Audoin-Rouzeau, est née le 7 juin 1957 à Paris. Fred est le diminutif de Frédérique. Vargas est son nom de plume pour les romans policiers.


Pendant toute sa scolarité, Fred Vargas ne cesse d’effectuer des fouilles archéologiques. Après le bac, elle choisit de faire des études d’histoire.Tout cela la mène à devenir une brillante archéozoologue, branche archéologique désignant les chercheurs collectant des informations sur les sociétés passées à partir d'ossements d'animaux. 
Elle se spécialise sur la vie villageoise dans l'Europe du Moyen Age

Pourtant, cette brillante scientifique ressent le besoin de se lancer dans la bande dessinée, puis l'accordéon. 
Ne se trouvant pas bonne musicienne, Fred Vargas pense qu'elle trouverait "amusant" d'écrire un roman policier. 
Elle signe sous le nom de Fred Vargas en reprenant le pseudonyme porté par sa soeur jumelle Joelle, peintre, (Jo Vargas, qui a elle-même emprunté ce nom au personnage joué par Ava Gardner dans La Comtesse aux pieds nus de Joseph L. Mankiewicz). 

Même si aujourd'hui elle renie ce livre, sa première tentative est un coup de maître : en 1986, Les Jeux de l'amour et de la mort remporte le prix du Roman policier du Festival de Cognac, et se voit publié aux Editions du Masque.
Son deuxième roman marque sa carrière, parce que c'est le premier publié aux Editions Viviane Hamy, une jeune maison auprès de qui elle restera fidèle, et aussi parce que c'est la première fois qu'apparaît sous sa plume son personnage fétiche, le commissaire Jean-Baptiste Adamsberg, dont elle décrit les enquêtes depuis maintenant douze ans. 
Même si les ventes ne sont pas exceptionnelles, Viviane Hamy lui fait confiance et la brillante Frédérique poursuit sa double activité.
Pour concilier ses deux métiers, la jeune femme a une technique de travail particulière. 
Ses idées principales prennent forme dans sa tête pendant un an, sa mémoire sélectionne les meilleures, et dès que l'histoire est suffisamment ancrée dans ses souvenirs, elle restitue d'une seule traite tout le roman en trois semaines, pendant ses vacances. Vient ensuite tout le travail de correction, qu'elle n'aime pas particulièrement en raison de son obsession pour le détail. Un mot, une phrase, une assonance qui ne convient pas, et c'est tout une page qui peut s'en retrouver modifiée.
Une fois le texte avancé, Fred le fait lire à son double, sa soeur jumelle Jo, qui lui écrit quelques annotations : des sourires quand elle aime et des vagues pour souligner un passage plus hasardeux. 

Le sens du détail, une qualité essentielle dans son métier d'archéozoologue, continue de la poursuivre dans ses relectures, jusqu'à ce que Viviane Hamy lui rappelle que le script doit bientôt partir chez l'imprimeur...
 
Ses "rompols'" (comme elle aime à les désigner) se suivent et se vendent de plus en plus. Debout les morts (1995, prix Mystère de la critique), L'Homme à l'envers (1999, prix du Roman policier du festival de Cognac), une incursion dans la bande dessinée avec Les Quatre fleuves (2000), mettant toujours en scène le commissaire Adamsberg... 
En 2001, Pars vite et reviens tard, son neuvième roman, reste pendant près d'un an parmi les meilleures ventes françaises.



Devant ce succès grandissant, l'auteur se fait de plus en plus rare, fuyant tout ce qui peut de près ou de loin ressembler à une mondanité. 
Elle cultive sa simplicité et consacre les rares heures de temps libre qui lui reste à sa famille : son fils et sa soeur, qu'elle considère comme sa moitié.

giovedì 26 marzo 2015

La storia del Cavallino Rampante della Scuderia Ferrari





La storia del Cavallino Rampante della Scuderia Ferrari è singolare e affascinante: il cavallino era infatti dipinto sulla carlinga del caccia di Francesco Baracca il famoso eroe  dell' aviazione italiana.



 
Nel 1923 un'incontro è all'origine di questo mitico simbolo.

Enzo Ferrari ricordò così quell'incontro: "Quando nel 1923  vinsi il primo circuito del Savio che si correva a Ravenna, conobbi il Conte Enrico Baracca e in seguito la Contessa Paolina, genitori dell'eroe. Fu la Contessa che un giorno mi disse: «Ferrari, perché non mette sulle sue macchine il cavallino rampante di mio figlio? Le porterà fortuna.» Conservo ancora la fotografia dell'aviatore con la dedica dei genitori in cui mi affidano l'emblema del cavallino. Il cavallino era e rimarrà nero; io aggiunsi il fondo giallo canarino che è il colore della città di Modena."



Fin dal 1929 l'emblema della Scuderia appare sulle pubblicazioni, e i documenti della Società, ma non sulle vetture che riportano un quadrifoglio verde in un triangolo bianco, simbolo sportivo dell'Alfa Romeo



La prima apparizione del Cavallino della Ferrari avviene il 9 luglio 1932 alla "24 Ore di Spa" quando la gara viene vinta proprio dalla vettura di Taruffi e D'Ippolito seguita da quella di Siena e Brivio.

Dopo quella vittoria lo scudetto ha contrassegnato tutte le partecipazioni ufficiali della Scuderia Ferrari negli anni Trenta fino al momento in cui ad essa subentra il reparto speciale "Alfa Corse", diretto da Enzo Ferrari, ma gestito dalla Casa milanese Alfa Romeo.

La nascita dell'Azienda Ferrari comporta anche la creazione di un nuovo marchio, questa volta rettangolare che apparirà su tutte le vetture costruite a Maranello.

La prima vettura è la 125 durante il debutto della Scuderia in gara, sul circuito di Piacenza l'11 maggio 1947.  
Disegnato dall'Ufficio Tecnico della Ferrari e realizzato dalle Ditte Castelli e Gerosa di Milano e Cristiglio di Bologna, rimane inalterato fino al 1950.


Per distinguere le vetture ufficiali da quelle dei clienti che si cimentano in gara, Enzo Ferrari nel 1952 decide di ripristinare il distintivo della vecchia Scuderia Ferrari, rimodernato nella forma: il debutto avviene il 16 marzo al Gran Premio di Siracusa, sulle 500 F2 di Ascari, Taruffi, Farina e Villoresi. 
E' un trionfo,  Ascari, Taruffi e Farina occupano le prime tre posizioni. 


Nello stesso anno Ascari, sempre con una 500 F2, vince il "Campionato del Mondo piloti", il primo dei 25 titoli della Ferrari. 
Da allora, questo simbolo viene  sempre applicato, tranne sporadiche eccezioni, nella sua forma convenzionale mai più cambiata su tutte le vetture Ferrari di qualsiasi categoria.


Dal 1953 al 1961 viene applicato alle vetture disegnate dalla Pininfarina un marchio riproducente le iniziali dei nomi Ferrari e Farina secondo le lettere dell'alfabeto marinaro. 
Il rombo rosso sul campo bianco simbolizza la lettera F che per il designer viene sostituita dalla lettera P (rettangolo bianco in campo blu) quando il cognome Farina diventa Pininfarina. 
Il marchio viene abbandonato nel 1964, ma attualmente è usato su tutte le vetture.

Il cavallino come fregio della maschera del radiatore appare nel 1959. 


Prodotto dal torinese Cerrato per le vetture carrozzate da Pininfarina e dall'incisore Incerti per le vetture Scaglietti, è ritagliato da lastre di ottone di 3 mm pantografato e cromato. Rimane inalterato fino al 1962 e ne esiste una versione speciale, seghettata e traforata a mano, utilizzata per qualche unità molto esclusiva e per le vetture destinate a mostre e saloni.

Fra il 1962 e il 1963 viene presentato il cavallino in rilievo, ma non piace e viene usato solo per un anno.

Un rifacimento del cavallino in rilievo viene riproposto nel 1963 ma anche questa volta è accolto tiepidamente. 
E' considerato superfluo perché sulla calandra delle vetture si è ormai consolidata l'applicazione della versione piatta. Ciononostante la qualità decorativa di questa versione viene presto apprezzata ed oggi viene ancora utilizzata su tutti i modelli.

Nel 1963 viene proposta  una nuova versione: cavallo piatto, pantografato su alluminio e lucidato a specchio, che viene introdotta nel 1964, montata fino al modello BB e ripresa poi nel 1984 e montata sui modelli Mondial, 328 GTB e GTS mentre un'identica versione anodizzata in nero figura sui primi modelli Testarossa e 348.

Nel 1982 la versione del cavallino del 1963 passa sull'anteriore delle vetture, sostituendo il modello pantografato piatto. 
Dal 1992, con precise codificazioni per l'anteriore e il posteriore, caratterizza l'intera gamma delle vetture Ferrari.

I marchi Ferrari attuali, cavallo nero di Francesco Baracca in sfondo giallo canarino, nelle versioni che distinguono la produzione industriale e l'attività tecnico-agonistica sono depositati.