domenica 29 agosto 2010

La Belen per Magic Miss Sixty


La show girl argentina Belen Rodriguez sarà protagonista della campagna dedicata alla collezione Magic by Miss Sixty, e a quanto pare, è stato proprio il corpo di Belen a ispirare uno spot che si preannuncia caldissimo.

Miss Sixty ha annunciato ufficialmente la collaborazione con Belen Rodriguez, nuovo volto della campagna pubblicitaria in Italia per l’Autunno-Inverno 2010.

La statuaria show girl argentina sarà la protagonista di uno spot televisivo dedicato alla linea denim denominata Magic, caratterizzata da modelli dal taglio slim fit ed effetto push up, per risaltare e correggere le forme femminili.

Indiscrezioni giunte dalla produzione, al lavoro in questi giorni per la realizzazione della campagna, annunciano uno spot “caldo, caldissimo, in cui Belen mostrerà in modo inequivocabile le qualità della linea Magic di Miss Sixty”.
Alta l’aspettativa per il video di back stage.
I fans della show girl e i curiosi di tutta Italia potranno visionare il video in anteprima rispetto al lancio della campagna, visitando i siti Facebook e You Tube del marchio.

sabato 28 agosto 2010

Miss Arden ha 100 anni




Per celebrare 100 anni di bellezza e innovazione, Elizabeth Arden ha creato Red Door Red, un rossetto in edizione limitata tributo al logo del brand, la Porta Rossa.
Disponibile in profumeria da settembre 2010 ad un prezzo consigliato di 25 euro.

L’eleganza e la raffinatezza senza tempo dell’universo Elizabeth Arden rivivono, inoltre, in una candela profumata, Anniversary Scented Candle Floral Essence of Red Door, nuova interpretazione della sensuale fragranza floreale Red Door. Disponibile in profumeria da settembre 2010, prezzo consigliato 37 euro.

E infine, in occasione dei suoi 100 anni di bellezza, Elizabeth Arden veste a festa il classico che ha dato origine al tutto, Eight Hour Cream Skin Protectant, il prodotto che ha segnato la storia della maison e dello skincare. Disponibile in profumeria da settembre 2010, prezzo consigliato 40 euro.

Ecco qui riassunta la storia di una donna pioniera nel mondo della cosmesi, inventrice della bellezza americana.

Nel 1910 Miss Elizabeth Arden creò l’industria americana della bellezza. Innovatrice leggendaria, imprenditrice indefessa, perseguì sempre con ostinazione l’obiettivo di creare il nuovo e il meglio in assoluto, come la crema-culto Eight Hour Cream, la mitica fragranza Blue Grass o l’audace rossetto coordinato alle uniformi delle donne in servizio nell’esercito durante la Seconda Guerra mondiale.

Con la creazione di creme e cosmetici rivoluzionari, con l’invenzione del concetto di “Total Beauty” e di benessere, Elizabeth Arden seppe conquistare le donne più sofisticate del mondo, che misero i suoi prodotti e i suoi Red Door Salon in cima alla lista dei propri desideri.
Miss Arden fu una vera imprenditrice, una donna capace di organizzare, di gestire nonché di assumere con abilità il rischio non tanto di portare avanti un’impresa, quanto di dar vita a un’industria originale, l’industria americana della bellezza.
Ripercorrendo le fasi della sua illustre vita, rendiamo omaggio a una donna fuori del comune che ha saputo creare le condizioni affinché il futuro di Elizabeth Arden fosse costellato di successi.

La nascita di un mito
Nel 1908 una giovane Florence Nightingale Graham – nome all’anagrafe di Miss Arden – arriva a New York dalla cittadina rurale di Woodbridge in Canada.
In città, Florence comincia a lavorare come contabile per una casa farmaceutica, E.R.Squibb Company, passando però parecchio tempo in laboratorio tra pomate, soluzioni e nuovi ritrovati per la pelle.
Quando pensa di aver appreso l’esperienza necessaria per una nuova avventura, lascia l’ambiente aziendale alla volta della magia del salone di bellezza.
Sarà Eleanor Adair ad accoglierla, elegante padrona di casa di un piccolo centro di bellezza molto alla moda.
Florence è l’addetta alla cassa, ma nei ritagli di tempo si diverte ad applicare unguenti e maschere alle clienti del salone che ben presto non vollero che lei, la simpatica ragazza canadese dalla mani d’oro.
Nel 1909 Florence entra in società con Elizabeth Hubband, un’altra Lady del beauty, e insieme aprono un piccolo salone di bellezza sulla prestigiosa Fifth Avenue a New York.
Ma la socia ben presto abbandonerà l’impresa e Florence rimarrà sola a gestire il salone, le clienti e a pagare tutte le spese.
Solo due anni più tardi, nel 1910, dopo aver chiesto al fratello un prestito di 6.000dollari, Florence apre il suo primo salone e lo chiama “Elizabeth Arden“, come lo pseudonimo che sceglie di adottare per se stessa. Questo nome, che avrà un impatto indelebile sulle donne in tutto il mondo, si ispira al titolo di una poesia di Tennyson, Enoch Arden.
Nel creare questa identità fittizia, Florence, nella nuova veste di Elizabeth Arden, si rende conto della forza e dell’importanza di possedere un brand name solido e indimenticabile.
Miss Arden decide di dipingere l’ingresso del suo primo salone, con affaccio sull’elegante Fifth Avenue, di un bel rosso brillante, per distinguere il suo atelier dai tanti negozi che già a quel tempo affollano il famoso viale.
Dietro quella porta si cela un salone estetico di tre locali estremamente lussuoso, dove Miss Arden propone trattamenti di bellezza la cui efficacia e qualità rispondono in pieno a quanto da lei stessa pubblicizzato.

Elizabeth Arden: Il Red Door Salon
Il Red Door Salon offre trattamenti per la bellezza e il benessere delle sue clienti oltre a quello che diventerà il trattamento al viso più famoso al mondo, il Massaggio Porta Rossa.
Inizia a farsi strada già allora il concetto di “bellezza totale” secondo una visione olistica che puntava al raggiungimento del benessere psicofisico, antesignano di ciò che oggi è chiamato Wellness.
Elizabeth Arden arriva in negozio all’alba per pulire, sistemare, accogliere le clienti e preparare lozioni e creme.
E’ la sua fortuna, e in pochissimo tempo ripagherà il suo debito. Grazie alle sue originali iniziative di marketing, Elizabeth Arden acquista rapidamente autorevolezza nel settore cosmetico e tra le consumatrici.
Quando nel 1912 Vogue suggerisce che basterebbe passare una leggera pennellata di vernice sul viso di una donna per migliorarne l’aspetto, il mese successivo Elizabeth Arden lancia una linea di rossetti e fard che sfumano dal rosso al rosa. La strada al make up moderno è spianata, e il rosso Arden diventa sinonimo di fascino ed eleganza.
Il nome di Elizabeth Arden diventa famoso e il salone dovrà rimanere aperto per più di dieci ore al giorno per soddisfare la fila delle clienti in lista d’attesa.

I primi prodotti: un impatto durevole
Elizabeth Arden partiva dalla convinzione che la bellezza non è una patina di trucco bensì il frutto di una cooperazione intelligente tra scienza e natura, tesa a potenziare le migliori risorse naturali di cui ogni donna dispone.
Credeva fortemente e in maniera istintiva nel concetto di Total Beauty e la storia è testimone del fatto che sue idee furono assolutamente ingegnose.
Aveva una capacità innata di creare nuovi prodotti, packaging e servizi in grado di incontrare i bisogni e, cosa più importante, i desideri delle donne. La comprensione delle esigenze delle consumatrici e l’ostinata ricerca di prodotti di notevole attrattiva ed efficacia sono principi ancora oggi alla base della filosofia Elizabeth Arden.
Non soddisfatta delle creme grasse e pesanti dell’epoca, Miss Arden fu la prima a portare la scienza nelle formulazioni skincare.
Prese alle sue dipendenze un chimico e gli chiese di sviluppare un prodotto leggero come la panna montata.

Il risultato fu una crema di bellezza ad alta efficacia con la consistenza della meringa e un profumo gradevole, un’assoluta première che chiamò Venetian Cream Amoretta.
Per ovviare alla durezza delle lozioni del tempo, Miss Arden si preoccupò anche di sviluppare un prodotto emolliente che battezzò Elizabeth Arden Ardena Skin Tonic.

Fu questa una delle sue prime strategie di marketing rivoluzionarie: era la prima volta, infatti, che nel nome di un prodotto veniva incorporato quello di una società e del suo fondatore.

Durante il suo primo viaggio a Parigi, nel 1914, Miss Arden osservò che le donne più chic della capitale francese si recavano a teatro o all’opera con le ciglia e le guance truccate.
Al suo rientro a New York si mise subito a formulare i primi fard e polveri colorate nonché mascara e ombretti per le donne americane. Di lì a poco, il trucco, un tempo appannaggio esclusivo delle attrici di teatro, divenne indice dell’essere alla moda tra le grande dame della società.
In quel periodo le donne americane desideravano emanciparsi dagli atteggiamenti vittoriani dell’epoca che scoraggiavano, tra l’altro, l’uso del makeup e in questo anelito Miss Arden intravide una opportunità.
Partecipò al movimento delle suffragette e sfilò al loro fianco nella Fifth Avenue per reclamare il diritto al voto. Notando che portavano il rossetto rosso come simbolo del movimento, con infallibile istinto imprenditoriale decise di dotare le attiviste di rossetti Elizabeth Arden.
La spinta a creare i prodotti più validi e interessanti non si esauriva, così come non scemava la volontà dell’imprenditrice di ricercare soluzioni sempre nuove e rivoluzionarie per promuovere i suoi articoli.
Nel 1917, la maison propose i primi formati da viaggio.
Nel 1918, Miss Arden fu la prima imprenditrice dell’industria cosmetica a formare un gruppo di dimostratrici e venditrici e a distribuirle sul territorio.
In meno di 10 anni, il marchio Elizabeth Arden arrivò alla testa del settore e si assicurò una solida posizione di mercato tra le beauty company di maggior prestigio. Tra il 1915 e il 1920 i prodotti skincare Elizabeth Arden superarono in numero e in assortimento quelli di qualsiasi altra casa cosmetica a livello mondiale con 108 prodotti di makeup e profumi in 519 formati diversi.
Con l’arrivo degli anni ’20, Elizabeth Arden inaugurò i primi saloni europei a Londra, Parigi e Nizza mentre negli Stati Uniti la diffusione era ormai capillare: Philadelphia, Detroit, San Francisco, Palm Spring, Long Island.
All’inaugurazione di ogni nuovo salone, Miss Arden in persona istituiva un team di venditrici perchè apprendessero e diffondessero al meglio lo spirito Arden.
Nel 1925 le vendite interne fruttavano all’azienda un utile annuo di 2 milioni di dollari, che sarebbe raddoppiato nel giro di pochi anni.
Nel 1929 il Red Door Salon di New York si trasferisce al 691 di Fifth Avenue, dove si trova tutt’ora.
Tra i trattamenti del Salone vengono introdotti anche corsi di ginnastica, postura, yoga, danza, tip tap e scherma. Perché secondo Miss Arden, attiva sostenitrice della causa femminile, essere belle richiedeva esercizio, relax, salute del corpo e della mente.
Nello stesso anno Miss Arden fece l’audace gesto di rispedire al mittente un’offerta di 15 milioni di dollari per l’acquisto della società.
Nel 1930, riconoscendo i risultati ottenuti, proclamò senza modestia che erano solo tre i nomi americani conosciuti in ogni angolo del globo: Singer Sewing Machines, Coca-Cola ed Elizabeth Arden.
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La costituzione di un imperoNonostante le difficoltà economiche della Grande Depressione, l’azienda Elizabeth Arden arrivò presto a occupare oltre 1.000 dipendenti e a realizzare utili per 4 milioni di dollari l’anno, divenendo la prima casa cosmetica ad avere non solo una clientela retail diffusa a livello nazionale ma anche avamposti in Europa.
Tra le innovazioni più imperiture di Elizabeth Arden vi è il concetto di makeover. Negli anni Trenta, Miss Arden introdusse una delle sue idee più rivoluzionarie: un assortimento di colori per mascara, fard, rossetti e polveri.
Pioniera nel coordinare smalti e rossetti, fu anche la prima ad abbinare il trucco alle tonalità della pelle e creò il Total Look – prodotti complementari per occhi, labbra, guance e unghie.
Risale al 1930 la creazione, ormai entrata nella leggenda, di Eight Hour Cream: Miss Arden formulò un’emulsione per curare le zampe dei suoi amati cavalli da corsa dalle piaghe provocate dalle rigide temperature invernali.
Eight Hour Cream si rivelò immediatamente un unguento dagli effetti strabilianti anche sulle mani di coloro che l’applicavano sugli animali.
Attraversando tutte le decadi del 1900 ed arrivando fino ad oggi, questa crema si è trasformata in una vera e propria icona, il must have di ogni donna, la giusta soluzione ad ogni necessità ed esigenza della pelle e annovera tra le tante fan Catherine Zeta-Jones, Victoria Beckham, Cate Blanchett, Thandie Newton ed Emma Thompson.
Nel 1934 Elizabeth Arden tornò a far parlare di sé. In quell’anno introdusse in America il concetto di Spa, insistendo sul nesso tra salute interiore e bellezza esteriore.
La sua lussuosa Maine Chance Spa nei pressi di Mount Vernon, nel Maine, accoglieva una clientela benestante che poteva spendere dai 250 ai 500 dollari a settimana per farsi viziare e coccolare e per ricevere consigli in materia di diete, salute e forma fisica.
Il centro disponeva di una capacità ricettiva limitata a 20 ospiti soltanto. Miss Arden lo presentava come un posto in cui i clienti potevano dedicarsi totalmente a se stessi, egoisticamente e senza sensi di colpa.
Per ciascun ospite veniva studiato un programma alimentare e di attività altamente personalizzato; l’articolata offerta di strutture e impianti del Main Chance comprendeva campi da tennis, piste da bowling, una scuderia e persino un motoscafo da competizione.
Dopo un soggiorno presso il Maine Chance, i clienti di Miss Arden rientravano a casa in forma smagliante – sotto il profilo sia emotivo che fisico.
Nel 1935 Miss Arden rese ancora più vasto il suo fiorente impero con il lancio di una nuova fragranza, Blue Grass, che rimane una delle creazioni olfattive più personali della fondatrice del marchio.
Nasceva dai profumati campi di fiori di Grasse in Francia e fu battezzata in onore delle sconfinate praterie della regione del Blue Grass nel Kentucky. S
econdo la Arden, questo profumo fresco e leggero, punteggiato di gradevoli note floreali, coglieva l’essenza della campagna della Riviera francese e del Blue Grass, l’amata terra dei cavalli nello Stato del Kentucky.
L’origine di quel nome inusuale era riconducibile alla sua leggendaria passione per i purosangue e per l’equitazione da corsa.
I dirigenti dell’azienda sostenevano che le donne non avrebbero acquistato un profumo che faceva esplicitamente riferimento alla regione dei cavalli, ma fatto è che Blue Grass divenne un best-seller.
La maison sapeva affiancare ai suoi prodotti innovativi una straordinaria capacità di marketing, che dava enorme impulso al nome Elizabeth Arden.

Il marchio si fece pubblicità con le prime reclame proiettate nei cinematografi e Miss Arden coltivò la reputazione di beauty authority attraverso notiziari in cui dispensava consigli di bellezza e forniva informazioni sulle ultime novità in commercio.
Per distinguersi ulteriormente nell’ambito del makeup, Miss Arden ricorse a quella che lei stessa definiva la “fantasia negli affari”, creando diverse nuance da accostare alle tonalità dei vestiti e uscendo così dalla logica ristretta del trucco intonato al colore degli occhi o dei capelli.
Un concetto nuovo, grazie al quale veniva a crearsi una nuova necessità, quella di poter attingere a una palette variegata di ombretti, rossetti e blush.
Nel proporre la sua ennesima rivoluzione, Elizabeth Arden riconfermava il suo credo “ogni donna ha il diritto di essere bella” e forte di una miriade di idee e di clienti, armata di una fervida immaginazione, riusciva a traghettare stabilmente il marchio nel periodo del secondo dopoguerra.
Lo scoppio della Seconda Guerra mondiale e il suo forte impatto sui mercati esteri e sull’accesso alle materie prime non avevano colto Miss Arden di sorpresa.

Replicando la politica adottata anteriormente alla Prima Guerra mondiale, Elizabeth Arden aveva fatto provvista di materie prime con ampio anticipo e compensò la perdita di entrate dal mercato estero espandendo il business negli Stati Uniti.
I suoi prodotti, oltre a essere commercializzati nei grandi magazzini di tutto il territorio statunitense, venivano venduti anche nelle maggiori catene di drugstore. Nel pieno del conflitto, gli affari alla Elizabeth Arden erano fiorenti e la società continuava a segnare l’andatura del mercato.

Nel 1938, la rivista Fortune encomiò Miss Arden definendola “eccezionale, assolutamente, incondizionatamente, indiscutibilmente eccezionale nel campo dei trattamenti cosmetici”, riconoscendo in questo modo non solo l’efficacia e l’unicità dei suoi servizi, ma anche la sua particolare capacità di espandersi e di battere la crescente concorrenza nell’arena della cosmesi di prestigio.
All’apice del successo di Miss Arden, la stessa Fortune sintetizzò così la determinazione e la dedizione della fondatrice del marchio: “Probabilmente ha guadagnato più di qualsiasi altra donna d’affari della storia” e “nessun’altra donna di questa generazione ha saputo costruire un’azienda come la sua”.
Furono in tanti, in realtà, a riconoscere i risultati raggiunti da Miss Arden.

Nel 1946 Time la volle in copertina.
Il New York Times le attribuì il pregio di aver diffuso i cosmetici presso un ampio pubblico creando dei prodotti che potevano essere applicati in maniera professionale presso location alla moda.

Elizabeth Arden: gli anni Cinquanta
Negli anni ‘50, Elizabeth Arden era proprietaria di 30 saloni sparsi per l’America e l’Europa e oltre 300 prodotti di bellezza venivano venduti in tutto il mondo con il suo marchio.
Tra le affezionati clienti si potevano annoverare Begun Aga Khan, miss Francia 1930, la principessa Grace Kelly, Claire Booth Luce, ambasciatrice Usa in Italia negli anni ‘50, e la First Lady Mrs. Dwight Eisenhower.
Quando nel 1959 venne lanciata la Chrysler Imperial, ogni nuova auto aveva come optional un elegante beauty-case ricolmo di make up Elizabeth Arden.
Le campagne pubblicitarie si moltiplicavano così come le clienti, nuove formule di bellezza riempivano vasetti e trousse, vennero inaugurati altri saloni Red Door. E Miss Arden era sempre lì.
Dal suo appartamento sulla Fifth Avenue anche ottantenne approvava pubblicità e controllava i nuovi prodotti da proporre sul mercato. Non andò mai in pensione.
Il dopo Miss Arden: “The Show Must Go On”
Miss Arden si spense nel 1966 dopo aver creato un impero e una nuova industria da miliardi di dollari.
I suoi successori, facendo proprio il motto “The show must go on” tanto apprezzato dalla Arden, hanno perseguito fedelmente le aspirazioni rivoluzionarie della fondatrice, portandone avanti l’eredità attraverso prodotti ricchi di inventiva, radicati nel lusso e capaci di costruire una forte identità di marchio, continuando allo stesso tempo a promuovere l’innovazione scientifica nel campo della bellezza.

Anche la cosmetica e lo skincare hanno fatto enormi balzi in avanti, gettando le basi delle odierne conquiste del brand Elizabeth Arden.
Così, negli anni 70 e 80 si sono affacciati sul mercato la collezione skincare Millenium e le linee makeup Flawless Finish.
Poco prima dell’inizio del nuovo millennio, la maison ha lanciato con successo profumi diventati poi famosi, come Red Door e Green Tea nonché la rivoluzionaria linea anti-aging per la pelle Ceramide, dimostrazione dell’inestinguibile genio del marchio e della sua determinazione a creare prodotti raffinati in grado di soddisfare le mutevoli esigenze delle consumatrici.


Nel 2001 French Fragrances, Inc. (FFI), una società leader nella produzione e commercializzazione di profumi di prestigio, ha rilevato Elizabeth Arden e ne ha assunto il nome, affiancando all’autorevolezza e all’attrattiva mondiale del marchio la capacità del nuovo titolare di interloquire con un pubblico più vasto.
Sotto la guida di E. Scott Beattie, Presidente e CEO di Elizabeth Arden Inc., l’emblematico marchio della cosmesi americana ha subito una trasformazione in senso moderno.
La nuova Elizabeth Arden ha intrapreso un aggressivo piano di espansione globale che l’ha portata a compiere enormi passi avanti, attraverso innovazioni nei comparti skincare e makeup e importanti acquisizioni a livello di fragranze.
Tutte mosse che hanno permesso di ampliare la portata della società sui diversi mercati.
Questa evoluzione ha portato alla conquista di nuovi canali di distribuzione, potenziato la quota di mercato dell’azienda e assicurato innumerevoli nuovi punti vendita che sono andati ad aggiungersi a un elenco già impressionante.
L’offerta attuale dell’azienda comprende il brand Elizabeth Arden con i prodotti skincare, makeup e fragranze e i trattamenti antietà PREVAGE®, i marchi di profumo legati alle celebrità (Elizabeth Taylor, Mariah Carey, Britney Spears, Hilary Duff, Danielle Steel e Usher), al mondo della moda (Juicy Couture, Alberta Ferretti, Alfred Sung, Badgley Mischka, Bob Mackie, Gant, Geoffrey Beene, Liz Claiborne, Halston, Lucky Brand, Nanette Lapore, Rocawear) e ai brand lifestyle (Curve, Giorgio Beverly Hills e PS Fine Cologne).
Nell’intento di dare al marchio Elizabeth Arden un volto glamour e attuale, nel 2002 la società ha scelto come sua spokeperson mondiale il premio Oscar Catherine Zeta-Jones, che ha dato un forte contributo al successo del brand.
Proseguendo la tradizione di Miss Arden, il marchio si è confermato alla testa dell’innovazione nel settore skincare, introducendo nel 2005 il primo vero prodotto cosmeceutico, PREVAGE® Anti-aging Treatment, una linea da diversi milioni di dollari diffusa in tutto il mondo.

I prossimi 100 anni
Miss Arden aveva abbracciato l’innovazione con la consapevolezza che le colonne portanti della sua azienda erano la credibilità del nome e la valenza iconica della sua Red Door. Elizabeth Arden ora guarda al futuro traendo ispirazione da una robusta storia costellata di successi.
Quello spirito imprenditoriale innescato da Miss Arden nel 1910 è oggi vivo più che mai.
Elizabeth Arden vanta un portafoglio di prodotti skincare, makeup e fragranze improntati all’innovazione e permeati dall’idea cardine della filosofia di Miss Arden: “ogni donna ha il diritto di essere bella”.
La maison è posizionata tra le prime realtà mondiali dell’industria della bellezza ed è destinata a crescere.

Un lavabo nommé Lavinia


Dotée d’un ingénieux et élégant système d’écoulement de l’eau, cette vasque imaginée par le designer australien Dallas Winspear qui a terminé finaliste du Reece Bathroom Innovations Award grâce à son idée.

Vélo fashion




Meilleur ami du citadin engagé et symbole incontesté de l’éco-responsabilité, le vélo a été choisi pour être au centre de l’opération caritative « BeCycle & Fashion » mené par la Chaîne du Coeur (première Web-tv de la solidarité et de l’environnement) et l’agence RP Idenium.

Mobilisant plusieurs grands noms de la mode et du design tels qu’Agatha Ruiz de la Prada, Marithé + François Girbaud, Ora-ïto, Kenzo Takada, Jean-Claude Jitrois, ou encore Antik Batik … ces derniers se sont prêtés au jeu de la customisation du célèbre vélo « fixed gear » de Peugeot, au profit de l’association ACT Responsible.

Cette collection unique de 12 vélos « arty » sera vendue aux enchères à l’automne 2010 au profit de l’association ACT Responsible, par Maître Cornette de Saint-Cyr, après avoir été exposée à Paris dans des lieux sélectifs et à Cannes lors de Festivals (Festival International du Film de Cannes, Art Affair au Carlton, Festival International de la publicité Lions de Cannes).

LES CREATEURS PARTENAIRES DE BE CYCLE&FASHION 2010 :
AGATHA RUIZ DE LA PRADA, marraine de l’opération
YLAN ANOUFA
ANTIK BATIK
KARIM BONNET
FRANCOIS DURIS POUR PEUGEOT
MARITHE + FRANCOIS GIRBAUD
ELIEUX by KAORI ITO
JEAN-CLAUDE JITROIS
JEROME L’HUILLIER
ORA-ÏTO
ON AURA TOUT VU pour SWAROVSKI
KENZO TAKADA

lunedì 23 agosto 2010

Parigi rive gauche rive droite




Divisa in due dalla Senna, l’intellettuale Rive Gauche e la mondana Rive Droite, Parigi è una città da scoprire camminando.
15 chilometri di lungofiume collegati da trentasei ponti e fiancheggiati da una serie incredibile di monumenti (patrimonio dell’umanità dichiarato dall’Unesco) e 1910 metri di Champs-Elysèes, la via trionfale dello shopping con vetrine sempre nuove, la strada più famosa del mondo, tra gallerie, brasserie, atelier, cioccolaterie, grandi magazzini.
Questo, tanto per cominciare.

L’intellettuale Rive Gauche è una delle più interessanti da vivere, perdendosi tra le strade eleganti della cultura e dell’arte, da rue du Bac a rue des Saints-Pères, tra gallerie d’arte, brasserie, centri universitari.

Bisogna cominciare dal lungo boulevard Saint-Germain des-Près dove è nato l’esistenzialismo e dove sopravvivono stradine e piazzette, con caffé e bistrot, dall’aria ancora provinciale.
Di fronte all’omonima chiesa, la più antica di Parigi, si trova il Les Deux Magots, sosta obbligata di tutti gli intellettuali di passaggio nella città.
Di fianco compare l’edicola più famosa di Parigi, La Hune, gestita da Madame Goubert la sibilla invocata da tutti i magnati della carta stampata per consulenze di ogni tipo.
E’ la libreria dell’arte, della moda e della fotografia per eccellenza.

Attraversando rue St-Benoit si arriva al famoso Cafè de Flore, datato 1890, dove si incontravano Sartre e Simone de Beauvoir, Cocteau e Genet e, nel dopoguerra, Picasso che ne ha consacrato definitivamente la fama, insieme alla cantante Juliette Gréco.
Sulla stessa via, La Bilboquet, santuario del jazz dal 1947 scelto spesso per le loro serate private da Liza Minnelli e David Bowie.

Piacevole camminare respirando l’aria di una certa nobiltà, tra turisti incantati davanti alle vetrine generose della brasserie Lipp (quella descritta da Hemingway in Festa mobile e quella dove pranzavano i presidenti francesi Francois Mitterand e George Pompidou), che scrutano l’interno elegante e affrescato forse per scovare qualche volto noto del cinema o della politica.
Tempio dell’arte e della moda è invece rue de Seine dove si trova la Chapelle des Petite Augustins nell’Ecole des Beaux-Arts, dove sono raccolte le copie delle statue più famose del mondo.

Ma la Rive Gauche non è solo Saint-Germain.
La parte finale del boulevard è compresa all’interno del Quartiere Latino, la “cittadella” degli studi.
Il nome di questa storica zona parigina risale al XIII secolo quando, nelle aule dell’università Sorbonne qui ospitata, si imparava il latino, lingua ufficiale fino alla Rivoluzione. La maestosità della struttura, simbolo del sapere più illustre, si affianca a quella del prestigioso Lycée Luois le Grand, che tra i suoi banchi ha visto Molière, Robespierre, Gugo, Baudelaire e dove insegnò anche Sartre.

Via vai di studenti e studiosi, docenti e letterati, le strade del Quartiere latino aprono il sipario su scene di vita giovanile, fervida e vibrante, condensata sulle panchine della piazza della Sorbona, ai tavoli della Brasserie Balzar o attorno alla fontana di piazza St-Michel.
Da questa piazza si può salire fino al bellissimo Panthéon dove sono sepolti Victor Hugo e altri grandi personaggi della storia francese.
E’ difficile appuntare tutti i riferimenti, culturali e storici, che spuntano ad ogni angolo di questo quartiere. C’è la chiesa di St-Julien-le-Pauvre dove sostava in preghiera Dante nei suoi ritiri parigini, vicino a rue de la Harpe, una strada piena di bistrot e brasserie dove perdersi davvero senza badare al tempo che passa.


Ultima moda parigina: a Parigi si balla il tango sui "quais" della Senna.

D'estate tutta Parigi si riversa lungo i bordi della Senna: chi per cercare un po’ di fresco, chi per godersi uno scenario incantevole, ma anche chi, insaziabile di Tango, non vuole rinunciare ad una romanticissima milonga a bordo fiume. Se vi trovate di passaggio nella capitale francese, non perdete dunque l'occasione per imbattervi in una delle serate più curiose e divertenti che Parigi offre in questo periodo dell'anno.

Il "Tango sui Quais", letteralmente "tango a bordo fiume", è un'iniziativa che nasce dall'idea di alcuni amanti del tango che, concluso "l'anno accademico", hanno deciso di prolungare le milonghe fuori delle sale da ballo.
Inizialmente si trattava di un appuntamento pressoché auto - organizzato, dove una ristretta cerchia di amici si ritrovava sui quais, accendeva la radio ed apriva le danze. Nel tempo però l'iniziativa ha riscosso grande successo, fino a contare centinaia di persone che oggi si danno appuntamento attraverso internet, su siti come: http://www.tango-argentin.fr/quais-seine.php, dove è possibile conoscere in anticipo informazioni ed orari.

Quest'anno si balla sulla rive gauche, all'altezza del Port Saint Bernard, a due passi dal meraviglioso Jardin des Plantes, il giardino botanico di Parigi. Generalmente i ballerini arrivano già in coppia, ma non manca certo l'occasione per fare conoscenza ed inaugurare nuove possibili sinergie.
Anche principianti e curiosi possono "iniziarsi" al ballo: infatti, l'iniziativa si è ormai aperta all'esterno e prevede veri e propri corsi organizzati da professionisti.

Di recente è nata l'associazione culturale Paris Dances en Seine, con l'obiettivo di coordinare appuntamenti, corsi, autorizzazioni e rapporti con le autorità cittadine.
Le danze, aperte a giugno, proseguiranno fino agli inizi di settembre: durante la settimana gli orari vanno dalle 20.30 a mezzanotte, mentre nei nei week-end e festivi si arriva fino all'una.
Che siate amanti di tango o meno, poco importa: se passate da queste parti, prima di ripartire, lasciatevi l'opportunità per un "ultimo tango a Parigi".
E se non sarà la danza a rapirvi, potrebbe farlo tutto il contesto!

Sting bio addicts


Le leader de Police de 58 ans a présenté au côté de son épouse Trudie et dans un cadre champêtre, sa nouvelle boutique de vin bio "Tenuta il Palagio", en Toscane.

"Je n'utilise que des méthodes artisanales, sans aucun pesticide. Ce sera un vin parfaitement biologique, je veux m'impliquer, défendre et faire la promotion de l'agriculture bio toscane", avait-il annoncé dès 2009.
Avec ce nouveau point de vente, il confirme son investissement dans la cause bio et le fait avec bonheur auprès de sa bien-aimée Trudie.

Le magasin s'appelle "Tenuta il Palagio" et est situé près d'un champ de tournesols dans un petit village italien situé au sud-est de Florence.

Huile d'olive, vin rouge, miel, légumes... Tous les produits vendus dans la boutique sont bio et issus de leur propriété familiale en Toscane.

Ainsi, le couple s'est rendu en bicyclette à l'inauguration de leur boutique en présence de voisins, de résidents locaux et du maire de la ville voisine, Figline Valdarno.

Momenti al parco nella capitale francese





Parigi è la capitale più verde d’Europa, grazie a più di 400 tra parchi e giardini sparsi in ogni parte della città.
Se per praticare jogging o passeggiare uno può valere l’altro, per attività sportive e ludiche, anche in piena estate, bisogna saper scegliere a seconda delle proprie esigenze.

A Sud di Parigi il Parc Montsouris (14° arrondissement) o il centralissimo Jardin du Luxembourg (6° arrondissement), ad esempio, propongono per i più piccoli delle piacevoli passeggiate a dorso di pony e aree-gioco recentemente rinnovate.
Ma è ad ovest della capitale che si trova il Bois de Boulogne, il più grande parco cittadino, una vera oasi di pace.
Con i suoi 14 chilometri di pista ciclabile, i 28 chilometri di pista per cavalcare, i laghi e i numerosi canali è uno degli spazi verdi più importanti dell’intera regione parigina.

A sud-est, invece, il Bois de Vincennes è perfetto per una passeggiata romantica sul lago, ma anche per una battuta di pesca o per una semplice cavalcata. I più sportivi non avranno che l’imbarazzo della scelta tra tennis, football, rugby e lunghe escursioni.
Ma la cosa interessante ed ecologica, è che sia il Bois de Boulogne che quello de Vincennes sono raggiungibili in bici dal centro della città.
Per gli amanti delle 2 ruote va inoltre segnalato un percorso interessante che parte dal Canale Saint Martin prosegue sul canale dell’Ourcq per concludersi a Sèvran 16 chilometri a nord di Parigi facendo scoprire l’archeologia industriale della città.
Per chi invece voglia pedalare immerso nel verde il percorso da scegliere è quello che permette di raggiungere il Parco di Sceaux (12 chilometri in direzione Sud).

Infine, per gli appassionati di sport acquatici esistono basi nautiche intorno alla città, luoghi che possiedono le infrastrutture necessarie per questo tipo di attività: specchi d’acqua, spiagge artificiali, terreni di gioco, aree per picnic e tutte le attrezzature del caso.
Come quella di Cergy-Pontoise (40 km nord-ovest) dove, grazie ad un bacino di 90 ettari, è possibile praticare windsurf, barca a vela, pedalò o, più semplicemente una bella nuotata.

Oppure le basi nautiche di Creteuil (a sud-est) e di Saint-Quentin-en-Yveline (a sud-ovest) che propongono noleggio di catamarani e sci-nautico.
Invece, chi non può o non vuole allontanarsi troppo dal centro di Parigi può restare nel 19°arrondissement, nel bassin de la Villette (a Nord di Parigi) dove è possibile praticare canottaggio tutto l’anno o a Bry-sur-Marne per corsi di canoa di tutti i livelli.

L'arte urbana a Belleville



Belleville è un quartiere meticciato e multietnico dove il grande fermento sociale crea un terreno fertile per la nascita di locali sui generis, gallerie d'arte, atelier, luoghi di ritrovo e socialità che garantiscono tante opportunità di confronto tra i suoi abitanti.

In questo ex quartiere operaio diventato tempio della nuova bohème,(e dei nuovi "bobo" parigini) anche l'arte di strada ha trovato il suo posto e ha conquistato tanto i muri degli edifici, quanto le miriadi di altri supporti metropolitani come pali della luce, targhe delle vie, cestini in metallo, contatori elettrici ed insegne della metro.

Molti sono gli artisti della capitale che hanno scelto Belleville come luogo per i propri interventi estetici.
Tra questi, i più costanti sono senz'altro Mesnager, Mosko e Nemo.

Accanto a nomi forse più noti nel panorama dell'arte urbana parigina come Blek, Miss.tic, Speedy Graphito e Space Inveders, questi artisti hanno espressamente eletto il XX° arrondissement come teatro delle loro performance estetiche.

Mesnager è forse uno dei più vecchi artisti di strada della capitale e le sue silhouette bianche sono immediatamente riconoscibili: Mesnager traccia con un gesto rapido queste esili figurine che, nonostante l'approssimazione del tratto, sprigionano un dinamismo e un'espressività davvero rimarchevole. Ultimamente si è dedicato più di frequente alla pittura, trasferendo le medesime silhouette sul più nobile supporto della tela ed esponendo nelle gallerie di prestigio di rue Matignon.

Mosko è invece tipografo di mestiere e pittore autodidatta.
Il suo universo figurativo è popolato di animali esotici eseguiti attraverso la tecnica dello stencil. Le gabbie dello zoo immaginario di Mosko si aprono per fare uscire tigri, pantere, gazzelle, elefanti e giraffe che si aggirano indisturbate per le strade del quartiere. Un intervento che, a detta dello stesso Mosko, muove dalla volontà di inserire dei colori sgargianti nel grigio monocromo che appiattisce i quartieri delle nostre città.

Anche Nemo è legato alla tecnica dello stencil ma, al contrario alle figure multi - color tracciate da Mosko, riproduce silhouette completamente nere.
I suoi personaggi sono delle ombre scure, rivitalizzate però da variopinti attributi come ombrelli, aquiloni o valigette.
Sono immagini che se da un lato ricordano la bizzarria del circo, dall'altro ci riportano a quell'atmosfera carica di mistero caratteristica della pittura surrealista.

Ai tre artisti è stata dedicata una mostra collettiva all'interno del Pavillon Carré de Baudouin, uno spazio espositivo di arte contemporanea situato in rue de Ménilmontant, nel cuore del XX° arrondissement.
La mostra è corredata da una mappa di Belleville, sui cui vengono segnalati i lavori di street art da scoprire nel quartiere.

Si tratta di una ventina di interventi effettuati a partire dai primi anni '80 e che hanno resistito alle campagne di "bonifica" intraprese dal Comune di Parigi.

Un percorso fuori dalle convenzionali rotte del turismo che ci porta alla scoperta di un quartiere tenacemente creativo. Se oggi Belleville continua a suscitare questo interesse spasmodico, rendendosi famoso ben oltre i confini nazionali, probabilmente lo deve anche all'instancabile lavoro di questi artisti.

L'intera mappa del percorso è consultabile all'indirizzo:
http://www.mairie20.paris.fr/mairie20/jsp/site/Portal.jsp?document_id=16938&portlet_id=2764

Charlotte Perriand, la donna che creo' il design




Attraversò tutto il secolo al quale appartenne, partecipando a definirne i nuovi canoni estetici.

La francese Charlotte Perriand, morta a 96 anni nel 1999, ha affermato il privilegio di essere donna, architetto e designer in un’epoca non incline a valorizzare le voci femminili.

Fino al 24 ottobre una grande antologica al Museum für Gestaltung di Zurigo raccoglie il suo prolifico genio creativo.

Al fianco di Le Corbusier e suo cugino Pierre Jeanneret per dieci anni, e poi da sola nel suo studio fondato nel 1937, ha progettato fra i più famosi oggetti di arredo della storia del design, molti dei quali sono ancora in felice produzione in Italia da Cassina, nella collezione I Maestri.

La chaise longue a posizionamento continuo, il più celebre, è uno di questi, parte di una serie di mobili presentati nel 1929 al Salon d’Automne di Parigi. Reinterpretò la modernità dei tubolari d’acciaio sulle tracce delle tradizione del bambù, nel lavoro svolto durante la sua permanenza in Giappone, durante la Seconda Guerra mondiale dal ’40 al ’46. Ispirazioni orientali che segnano gran parte della sua vita progettuale.

La sedia Ombra (1954) sviluppata su un unico pezzo stampato di compensato piegato come un foglio di carta, ma anche alcuni dei suoi tavoli di anni più recenti, coniugano lo stile asciutto costruttivista con una più piena sensualità spirituale, derivante da una sua naturale inclinazione per l’arte, condivisa con Fernad Léger nel movimento Art Brut. A questo aspetto della sua attività, la mostra di Zurigo dedica un ampio spazio esponendo le opere di collage fotografici risalenti agli anni Trenta, che documentano il suo attivo interesse verso i più scottanti temi sociali.

Insieme alla ricostruzione di opere effimere realizzate con l’artista per esibizioni temporanee (il Padiglione dell’Agricoltura, 1937), oltre alla inedita documentazione fotografica dei luoghi dove visse.
Ebbe contatti con i più grandi architetti dell’epoca - Jean Prouvé, oltre ai già citati, e i costruttivisti russi - e si dedicò con successo alla realizzazione di famose stazioni sciistiche dell’Alta Savoia, lasciando anche lì la sua sensibilità per la creazione di un moderno stile di vita che migliorasse le condizioni umane degli uomini di tutte le classi sociali.
Un impegno cui ha tenuto fede per tutta la vita.

Charlotte Perriand − Designer, Photographer, Activist
Museum für Gestaltung Zürich
16 luglio - 24 ottobre 2010
A cura di: Andres Janser (direttore del Museo) con l’architetto Arthur Rüegg
Principali sponsor: Cassina e Ambasciata di Francia in Svizzera

In concomitanza, fino al 22 agosto:
Resonance. Charlotte Perriand and her traces in Brazil
Al Forum del Gewerbemuseum, Winterthur


Link correlati:
www.museum-gestaltung.ch
www.cassina.com

Ron Arad, un anglo israeliano a New York





Da Parigi alla Grande Mela.

Al MoMA, in gabbia, l’architettura e il design di Ron Arad

New York, in agosto, al cinema si proiettano i film più attesi dell’anno e nei musei si inaugurano eventi.
Per entrare al MoMA, la fila sulla 53esima Strada può arrivare fino alla 6th Avenue.

L’allestimento curato dallo studio Arad comprende la cosiddetta Cage sans Frontières, gabbia monumentale in Cor-Ten, acciaio inox e garza, che come un nastro di Mobiüs, occupa in maniera dinamica la Museum’s International Council gallery ospitando, tra le sue celle, 140 opere tra cui: disegni di progetto, modelli, e video.
Il piano dello show è il sesto. Molti dei visitatori si perdono tra le rampe che smistano ai vari livelli, cosicché, arrivati a destinazione, si ritrovano in mezzo a turisti europei. si parla francese e italiano. Qualcuno si siede sul grande divano rosso che accoglie gli “ospiti”. Il suo essere scultoreo preannuncia la mostra.

La galleria è immersa nell’oscurità: luci basse lambiscono grandi oggetti addossati a pareti scure.
I prototipi in ferro hanno un valore incalcolabile.
Al centro, più piccola del previsto, la gabbia che cattura cose e persone: la girandola infinita.
Il contenuto è un condensato di oltre 25 anni di attività disposti in ordine cronologico. La forma dell’8 rende più evidenti le figure ricorrenti, i rimandi, le autocitazioni.
È come un loop, che mette in scena la contemporaneità di un creativo borderline, in bilico tra ricerca e mercato, arte e design, edizione limitata e serialità, astrazione e praticità.

Forse, dell’indisciplinato designer, è questo che non è piaciuto alla Smith: il non schierarsi, il rifiuto di qualsiasi etichetta. Arad ha successo e non ostenta purezza. In America può destare sospetti.
Per il resto la mostra, che arriva da Parigi, è un saggio istruttivo di design contemporaneo, raccontato con tutti i mezzi di comunicazione che oggi un designer ha a disposizione.
Non desta scandalo né fa gridare al miracolo. Ricostruisce un pensiero, di qualità, che è anche un lavoro: ne mostra le possibilità e - perché no? - le opportunità.


RON ARAD:NO DISCIPLINE
The Museum of Modern Art
11 West 53 Street, New York
(212) 708 9400
info@moma.org

chiuso il martedì

in mostra fino al 19 ottobre

LINK CORRELATI:
www.ronarad.com

www.moma.org

venerdì 20 agosto 2010

"Graphic Design dal Giappone" a Venezia



In cento poster la grafica giapponese degli anni Duemila.

A Venezia le più recenti espressioni dell’arte nipponica del manifesto: a confronto opere realizzati nell’ultimo decennio da grandi maestri e artisti emergenti

28 agosto 2010 - 20 ottobre 2010


photo :Tanaka Ikko, Kastuo Ohno’s Buto Dance: flower, anno 2001

Dal 28 agosto al 20 ottobre, La Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia presenterà, nella Galleria di Piazza San Marco, la mostra “Graphic Design dal Giappone. 100 poster 2001- 2010”, curata da Rossella Menegazzo.

Tra tradizione e modernità, eleganza della linea, armonia di segni e ricchezza di colori, l’esposizione presenterà le opere più significative realizzate negli ultimi dieci anni sia dai migliori esponenti della grafica giapponese, tra cui Kazumasa Nagai, Mitsuo Katsui (1931), Masayoshi Nakajō (1933), Shin Matsunaga (1940), Katsumi Asaba (1940), Kōichi Satō (1944), quanto dalle più recenti promesse, trentenni come Chie Morimoto, per un totale di cento manifesti, scelti tra migliaia di opere che ogni anno competono per aggiudicarsi i premi più prestigiosi: non a caso, i manifesti sono stati selezionati da un comitato formato da due maestri della grafica contemporanea, Kazumasa Nagai e Shin Matsunaga, in collaborazione con l’International Hokusai Research Centre,e sono rappresentative della produzione delle principali associazioni di graphic designer e art director di Tokyo come Art Directors’ Club (Adc), Japan GraficDesigners’ Association (Jagda), Type Directors Club (Tdc).

Sin dall’antichità il Giappone si è distinto nell’arte del manifesto, genere dal forte impatto comunicativo e decorativo, che ha da sempre affascinato l’Occidente non solo per la ricchezza cromatica e la raffinata sensibilità estetica, ma anche perché in esso sono riflessi il gusto e i costumi di una società. Persino l’ukiyoe, che aveva incantato artisti come Manet, Monet e Van Gogh, era ritenuto, tra la seconda metà dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, un mezzo per approfondire la conoscenza delle usanze giapponesi, tramite la forma artistica.
Non a caso, nei manifesti si fondono saperi antichi, che richiamano la tradizione calligrafica e la grafica giapponese, ma che si arricchiscono continuamente dei nuovi contenuti attinti dalla modernità, dai ritmi e dalle esigenze dei tempi attuali, come si osserverà dai manifesti in mostra.

La mostra assume un significato particolare se si considerano due aspetti: in primo luogo, il rapporto di collaborazione culturale che si è venuto a creare tra Italia e Giappone in questo campo da oltre trent’anni, in secondo luogo, il fatto che il 15 agosto ricorrono i sessantacinque anni dalla tragedia di Hiroshima (e di Nagasaki il 9 agosto), evento che viene commemorato a scadenza annuale dai maggiori graphic designer giapponesi: denominata “Hiroshima Appeals”e Gianni Quaranta, in qualità di art director (prodotto da El Ingenioso Hidalgo in associazione con Franco Nero).

Le ultime scene del film, ricco di riferimenti alla cultura giapponese, sono state ambientate all’Aquila, prima del terremoto, mentre il breve documentario che lo accompagna, dal titolo Tornando a L’Aquila (2010), è stato girato dopo il tragico evento negli stessi e luoghi con gli stessi attori., la campagna di sensibilizzazione per la pace si realizza attraverso la produzione di una serie di manifesti, alcuni dei quali saranno visibili in mostra, per non dimenticare le vittime delle due bombe atomiche.
Con lo stesso intento, nei giorni di apertura della mostra, alle 11 e alle 15.30, sarà proiettato Angelus Hiroshimae (2010), film ispirato al Libro degli Haiku di Jack Kerouac, scritto e diretto da Giancarlo Planta, con la colonna sonora di Ennio Morricone.

Collegamenti
In rete Fondazione Bevilacqua La Masa

martedì 10 agosto 2010

Les israéliens d' Alrov achetent le Lutetia



L'hôtel Lutetia à Paris a été racheté par le groupe israélien Alrov.

Tout un symbole : durant l'occupation, les nazis avait réquisitionné l'établissement qui avait ensuite accueilli les rescapés des camps à la fin de la guerre.

Le célèbre hôtel Lutetia à Paris a été vendu au groupe israélien Alrov, annonce le Groupe du Louvre dans un communiqué parvenu samedi, sans préciser le montant de la transaction.

En mai, des sources concordantes avaient indiqué que le groupe Alrov allait acheter le Lutetia pour 150 millions d'euros, avec l'objectif d'en faire le palace de la rive gauche, confirmant des informations du Figaro.

Le groupe Alrov avait alors annoncé avoir déjà versé 10 millions d'euros en vue de l'acquisition de l'hôtel, qui fête cette année son centenaire.

Le rachat du Lutetia par un groupe israélien est tout un symbole: cet hôtel avait été réquisitionné durant l'Occupation par les nazis puis avait accueilli les rescapés des camps à leur libération.

Louvre Hôtels, propriété du fonds américain Starwood Capital depuis 2005, est le deuxième groupe hôtelier en Europe derrière Accor. Starwood, dont la dette s'élève à 1,6 milliard d'euros, veut se désengager de l'hôtellerie de luxe pour ne garder que l'hôtellerie économique (Kyriad, Campanile, Première Classe).

Starwood souhaite ainsi se séparer du Crillon, de l'Hôtel du Louvre ainsi que du Concorde Lafayette à Paris, mais aussi du Martinez à Cannes ou encore du Palais de la Méditerranée à Nice.

Fondé en 1978, le groupe immobilier Alrov est notamment à la tête de deux hôtels de luxe à Jérusalem, The David Citadel et The Mamilla Hotel. Il a réalisé en 2009 un chiffre d'affaires de 185,6 millions d'euros, pour un résultat net de 94 millions d'euros.

Dans le club très fermé des palaces parisiens, le George V appartient déjà à un groupe étranger, le canadien Four Seasons, et le Bristol au groupe allemand Oetker.

De nouveaux entrants sont attendus par ailleurs d'ici la fin de l'année, notamment le Shangri-là, qui sera exploité par un groupe de Hong Kong et devrait drainer notamment une clientèle asiatique.