giovedì 3 giugno 2010

Elio Luxardo, un fotografo "vintage"






Conosciuto soprattutto per i suoi ritratti delle star del cinema italiano, tra 1930 e 1950, ma anche straordinario fotografo pubblicitario, di moda, di interni, Luxardo, antesignano di Robert Mapplethorpe e parallelo al più famoso Cecil Beaton, dedica grande attenzione al dettaglio della figura e del corpo umano.

Elio Luxardo (1908-1969) nasce da genitori di origini italiane in Brasile dove si afferma dapprima come atleta e poi come autore di documentari.
Dal padre fotografo di professione impara molto lavorando con i fratelli nello studio di famiglia.
Quando, nel 1932, si trasferisce a Roma, si iscrive al Centro sperimentale di cinematografia col sogno di diventare regista.
Bello, disinvolto ma soprattutto insofferente della disciplina, abbandona la scuola, entra nello studio del fotografo Sem Bosch e ne rileva quasi subito l’attività affermandosi rapidamente come ottimo ritrattista.

Nel suo studio di via del Tritone 197 (e, dal 1944, in quello milanese di corso Vittorio Emanuele) sperimenta quel particolare uso delle luci che aveva imparato sui set e che ritrovava, da grande e competente appassionato del cinema, soprattutto nei film americani.
Inevitabile che fossero proprio i divi di Cinecittà e gli attori di teatro ad amare i suoi ritratti, che avevano il pregio di non essere mai ripetitivi perché scaturivano da intuizioni estrose più che da un progetto estetico predefinito.

Avere un ritratto firmato Luxardo era diventato così importante che nel dopoguerra la vincitrice del concorso Miss Italia ne riceveva uno come premio.
Davanti al suo obiettivo non passavano soltanto personaggi affermati – politici, nobili, scrittori, oltre ad attori e attrici – ma anche uomini e donne che il fotografo metteva in posa per esaltare uno sguardo, un’espressione, una postura così attentamente studiata da farli sembrare tutti protagonisti di qualche film noir, drammatico o passionale.
Come ogni bravo professionista, tuttavia, Elio Luxardo sapeva esprimersi anche in altri campi firmando servizi di moda piuttosto innovativi e importanti campagne pubblicitarie che oggi ci sembrano più semplici di quanto non fossero allora.
Ma sono le sue ricerche personali a colpire per la loro bellezza asciutta e suggestiva.

I nudi femminili e quelli maschili sono il frutto dei giovanili esordi come scultore, ma soprattutto provengono dalla sua capacità di considerare il corpo in una sua assoluta plasticità lontana in egual misura dalla morbosità e dalla retorica.
Quello femminile è di una bellezza eterea che sembra plasmata dalla luce e disegnata da una grazia leggera mentre quello maschile è scattante, elastico, capace di evocare una classicità antica ma anche di anticipare quella forza prorompente e sfrontata poi cara a Robert Mapplethorpe.

Dallo Studio Luxardo non uscivano immagini qualsiasi, ma istantanee che catturavano le note caratteristiche degli attori.
I loro volti si illuminavano di un fascino misterioso e suscitavano emozioni, in chi le osservava, in tutto simili a quelle che davano agli spettatori nei cinema.
Questa era la qualità delle fotografie dei fratelli Elio, Aldo ed Elda Luxardo, il saper fermare l'istante espressivo del soggetto ritratto, quando questo coincideva e rappresentava il personaggio cinematografico. Luci diffuse, integrate da riflessi, sfondi scuri e tagli di luce che scolpivano i volti e disegnavano i corpi contribuirono alla nascita, negli anni '30 di uno stile che fece scuola e segnò un'epoca.
All'inizio lo studio di via del Tritone era frequentato da dive, campioni dello sport, intellettuali e artisti, da Luigi Pirandello a Filippo Tommaso Marinetti, da Assia Noris a Isa Miranda, da Valentina Cortese ad Alida Valli, fino al campione del mondo di pugilato Primo Carnera.

Il dopoguerra fu caratterizzato dalla collaborazione con gli spettacoli di rivista e l'inizio del concorso di 'Miss Italia', da dove nacquero personaggi del calibro di Sophia Loren, Gina Lollobrigida e Lucia Bosè.
Ora sono i divi del cinema della Dolce Vita a farsi fotografare dai Luxardo.

Lo stile cambia, le luci diventano meno taglienti, più morbide, ma l'incisività è la stessa, anche se appare avvolta in una leggera sfumatura di nostalgia, di mistero e di dolcezza. Questo stile, unico nel suo genere, regalò alle foto Luxardo una fama che non è mai tramontata e che coincide con "il fascino - come afferma Claudio Strinati, soprintendente per i Beni artistici e storici di Roma -, che non è solo quello della bella donna o dell'uomo seduttore, ma è percepito come una suggestione misteriosa e inanalizzabile che chiunque è in grado di avvertire".
"Lo stile Luxardo - dice ancora Strinati - estrae la persona dal riferimento necessario a una sua peculiarità artistica e ne fa il personaggio con cui, da quel momento in poi, sia il pubblico sia i critici si riconosceranno e si potranno identificare.
L'immagine Luxardo non è più la posa classica di fronte all'obiettivo e non è ancora l'immagine intesa come 'tranche de vie', quando il fotografo approfitta di un attimo fugace in cui la persona rappresentata rivela la propria intimità".
E' fondamentale, comunque, che fra il personaggio e il fotografo si instauri "il giusto feeling", sostiene Tiziana Luxardo, figlia di Aldo e continuatrice della tradizione familiare, il cui ritratto di Alessandro Gassman è esposto in mostra assieme a quello dal padre Vittorio.

"A volte, quando non si instaura subito la giusta sintonia - afferma Tiziana Luxardo - è necessario molto tempo perchè il personaggio 'si sciolga', divenendo naturale e 'duttile', tale cioè da rappresentare l'idea che di lui ha il fotografo. In ogni caso - sottolinea - resta sempre a discrezione di quest'ultimo stabilire se e quando il risultato voluto è stato raggiunto.

E' infatti chi sta dietro alla macchina fotografica a interpretare e a diriggere il soggetto da raffigurare". Intervistata nel suo nuovo studio romano di via del Gambero, dove si è accolti dai ritratti di Guglielmo Marconi, Luigi Pirandello, Ottorino Respighi, Pietro Mascagni e da giovanissime Lollobrigida e Loren, oltre che da una scultura raffigurante Primo Carnera in posa da combattimento, Tiziana Luxardo descrive come il padre e i suoi zii realizzavano le loro fotografie.
"C'era prima la fase del trucco del soggetto - racconta -, quella dell'allestimento della sala di posa, con gli sfondi e le luci che si ritenevano più adatte al personaggio.
La macchina fotografica era un banco ottico poggiato su un cavalletto con una lastra sei per nove su cui veniva impressa l'immagine. La lastra veniva successivamente lavorata dai ritoccatori, che spianavano o eliminavano con degli stiletti eventuali difetti. A volte però questi erano rispettati, se caratterizzavano particolarmente il volto dei personaggi.
Seguiva poi la fase del ritocco direttamente sulla foto stampata, che avveniva con pennelli e china. Importantissimo era l'uso delle luci, le cui direzioni erano spesso contemporaneamente sia frontali che posteriori".

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