mercoledì 12 gennaio 2011

Il grande Bosch a Venezia



Prosegue l’esposizione di collezioni statali a Palazzo Grimani, con tre dipinti del pittore più visionario della storia dell’arte: Hieronymus Bosch

Dopo il grande successo della mostra dedicata alle celebri opere di Giorgione, La Vecchia, La Tempesta e la Nuda, che hanno inaugurato l’apertura di Palazzo Grimani, come spazio espositivo permanente a Venezia, in questa magnifica sede, saranno esposti altri tre capolavori assoluti che da anni non si vedono in pubblico.

Protagonista, questa volta, il pittore fiammingo più noto e intrigante della storia dell’arte: Hieronymus Bosch ('s Hertogenbosch, Olanda 1450 – 1516), di cui si potranno ammirare la Visione dell’Aldilà (1500 – 1503), il Trittico di santa Liberata (1505) e il Trittico degli eremiti (1510), provenienti da Palazzo Ducale di Venezia.

Promossa dalla Soprintendenza Speciale per i Musei e le Gallerie Statali di Venezia, organizzata e prodotta da Arthemisia Group, la mostra sarà aperta a Palazzo Grimani dal 19 dicembre 2010 al 20 marzo 2011.

Il Soprintendente Vittorio Sgarbi ha scelto di rendere accessibili al pubblico tre straordinarie opere di Bosch, due delle quali in deposito da anni a Palazzo Ducale, rendendo omaggio alle opere del sublime artista conservate a Venezia, dove soggiornò con molta probabilità tra il 1499 e il 1502.

Per mantenere una linea di continuità tra le collezioni periodicamente esposte a Palazzo Grimani, resterà inoltre allestita la bellissima Nuda (1508) di Giorgione, dalle Gallerie dell’Accademia, e contestualmente, per gennaio, si prepara l’esposizione del Breviario Grimani, volume capolavoro appartente alla Biblioteca Marciana.

Figura molto discussa per la forte carica espressiva nonché per la bizzaria e inquietudine dei suoi dipinti, Jeroen Anthoniszoon van Aken, che si firmava e divenne noto come Bosch, proviene da una famiglia di pittori olandesi e si ditingue per i suoi lavori fantastici, nati per illustrare la morale e i concetti religiosi dell’epoca.

Il suo fantasioso immaginario, non sempre di facile interpretazione, si avvale dei Bestiari medioevali e protagonista costante dei suoi dipinti è l'umanità condannata all’inferno per via del peccato.

La meditazione sulla vita dei Santi e sulla Passione di Cristo sembrano le uniche vie per riscattare il genere umano dal peccato universale.

Le tre opere esposte a Palazzo Grimani facevano parte della collezione del cardinale Domenico Grimani e giunsero nelle collezioni di Palazzo Ducale dopo la morte del prelato, grazie al suo lascito testamentario alla Serenissima.

Il Trittico di santa Liberata e il Trittico degli eremiti passarono per un periodo a Vienna, prima nelle collezioni imperiali fra il 1838 e il 1893, poi al Kunsthistorisches Museum fino al 1919, e fecero poi ritorno a Palazzo Ducale, dove sono attualmente conservate.


HIERONYMUS BOSCH
(1450 ca. - 1516)

Jeroen Van Acken Anthoniszoon, universalmente noto come Hieronymus Bosch, nacque intorno al 1450 in un villaggio del Brabante Settentrionale, zona che oggi corrisponde all’Olanda.
Nipote di un pittore di soggetti sacri e figlio di un modesto artigiano, divenne piuttosto benestante grazie a un buon matrimonio e a una cospicua eredità. Cominciò la sua attività artistica nel 1475, ed ebbe subito un grande successo.
La sua fama fu immediata e grandissima perché le sue prime opere sono effettivamente dei capolavori, ma anche perché la sua arte è davvero calata nello spirito dei tempi.
A ciò seguì un periodo di oblio, prima della riscoperta definitiva, in cui Bosch fu semplicisticamente definito un "produttore di mostri".
In effetti, le opere di questo artista sono un concentrato di simboli magici, di invenzioni fantastiche umane e animali, un campionario di creature che ben poco hanno a che spartire con la realtà.


Non sono però soltanto il frutto di una fantasia sfrenata: se non c’è riscontro diretto nella natura, questo esiste nella cultura, soprattutto quella popolare.

I motivi ripresi da Bosch sono spesso quelli dei racconti folkloristici tramandati per tradizione orale o nelle letterature fantastiche in cui i paesi del Nord Europa sono maestri.
Secoli dopo, allegorie, onirismi e simbologie si riveleranno interpretabili alla luce delle teorie psicoanalitiche freudiane, dimostrandosi cosi specchio dell’inconscio.
Gli anni in cui visse e maturò Bosch furono colmi di splendori artistici e di conquiste e scoperte: Botticelli nel campo figurativo, Chaucer in quello letterario, Diaz e Colombo in quello geografico, contribuirono a creare un clima di deciso rinnovamento.

Ma furono anche tempi di guerre, di violenze, di fanatismi religiosi: venne istituita l’Inquisizione spagnola, si aprì la caccia alle streghe e si perseguì con crudeltà la magia e quanti la praticavano.

Specchio dello spirito dei tempi
In linea con lo spirito di tempi cosi complessi e pieni di contraddizioni estreme sono le prime opere di Bosch. Il suo esordio consiste, a detta di molti studiosi, nella tavola conservata al Museo del Prado di Madrid, La cura della follia.

Ancora un po’ duro nei contorni, possiede però la novità di uno sfondo che si apre all’occhio e spazia sconfinato, che è motivo ricorrente nell’opera del pittore e del tutto inedito in Olanda fino a quel momento. I
l tema si chiarisce osservando i particolari: la borsa del personaggio seduto, trafitta da un pugnale e il tulipano, simbolo di denaro, che fuoriesce dalla sua testa e che sta per essere reciso dal chirurgo, la dicono lunga sull’attività dei medici che inventano assurde cure per spillare quattrini agli sciocchi.

Un tema come I sette peccati capitali non poteva non interessare un artista come Bosch.
L’opera era in origine il ripiano di un tavolo, lavoro decisamente insolito almeno per l’area olandese.
Un grande tondo centrale, simboleggiante l’occhio di Dio, porta al centro la figura del Cristo e tutt’attorno le scene dei sette peccati, ricchi di particolari grotteschi, con un intendimento chiaramente morale. Nei quattro tondi posti agli angoli del tavolo ci sono i Misteri Novissimi: Morte e Giudizio, Inferno e Paradiso. Anche questo lavoro è al Prado di Madrid.
Il tema dei ciarlatani pronti a imbrogliare gli sciocchi torna in un’altra opera anteriore al 1480: Il prestigiatore del Musée Municipal di Saint Germain en Laye.

Infatti allo spettatore incantato dal gioco sta per essere sfilata la borsa.
Più maturo nella composizione e nel colore, benché le figure si presentino ancora piuttosto piatte, è La nave dei folli, nel parigino Museo del Louvre.

Un gruppo di varia umanità, tra cui in posizione principale alcuni rappresentanti del clero, va alla deriva fisica e morale su una barca in cui si compie ogni genere di peccato.

Il tema della nave trovava ampi riscontri nelle Fiandre quattrocentesche soprattutto in campo letterario.

I trittici maggiori o il trionfo dell’allegoria
Una delle opere più importanti dell’olandese è il Trittico del Fieno, che si fa risalire ai primissimi anni del 1500 e che oggi si trova al Prado di Madrid. Chiudendo i due pannelli laterali appare il cammino della vita, una strada sconnessa circondata da ogni sorta di rappresentazione del vizio; la parte interna riporta, nello scomparto di sinistra
Il peccato originale, in quello di centro Il carro del fieno e a destra Le costruzioni infernali.


Qui l’autore va al di là di tutte le fonti sia bibliche che popolari per avventurarsi nella pura invenzione iconografica come dimostra il motivo, in alto a sinistra, della caduta degli angeli ribelli che si trasformano in grossi insetti.

Del tutto inedito, dà il via a una delle caratteristiche ossessioni boschiane, la mutazione.

Il tema centrale può essere derivato da un proverbio popolare fiammingo che dice: "Il mondo è come un carro di fieno, ciascuno ne arraffa quanto può". Stilisticamente ancora più compiuto è il Trittico delle delizie, anche questo al Prado di Madrid.

Magnifica è la stesura del colore, limpidissimo e trasparente, e riuscitissima è la complessa composizione che riesce a legare microcosmi completi e perfetti dal punto di vista prospettico tra di loro e con l’insieme del paesaggio, raggiungendo una notevole solidità strutturale nonostante le infinite variazioni. Gli scomparti chiusi raffigurano La creazione del mondo; all’interno, da sinistra: Il paradiso terrestre, Il giardino delle delizie, il più ricco di invenzioni magistralmente disposte nello spazio, e L’inferno musicale.
Un’altra tematica che ebbe in Bosch ampio respiro è quella delle Tentazioni di Sant’Antonio, centrale in un altro splendido trittico del Museu Nacional de Arte Antiga di Lisbona.
Il soggetto venne ripreso dal pittore in moltissime varianti, poiché particolarmente adatto a sbrigliare la fantasia nell’inventare ogni genere di creature che, in veste di tentazioni, circondano il Santo in meditazione.

Uno splendido esempio è, ancora una volta, al madrileno Prado, dove si conserva anche la copia di un altro, andato purtroppo perduto. Diversissimi, sono ugualmente ricchi di inventiva fiamminga nei dettagli come nel paesaggio, mentre il colore assume tonalità sempre più cristalline.
Capace di toni pacati e soavi come di feroce figurative, il pittore dimostra la sua versatilità in due opere di Madrid, il dolcissimo San Giovanni Battista in meditazione (Museo Lazaro Galdiano) e il terribile Cristo portacroce (Prado), le cui teste deformi si ritroveranno in Goya come torneranno mille spunti boschiani nel surrealismo di Salvador Dali e di Max Ernst.

Nessun commento: